Il Capitale Umano e la Brianza

Anche per coprire le sue magagne, vedi il caso Roberto Cota, la Lega adesso se l'è presa, suscitando un po' di polverone, con il regista Paolo Virzì, per il suo ultimo film "Il Capitale Umano". Il guaio è che il regista l'ha ambientato nel nord d'Italia, e a qualcuno è sembrato di vedere i luoghi della Brianza e perciò di sentirsi offeso, soprattutto a causa di un'espressione "ambigua" dello stesso Vìrzì, il quale in un'intervista ha parlato di "paesaggio gelido, ostile e minaccioso", di "grumi di villette pretenziose", di "ville sontuose dai cancelli invalicabili". Prima, l'assessore al Turismo della Provincia di Monza e Brianza, Andrea Monti (Lega Nord), e poi, lo stesso presidente della Provincia di Monza e Brianza, Dario Allevi (Lega Nord), hanno contestato il film (magari senza vederlo!) come se il regista avesse preso di mira la gente brianzola, e anche buttandolo in politica ("la Brianza identificata come terra del nemico politico»).
Onde evitare equivoci, diciamo subito che il film ha preso l'ispirazione da un romanzo dello scrittore americano Stephen Amidon, il quale l'ha ambientato in Connecticut. La Brianza dunque sarebbe solo un'entità "immaginaria".
Chi l'ha già visto sostiene che si tratta di un film molto interessante e provocatorio, non tanto nei riguardi del mondo brianzolo, ma, come dice lo stesso regista, «racconta le conseguenze sulle persone della grande ansia del denaro nell'epoca dei grandi crolli finanziari e la disinvoltura con cui si sono fatti i denari con i derivati finanziari. Nel film c'è dell'ironia beffarda verso una borghesia che vuole fare il passo più lungo della gamba, ma soprattutto c'è un viaggio nel conflitto tra genitori e figli. Anzi proprio tra padri e figli... Vedo la situazione proprio male, per la politica di cui mi spaventano i faciloni che seguono chi grida di più e semplificano tutto in uno slogan o in una battuta. Per la società dove gli adulti non aiutano i giovani a maturare».
«È un film esistenzialista», come scrive in un articolo su l'Espresso Alessandro Gilioli. È un film, cioè, che «parla del valore dell'esistenza umana, da vivi e da morti. Del valore che sappiamo o non sappiamo dargli, finché siamo in questo mondo e dopo. È un film che ci avverte su come stiamo agendo - ciascuno di noi, brianzolo o siciliano o norvegese che sia - e ci chiede quanto siamo capaci di guardarci dentro e chiederci: "ma sto facendo la cosa giusta?"... È un film sul nostro buttare via il tempo che ci è dato costruendo castelli di ipocrisie... un film sui vincenti anche loro drammaticamente senza felicità... un film sulla dignità perduta... un film generazionale, nel senso del disastro valoriale trasmesso dalla mia generazione a quella successiva, senza una risposta certa sulle sue possibilità di riscatto morale... È anche un film politico, forse, ma solo se per politica non si intende scegliere un simbolo alle urne o tifare per il proprio leader del cuore, ma lavorare ogni giorno su noi stessi e su chi ci circonda per dare un senso all'esistenza individuale e collettiva: un senso completamente diverso da quello che ci propone il modello unico fatto di estensione dell'io... Ma "quanto vale davvero la tua vita" è la domanda che uscendo dal cinema ciascuno finisce inevitabilmente per porsi. E così, forse, alla fine questo è un film che ci aiuta un po' a fermarci, a riflettere per provare a dare nelle pratiche di ogni giorno valore, appunto, al tempo che ci resta, quello che passiamo con noi stessi e con gli altri».
Sotto accusa, dunque, è tutto il mondo italiano, e non italiano. E noi brianzoli smettiamola di vantarci per il nostro pragmatismo volontaristico e imprenditoriale. Il film di Virzì potrebbe aiutare a risvegliare anche in noi una maggiore coscienza umana e di responsabilità sociale, uscendo da quell'egoismo fatto di case e di cose, che anche la Lega ha contribuito e continua ad alimentare.
Don Giorgio De Capitani (Cereda, frazione di Perego)