Brivio: ricoverato nello stesso ospedale di Braccialetti rossi con l'autore Albert Espinosa. Il racconto di Antimo, il 'leader', 'polsera vermella' dal 1998

I sei ragazzi protagonisti della serie tv "Braccialetti rossi"

Il Leader, il Vice-Leader, la Ragazza, il Furbo, il Bello e l'Imprescindibile. Leo, Vale, Cris, Toni, Davide e Rocco.
Un gruppo. Sei ragazzi, sei storie diverse che si intrecciano nelle corsie di un ospedale. Gli appassionati di telefilm stanno imparando a conoscerli: in 5milioni e 300mila domenica 26 gennaio hanno seguito il loro esordio su Rai Uno, andati aumentando già la settimana successiva e diventando oltre 6milioni ieri sera. "Braccialetti Rossi" è la serie del momento. Remake della catalana "Polseres Vermelles" sta bissando in Italia il successo ottenuto in patria (e negli altri Paesi latini dove è già stata esportata) consacrando a idolo delle ragazzine (ma non solo) la sua "penna", quell' Albert Espinosa a cui va riconosciuto il merito di aver raggiunto il successo grazie anche alla forza di raccontare la malattia vissuta in prima persona. Operato di tumore agli inizi degli anni '90, l'autore ha praticamente trascorso l'adolescenza in reparto, combattendo le proprie battaglie contro ripetute recidive fino ad arrivare alla vittoria della guerra contro quel male oscuro che ora, sul teleschermo, mina l'esistenza di Leo e Vale ma che, nella realtà, ha avvicinato, fino a farle convergere, le vite di Albert e del briviese (d'adozione) Antimo De Salve, noto nell'ambiente sportivo come "il pres" della Penya Lombarda, il fan club ufficiale del F.C. Barcellona. Ed è proprio nella principale città della Catalogna che i destini dello sceneggiatore e del brianzolo, nato a Monza ma vissuto a Usmate fino all'approdo in quel di Brivio, si annodano come i fili di una matassa.

Antimo e Nacho

Siamo nel 1998: Antimo, che già all'ora era il "dottor Antimo De Salve", fresco di laurea in Medicina e Chirurgia conseguita, due anni prima, alla Statale di Milano, a seguito di un esame radiologico mal eseguito e di indagini autocondotte su se stesso, scopre di avere un tumore osseo. Condrosarcoma al femore destro, per dirla in "medicalese". "Al Gaetano Pini di Milano volevano amputarmi la gamba: sono scappato via" ci racconta con la "serenità" di chi ancora può fare leva su entrambi gli arti seppur "rinforzati" da quel bastone che, al lavoro, presso l'Ambulatorio di Terapia del Dolore del Dipartimento Emergenza Urgenza dell'Azienda ospedaliera di Lecco, gli vale l'appellativo "dottor House" ("ma io ho un carattere più docile" - precisa aggiungendo, quasi come fosse un avviso - "meglio in ogni caso non farmi arrabbiare, altrimenti divento Hulk... sebbene il mio personaggio dei fumetti preferito sia Batman!").
Decide così di lasciare l'Italia pronto ad andare perfino Oltreoceano per farsi curare, approdando invece in Spagna grazie a delle conoscenze coltivate durante un periodo di studio fuori sede con il programma Erasmus (allora agli albori, oggi divenuto solida opportunità per migliaia di universitari). Nel mese di giugno viene quindi operato all'Hospital Vall D'Hebron di Barcellona, lo stesso in cui, già da qualche anno, stava affrontando la malattia Albert Espinosa e lo stesso in cui "nascerà" appunto "Polseres Vermelles", la versione originale della nostra "Braccialetti Rossi" risceneggiata da Sandro Petraglia per la regia di Giacomo Campiotti. Ma tutto ciò, ovviamente, Antimo lo scoprirà molti anni dopo...

La copertina del film Planta 4^ (da cui è stata poi tratta la serie tv) autografata da Albert Espinosa

Ora siamo infatti nel 2006: il briviese torna a Barcellona per uno dei periodici controlli a cui si sottopone dopo l'impianto di una protesi nel suo femore destro e un brutto incidente che gli ha nuovamente minato la gamba già operata. Parlando con uno dei medici che lo seguono, gli viene tratteggiata la storia di quel paziente che ha portato in scena l'opera "Los Pelones", racconto delle proprie vicissitudini personali e delle esperienze dei propri compagni di avventura durante i ripetuti ricoveri che hanno segnato la sua giovinezza. Antimo decide che deve conoscerlo. "Ci siamo sentiti, mi ha invitato a teatro e, dopo lo spettacolo, ci siamo incontrati. Sono tante ovviamente le cose che io e Albert abbiamo in comune e ne è nata quindi un'amicizia che continua ancora oggi, con contatti ogni tanto via sms, seppur lui in Spagna sia diventato una vera e propria star con i suoi fan disposti a fare 12 ore di coda per farsi autografare i suoi libri"

A sinistra la foto scattata il giorno prima dell'operazione del 1998.
A destra Antimo e l'amico Nacho in un momento di allegria

Chi dunque meglio del dottor De Salve può esprimere un giudizio sulla serie tv ora in onda, la domenica sera, sul primo canale Rai?
"Ho avuto un'impressione molto positiva: è un telefilm che sento mio" ci spiega.  "Mi ha fatto piacere che anche nella versione italiana sia stato mantenuto lo spirito che caratterizza l'Hospital Vall D'Hebron: li vedi cose che negli altri ospedali non vedresti mai, si respira un senso di umanità e di vicinanza tra pazienti e operatori che ancora oggi non trovi nelle nostre strutture" argomenta dall'alto della sua esperienza di paziente ma anche da medico con alle spalle otto anni di lavoro al San Gerardo di Monza, la direzione nel 2008 della struttura di Cure Palliative di Mantova e dal 2010 un incarico presso l'Azienda ospedaliera di Lecco dapprima in direzione sanitaria poi presso l'Ambulatorio di terapia del dolore.
"A distanza di tanti anni, ricordo ancora con piacere il periodo di ricovero, nonostante il rischio che ho corso. Certi atteggiamenti, quell'empatia nei confronti dei pazienti o l'hai per natura o difficilmente ti può essere insegnata. Li, in Spagna, medici, infermieri, inservienti l'hanno nel dna. Ricordo di aver giocato con loro a gavettoni, in estate. E conservo ancora la foto scattata il giorno prima di essere operato con il mio medico: lo faceva con tutti, era una sua abitudine e poi con calma ti spiegava domani taglio qui, ti sistemo la... Cose che da noi nemmeno immagini. Come si vede poi nella fiction, vengono fatte anche concessioni qui impensabili: l'idea è quella che l'ospedale non deve essere una sorta di prigione, soprattutto per chi deve passare al suo interno un lungo periodo".

I due amici con i comici Aldo, Giovanni e Giacomo

E nel corso del ricovero, come "testimoniato" dalla fiction, è quasi naturale che si creino legami d'amicizia particolari. "In Spagna è piuttosto normale che ragazzi ma anche adulti con patologie molto diverse, stiano nella stessa struttura. Noi abbiamo molto più la tendenza a mettere insieme pazienti con una storia simile. Per quel che mi riguarda, dopo una settimana dal mio arrivo, il medico è venuto a chiedermi una cortesia: se fossi disposto a cambiare stanza, io che ero già medico e mi dimostravo forte, per stare con un ragazzo nuovo... Lui era Ignacio Velarde Claveria, detto Nacho, morto purtroppo nel 2007. E' diventato per me un fratello tanto è vero che ci siamo fatti a vicenda da testimoni di nozze".  Esattamente dunque come Leo e Vale, protagonisti dello sceneggiato televisivo, Antimo e Nacho hanno giocato il ruolo del leader e del vice leader all'interno del loro gruppo nato in corsia.

Antimo e Nacho con Alex Zanardi

"Continuo ad andare li, per i controlli: vado sempre in reparto e saluto tutto il personale a tutt'oggi in servizio. Del periodo di ricovero, conservo ancora il ricordo di tutti quelli che sono stati pazienti come me anche se sono passati più di quindici anni e credo di essere l'unico ancora vivo".
L'unico oggi che, insieme ai sei ragazzini di "Braccialetti Rossi" può gridare, con coraggio e mente aperta verso il futuro... Watanka!!!
Alice Mandelli
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