Catechisti e Consiglio Pastorale contro Don Roberto e don Luca: ''due despoti''
A pezzi. Livellante verso il basso. Governata da due despoti ovvero da sacerdoti che esercitano la loro autorità in modo arbitrario. Così, "senza pietà", è stata descritta la Comunità Pastorale Sant'Antonio Abate che riunisce le chiese della Valletta nel corso della serata di confronto con il vicario episcopale don Maurizio Rolla. Quel "bene prezioso" che il Cardinal Scola da Milano vorrebbe tutelare e promuovere, offrendo alle "parrocchie unite" la possibilità di iniziare a marciare insieme allontanando "l'ostacolo don Giorgio", probabilmente nelle realtà nemmeno esiste. A testimoniarlo semplici fedeli ma anche membri del consiglio pastorale. A riassumere per primo "l'epurazione" avvenuta in questi anni è stato Sergio che ha ricordato come don Carlo Turrini, parroco emerito di Santa Maria, abbia deciso di "togliere le tende" preventivamente in vista dell'avvio "dell'esperimento", seguito poi, a distanza di tre anni dal suo successore don Benjamin nello stesso anno, il 2012, in cui esplose il "problema don Mario" preambolo del "problema don Giorgio". "O via io, o via lui" avrebbe detto, davanti allo stesso Sergio e a altri fedeli della Valletta, in riferimento al don di Monte, uno dei due sacerdoti superstiti. "A questi livelli non si può arrivare. Tra l'altro don Giorgio è pre-esistente a loro, il più anziano. Quando don Roberto è rimasto assente per via dell'incidente, è lui che lo ha sostituito e in quei mesi le parrocchie dialogavano".
"Non esiste dialogo. Ci si sente dire "ho deciso io, va bene così"" ha rincarato la dose la catechista Lucilla toccante nel ricordare anche un abitante della frazione, recentemente scomparso che, di don De Capitani era solito dire, in dialetto "lui è rosso ma gli voglio bene lo stesso perché lui vuole bene alla gente". "Mi viene da chiedermi perché devo continuare a impegnarmi" ha sbottato quindi la giovane. "Perché continui a farlo?" le ha così chiesto il vicario. "Perché io tengo ai miei ragazzi". "Solo per quello? Bisogna stare dentro anche se non ti piace" l'ha incoraggiata il sacerdote che ha ribadito il concetto anche in altre occasioni, citando, come esempio, il suo aver assistito per anni un uomo costretto a vivere nel polmone d'acciaio: "non era a suo agio ma ha imparato ad amare la vita".
"Io faccio parte del consiglio parrocchiale di Santa Maria, non condivido le idee di don Giorgio, siamo molto opposti. Ma sono convinto che spostandolo non si toglie il problema della comunità pastorale" ha riferito poi Oscar che si è sentito rispondere che è necessario "rivedere un po' questa realtà, per verificare quello che dice. I ricatti citati da Sergio comunque non funzionano. Datemi credito di fiducia" ha quindi proposto il vicario. "Questo trasferimento eventuale da a questa Comunità la possibilità di avere un altro sguardo".
Paolo, afferente a un'altra parrocchia (il cui responsabile è in carica dal 1993 e quindi ancor prima dei 17 anni "contestati" al prete di Monte) ha definito don De Capitani "primo sacerdote esodato" visto l'incertezza che aleggia sul suo futuro sottolineando come a suo avviso non sia saggio rimuovere il macchinista di un treno in corsa. "Ho capito che il macchinista non vi piace ma il parroco di Monte c'è già" la risposta fulminea del responsabile delle parrocchie lecchesi. "Il treno non è più guidato dal macchinista ma da don presunzione e arroganza" ha ribattuto a distanza uno dei presenti, dopo aver riferito di aver rifiutato di entrare nel consiglio pastorale in disaccordo sulle modalità con cui viene gestita l'Unità Sant'Antonio Abate della Valletta. "Stiamo andando verso un burrone, verso lo scontento generale" ha quindi sentenziato Angela, senza però tralasciare di evidenziare come qualcosa che funzioni, a livello comunitario, c'è e citando dunque la realtà degli adolescenti ben seguiti e coinvolti da Lucilla e da Maria Luisa, suora laica di Rovagnate. "Bisognerebbe valutare cosa c'è di buono in ogni parrocchia e applicarlo alla Comunità ma un confronto sereno non è mai stato possibile". Ecco quindi emergere l'idea di un appiattimento generato dal voler mettere insieme a forza elementi con una storia e una visione diversa. Ha parlato così, "appoggiandosi" a don Tonino Bello, di "convivialità delle differenze" Linda. "Noi non siamo omologati. Ci sentiamo spronati dal don a dare del nostro meglio". E ancora: "siamo sferzati da don Giorgio. Questo moto in avanti non vogliamo venga spento". Anche Elisabetta, dal pubblico, ha ribadito il concetto: "Non sono di questa parrocchia, non sono al corrente di tutte le situazioni. Non si vuole fare un'eccezione, può essere giusto. Ma non si spegne un fermento".
Don Luca Pozzi, monsignor Maurizio Rolla e don Roberto Tagliabue
"Mi sa dire a cosa servono i consigli pastorali?" ha domandato subito dopo a monsignor Rolla, Elena, una "collega" di Sergio al servizio della comunità. "Ci si riunisce solo quando don Roberto e don Luca hanno già deciso? Sono due despoti"."Non esiste dialogo. Ci si sente dire "ho deciso io, va bene così"" ha rincarato la dose la catechista Lucilla toccante nel ricordare anche un abitante della frazione, recentemente scomparso che, di don De Capitani era solito dire, in dialetto "lui è rosso ma gli voglio bene lo stesso perché lui vuole bene alla gente". "Mi viene da chiedermi perché devo continuare a impegnarmi" ha sbottato quindi la giovane. "Perché continui a farlo?" le ha così chiesto il vicario. "Perché io tengo ai miei ragazzi". "Solo per quello? Bisogna stare dentro anche se non ti piace" l'ha incoraggiata il sacerdote che ha ribadito il concetto anche in altre occasioni, citando, come esempio, il suo aver assistito per anni un uomo costretto a vivere nel polmone d'acciaio: "non era a suo agio ma ha imparato ad amare la vita".
"Io faccio parte del consiglio parrocchiale di Santa Maria, non condivido le idee di don Giorgio, siamo molto opposti. Ma sono convinto che spostandolo non si toglie il problema della comunità pastorale" ha riferito poi Oscar che si è sentito rispondere che è necessario "rivedere un po' questa realtà, per verificare quello che dice. I ricatti citati da Sergio comunque non funzionano. Datemi credito di fiducia" ha quindi proposto il vicario. "Questo trasferimento eventuale da a questa Comunità la possibilità di avere un altro sguardo".
Paolo, afferente a un'altra parrocchia (il cui responsabile è in carica dal 1993 e quindi ancor prima dei 17 anni "contestati" al prete di Monte) ha definito don De Capitani "primo sacerdote esodato" visto l'incertezza che aleggia sul suo futuro sottolineando come a suo avviso non sia saggio rimuovere il macchinista di un treno in corsa. "Ho capito che il macchinista non vi piace ma il parroco di Monte c'è già" la risposta fulminea del responsabile delle parrocchie lecchesi. "Il treno non è più guidato dal macchinista ma da don presunzione e arroganza" ha ribattuto a distanza uno dei presenti, dopo aver riferito di aver rifiutato di entrare nel consiglio pastorale in disaccordo sulle modalità con cui viene gestita l'Unità Sant'Antonio Abate della Valletta. "Stiamo andando verso un burrone, verso lo scontento generale" ha quindi sentenziato Angela, senza però tralasciare di evidenziare come qualcosa che funzioni, a livello comunitario, c'è e citando dunque la realtà degli adolescenti ben seguiti e coinvolti da Lucilla e da Maria Luisa, suora laica di Rovagnate. "Bisognerebbe valutare cosa c'è di buono in ogni parrocchia e applicarlo alla Comunità ma un confronto sereno non è mai stato possibile". Ecco quindi emergere l'idea di un appiattimento generato dal voler mettere insieme a forza elementi con una storia e una visione diversa. Ha parlato così, "appoggiandosi" a don Tonino Bello, di "convivialità delle differenze" Linda. "Noi non siamo omologati. Ci sentiamo spronati dal don a dare del nostro meglio". E ancora: "siamo sferzati da don Giorgio. Questo moto in avanti non vogliamo venga spento". Anche Elisabetta, dal pubblico, ha ribadito il concetto: "Non sono di questa parrocchia, non sono al corrente di tutte le situazioni. Non si vuole fare un'eccezione, può essere giusto. Ma non si spegne un fermento".
A. M.