16 concordati preventivi e 100 fallimenti nel ‘13, + 47% sul ‘12 numeri e riflessioni su un anno ''nero'' della crisi nel lecchese
Nel corso del 2013 presso il Tribunale di Lecco sono stati dichiarati 100 fallimenti aziendali, il 47% in più rispetto al 2012 quando il dato si ferma a 68. Tutte le 100 procedure di fallimento del 2013 sono tuttora aperte, e delle 68 dello scorso anno solo 2 si sono chiuse.
È invece in lieve calo (da 18 del 2012 a 16 nel 2013) il numero delle procedure di concordato preventivo aperte. Dei 16 concordati preventivi del 2013 15 procedure sono tuttora aperte e non vi è stata omologazione. Una procedura si è convertita in fallimento.
Dei 18 concordati dello scorso anno 8 sono omologati. Dei restanti 10 la maggior parte (6) si sono conclusi in un fallimento nel corso del 2013.
I dati sono stati estrapolati dal database dei fallimenti del Tribunale di Lecco, in cui sono pubblicate e accessibili liberamente le sentenze dei singoli procedimenti a beneficio di creditori e terzi.
Questi numeri, se da un lato riflettono la drammatica situazione economica nel territorio lecchese, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’edilizia e il suo indotto, dall’altro aprono ad alcune riflessioni sugli strumenti che le realtà industriali hanno a disposizione per far fronte alla crisi, e sulle procedure con cui vengono applicati.
La crisi nel corso del 2013 ha colpito a “macchia di leopardo” l’intera provincia lecchese.
Dei 100 fallimenti dichiarati nel 2013 (dato aggiornato al 31 dicembre) 30 riguardano aziende con sede a Lecco (la maggior parte ha sede in città) e territori limitrofi, 27 la zona casatese e oggionese, 22 il meratese (la metà circa riguardano la cittadina di Merate), 13 la Valsassina con una concentrazione maggiore a Colico. I restanti 8 fallimenti riguardano aziende la cui sede legale è fuori Provincia (Milano, Monza, Bari, Maddaloni, Roma), ma con unità produttive nel lecchese.
Alcuni nomi tristemente noti come Nord Dolciaria di Valgreghentino, Valagussa di Merate, Fonderia San Martino di Olginate sono solo alcuni esempi di una situazione che coinvolge decine e decine di lavoratori, molti dei quali alle prese con le difficoltà di trovare un nuovo lavoro e l’unica prospettiva della mobilità.
Il “quadro” che ne emerge è quanto mai negativo, in peggioramento rispetto al 2012, e attualmente appare difficile guardare con ottimismo al futuro.
Il Concordato preventivo viene presentato dall’azienda per cercare di superare una situazione economica difficile, al fine di trovare un accordo con i creditori per non essere dichiarata fallita.
Degli attestatori (professionisti consulenti) stendono una relazione (proposta concordataria) con la quale si chiede al Tribunale l’ammissione alla procedura concorsuale del Concordato preventivo.
Dopo l’ammissione (sono a questo step i concordati preventivi non omologati citati in tabella) sarà poi il commissario giudiziale nominato dal Tribunale ad effettuare valutazioni e perizie sulla possibilità dell’azienda di soddisfare i propri creditori. Egli redige una relazione concordataria e i creditori vengono invitati in udienza a esprimere il proprio voto in merito a quanto gli viene riconosciuto. Se la maggioranza è a favore si passa al decreto di omologazione del concordato preventivo, che diventa quindi efficace e che presuppone la nomina di un liquidatore.
“Mentre le tempistiche per la chiusura di una procedura fallimentare sono molto lunghe – si parla di anni – il concordato preventivo viene ritenuto più veloce e per questo viene scelto da un numero sempre maggiore di realtà industriali” ha spiegato il segretario generale Fillea Cgil Giuseppe Cantatore. “In realtà, dato l’ampio numero di aziende che ne fa richiesta, anche qui passano spesso mesi prima dell’omologa. Abbiamo dovuto imparare sul campo, nel costante confronto con aziende e giudici, le prescrizioni della normativa che sono in continua evoluzione. In particolare la possibilità per le aziende di accedere al pre concordato, dove i debiti vengono “congelati” e l’azienda ha possibilità di azione prima dell’udienza, non fa in alcuni casi che peggiorare la situazione. Il rischio è infatti quello che nel frattempo le aziende contraggano nuovi debiti”.
I numeri relativi alle procedure concorsuali registrate presso il Tribunale di Lecco nascondono la drammatica realtà di tanti lavoratori – e loro famiglie – del territorio per le quali il 2014 si è aperto tra difficoltà effettive e la preoccupazione di mantenere – o trovare – un lavoro e una fonte di guadagno per il prossimo anno.
È invece in lieve calo (da 18 del 2012 a 16 nel 2013) il numero delle procedure di concordato preventivo aperte. Dei 16 concordati preventivi del 2013 15 procedure sono tuttora aperte e non vi è stata omologazione. Una procedura si è convertita in fallimento.
Dei 18 concordati dello scorso anno 8 sono omologati. Dei restanti 10 la maggior parte (6) si sono conclusi in un fallimento nel corso del 2013.
I dati sono stati estrapolati dal database dei fallimenti del Tribunale di Lecco, in cui sono pubblicate e accessibili liberamente le sentenze dei singoli procedimenti a beneficio di creditori e terzi.
Questi numeri, se da un lato riflettono la drammatica situazione economica nel territorio lecchese, soprattutto per quanto riguarda il settore dell’edilizia e il suo indotto, dall’altro aprono ad alcune riflessioni sugli strumenti che le realtà industriali hanno a disposizione per far fronte alla crisi, e sulle procedure con cui vengono applicati.
La crisi nel corso del 2013 ha colpito a “macchia di leopardo” l’intera provincia lecchese.
Dei 100 fallimenti dichiarati nel 2013 (dato aggiornato al 31 dicembre) 30 riguardano aziende con sede a Lecco (la maggior parte ha sede in città) e territori limitrofi, 27 la zona casatese e oggionese, 22 il meratese (la metà circa riguardano la cittadina di Merate), 13 la Valsassina con una concentrazione maggiore a Colico. I restanti 8 fallimenti riguardano aziende la cui sede legale è fuori Provincia (Milano, Monza, Bari, Maddaloni, Roma), ma con unità produttive nel lecchese.
Alcuni nomi tristemente noti come Nord Dolciaria di Valgreghentino, Valagussa di Merate, Fonderia San Martino di Olginate sono solo alcuni esempi di una situazione che coinvolge decine e decine di lavoratori, molti dei quali alle prese con le difficoltà di trovare un nuovo lavoro e l’unica prospettiva della mobilità.
Il “quadro” che ne emerge è quanto mai negativo, in peggioramento rispetto al 2012, e attualmente appare difficile guardare con ottimismo al futuro.
Valerio Colleoni
“Questi dati riflettono la situazione attuale, in cui sul nostro territorio negli ultimi anni c’è stato un forte ridimensionamento dell’attività produttiva” ha spiegato il segretario generale della Cisl Lecco e Monza Brianza Valerio Colleoni. “Il lecchese è caratterizzato da numerose imprese di piccole e medie dimensioni, e questo ha costituito un ulteriore problema. Oggi come oggi è difficile scorgere segnali di ripresa, finchè il ciclo virtuoso del lavoro – con conseguenti nuove commesse e nuovi impieghi - non sarà riattivato. Per fare questo il Governo deve mettere in campo politiche attive per il lavoro. Per quanto ci riguarda vogliamo spingere molto sullo strumento dell’apprendistato, ma servono anche formule nuove. Le filiere come la manifattura e la lavorazione dei metalli stanno soffrendo, è necessario promuovere lo sviluppo di nuovi settori come il terzo settore, il turismo. Allo stesso modo l’occupazione va incentivata sgravando le aziende da vincoli e tassazione. Le persone devono poter trovare opportunità sul loro territorio, invece aumentano fallimenti e concordati, che sono procedure che spesso implicano la riduzione della forza lavoro”.Wolfango Pirelli
Proprio sul ricorso al concordato preventivo il segretario generale della Cgil Lecco Wolfango Pirelli non risparmia critiche osservazioni. “Sempre più aziende lo presentano, il pericolo è che venga utilizzato in maniera strumentale. Abbiamo esempi anche sul territorio lecchese di questo, con realtà che riducono così facendo il personale – o ne peggiorano le condizioni contrattuali – per ridurre il credito vantato verso altre imprese. Così si rischia che la situazione di tanti lavoratori, e dell’economia lecchese in generale, peggiori ulteriormente. Nel recente incontro con il ministro Flavio Zanonato abbiamo evidenziato proprio la necessità di rivedere tale strumento, sottolineando come gli organi governativi in primis e quelli giuridici debbano vigilare su come viene attuato. La situazione economica generale è fortemente negativa, e molte aziende non riescono a farvi fronte”.Il Concordato preventivo viene presentato dall’azienda per cercare di superare una situazione economica difficile, al fine di trovare un accordo con i creditori per non essere dichiarata fallita.
Degli attestatori (professionisti consulenti) stendono una relazione (proposta concordataria) con la quale si chiede al Tribunale l’ammissione alla procedura concorsuale del Concordato preventivo.
Dopo l’ammissione (sono a questo step i concordati preventivi non omologati citati in tabella) sarà poi il commissario giudiziale nominato dal Tribunale ad effettuare valutazioni e perizie sulla possibilità dell’azienda di soddisfare i propri creditori. Egli redige una relazione concordataria e i creditori vengono invitati in udienza a esprimere il proprio voto in merito a quanto gli viene riconosciuto. Se la maggioranza è a favore si passa al decreto di omologazione del concordato preventivo, che diventa quindi efficace e che presuppone la nomina di un liquidatore.
“Mentre le tempistiche per la chiusura di una procedura fallimentare sono molto lunghe – si parla di anni – il concordato preventivo viene ritenuto più veloce e per questo viene scelto da un numero sempre maggiore di realtà industriali” ha spiegato il segretario generale Fillea Cgil Giuseppe Cantatore. “In realtà, dato l’ampio numero di aziende che ne fa richiesta, anche qui passano spesso mesi prima dell’omologa. Abbiamo dovuto imparare sul campo, nel costante confronto con aziende e giudici, le prescrizioni della normativa che sono in continua evoluzione. In particolare la possibilità per le aziende di accedere al pre concordato, dove i debiti vengono “congelati” e l’azienda ha possibilità di azione prima dell’udienza, non fa in alcuni casi che peggiorare la situazione. Il rischio è infatti quello che nel frattempo le aziende contraggano nuovi debiti”.
I numeri relativi alle procedure concorsuali registrate presso il Tribunale di Lecco nascondono la drammatica realtà di tanti lavoratori – e loro famiglie – del territorio per le quali il 2014 si è aperto tra difficoltà effettive e la preoccupazione di mantenere – o trovare – un lavoro e una fonte di guadagno per il prossimo anno.