E’ morta l’astrofisica Margherita Hack. Per 10 anni aveva lavorato all’osservatorio di Merate
Margherita Hack, astrofisica di fama internazione, si è spenta questa notte all'ospedale di Trieste all'età di 91 anni. Ricoverata da alcuni giorni per problemi cardiaci è stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico. Nata a Firenze, atea convinta, era membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Unione internazionale Astronomi e della Royal astronomical society.
Margherita Hack a Merate ha trascorso dieci anni, lavorando dal 1954 al 1964 presso la sede distaccata dell'osservatorio astronomico di Brera, così come lei stessa ha raccontato nel libro "I mestieri della scienza - Idee per diventare astrofisico" edito da Zanichelli
Dal 1954 al 1964 infatti la scienziata si trasferì per le sue ricerche e alla domanda se la città fosse un buon sito per l'osservazione del cielo, risposte: "No, non era una collocazione molto adatta a causa delle caratteristiche climatiche. Allora, certo, Merate era una località in aperta campagna e non c'era tutto l'inquinamento luminoso di oggi. Però il cielo della Brianza era un'incognita perpetua: se veniva un temporale c'erano due notti limpide assicurate, e poi tornava, implacabile, la nebbiolina brianzola! Il telescopio di Merate era un Zeiss, donato dalla Germania all'Italia nell'ambito dei risarcimenti della Grande guerra. Era un telescopio da un metro di diametro e per l'epoca si può dire che fosse grande".
Persona di grande spirito, con un'ironia per nulla celata non aveva mancato di rispondere alla domanda del perchè proprio Merate che "prima lì c'era un manicomio, forse per questo, perchè gli astronomi sono un po' matti".
Schietta e diretta con tutti, non mancò di criticare pubblicamente dalle pagine del libro il direttore di allora, Francesco Zagar "prendeva i lavori, li metteva nel cassetto e se li teneva per mesi. Quando uno provava a chiderne notizie, non rispondeva altro che: "Non l'ho ancora letto". Una volta mi arrabbia per davvero e dissi: "Ma insomma, non li può mica tenere per mesi nel cassetto!". Fu allora che mi pubblicò il lavoro".
La decisione di lasciare Arcetri per Merate, fu per la Hack motivata da diverse ragioni tra cui anche la disponibilità di una casa. "L'idea di poter disporre a Merate di un alloggio tutto nostro (per la Hack e il marito Aldo, ndr) era senz'altro molto allettante, tanto più che allora le case costavano enormemente e gli stipendi erano proprio da fame. Inoltre a Merate c'era un telescopio da un metro di diametro, dotato di uno spettrografo e quindi un'attrezzatura ideale per il tipo di lavoro che facevo io".
Insomma per la Hack il decennio meratese rappresentò un momento importante per la sua esperienza professionale, sia per la strumentazione che aveva a disposizione che per l'esperienza fatta con gli altri scienziati. Sulla città brianzola, spese parole di elogio e non era raro vederla nei boschi attorno all'osservatorio. Il suo legame con quei luoghi fu profondo, tanto che quando nel 2004 furono previste costruzioni in quell'area, memore del pregio della zona e dei possibili disturbi per gli studi scientifici, interpellata espresse il suo parere contrario.
Al suo capezzale c'erano il marito, Aldo, con il quale era sposata da 70 anni, Tatiana, che la assisteva da tempo, la giornalista Marinella Chirico, sua amica personale, e il responsabile del polo cardiologico, Gianfranco Sinagra.
Margherita Hack a Merate ha trascorso dieci anni, lavorando dal 1954 al 1964 presso la sede distaccata dell'osservatorio astronomico di Brera, così come lei stessa ha raccontato nel libro "I mestieri della scienza - Idee per diventare astrofisico" edito da Zanichelli
L'astrofisica Margherita Hack
Dal 1954 al 1964 infatti la scienziata si trasferì per le sue ricerche e alla domanda se la città fosse un buon sito per l'osservazione del cielo, risposte: "No, non era una collocazione molto adatta a causa delle caratteristiche climatiche. Allora, certo, Merate era una località in aperta campagna e non c'era tutto l'inquinamento luminoso di oggi. Però il cielo della Brianza era un'incognita perpetua: se veniva un temporale c'erano due notti limpide assicurate, e poi tornava, implacabile, la nebbiolina brianzola! Il telescopio di Merate era un Zeiss, donato dalla Germania all'Italia nell'ambito dei risarcimenti della Grande guerra. Era un telescopio da un metro di diametro e per l'epoca si può dire che fosse grande".
Persona di grande spirito, con un'ironia per nulla celata non aveva mancato di rispondere alla domanda del perchè proprio Merate che "prima lì c'era un manicomio, forse per questo, perchè gli astronomi sono un po' matti".
Schietta e diretta con tutti, non mancò di criticare pubblicamente dalle pagine del libro il direttore di allora, Francesco Zagar "prendeva i lavori, li metteva nel cassetto e se li teneva per mesi. Quando uno provava a chiderne notizie, non rispondeva altro che: "Non l'ho ancora letto". Una volta mi arrabbia per davvero e dissi: "Ma insomma, non li può mica tenere per mesi nel cassetto!". Fu allora che mi pubblicò il lavoro".
L'ingresso dell'osservatorio di Via Emilio Bianchi
La decisione di lasciare Arcetri per Merate, fu per la Hack motivata da diverse ragioni tra cui anche la disponibilità di una casa. "L'idea di poter disporre a Merate di un alloggio tutto nostro (per la Hack e il marito Aldo, ndr) era senz'altro molto allettante, tanto più che allora le case costavano enormemente e gli stipendi erano proprio da fame. Inoltre a Merate c'era un telescopio da un metro di diametro, dotato di uno spettrografo e quindi un'attrezzatura ideale per il tipo di lavoro che facevo io".
Insomma per la Hack il decennio meratese rappresentò un momento importante per la sua esperienza professionale, sia per la strumentazione che aveva a disposizione che per l'esperienza fatta con gli altri scienziati. Sulla città brianzola, spese parole di elogio e non era raro vederla nei boschi attorno all'osservatorio. Il suo legame con quei luoghi fu profondo, tanto che quando nel 2004 furono previste costruzioni in quell'area, memore del pregio della zona e dei possibili disturbi per gli studi scientifici, interpellata espresse il suo parere contrario.
Una delle cupole dell'osservatorio
Al suo capezzale c'erano il marito, Aldo, con il quale era sposata da 70 anni, Tatiana, che la assisteva da tempo, la giornalista Marinella Chirico, sua amica personale, e il responsabile del polo cardiologico, Gianfranco Sinagra.
