Merate: 100mila euro dal Ministero per un ''rifugio'' alle donne vittime di violenza

"Un rifugio per Dafne. Dall'emergenza all'accoglienza". È il progetto finanziato dal ministero delle pari opportunità e che sarà realizzato da Retesalute e "Altra metà del cielo-Telefono donna", rivolto a tutta la popolazione "debole" della provincia di Lecco. Si tratta di un bando da 105.200 euro, di cui 94.680 euro (richiesti al Ministero) e 10.520 euro che saranno a carico di Retesalute con gli operatori che saranno messi a disposizione per fare la formazione dei volontari. Obiettivo di fondo sarà quello di migliorare le attività già in essere e, possibilmente, ampliare l'offerta così da arrivare a soddisfare un numero sempre maggiore di richieste su un lasso di tempo più ampio. Grazie ai fondi, infatti, sarà potenziato l'orario e il numero di incontri gratuiti o a tariffa agevolata di cui l'utente potrà beneficiare con il servizio. La durata del progetto è di due anni più due (questi ultimi in particolare vedranno l'associazione proseguire sul cammino tracciato). Ci saranno dunque più posti di "pronto intervento" nelle due case (una nel meratese e una nel casatese) dove attualmente vengono alloggiate donne con figli, per le quali la fuga dall'abitazione si rende vitale. A un numero maggiore di posti (che diventeranno 10) si affiancherà anche l'allungamento del periodo di permanenza che da 30 gg passerà a 60.

Paola Nicolini, Simona Milani e Amalia Bonfanti

"Questo bando è per noi una manna dal cielo" ha spiegato la direttrice di Retesalute Simona Milani "precedentemente Retesalute faceva una convenzione con l'associazione per il collocamento per un massimo di trenta giorni per le donne in grave difficoltà e a rischio. Il costo stimato che i comuni dei tre distretti dovevano sostenere era di 15mila euro. La contrazione delle risorse ha portato il budget stanziato a non più di 7.500 euro. Questo taglio avrebbe minato la fattibilità del servizio. L'avere ottenuto il finanziamento davvero è per noi una grande cosa. Riusciamo a garantire il servizio, anzi lo raddoppiamo".
Alla donna che arriva in stato di emergenza l'associazione deve fornire praticamente tutto, perché la sua è una vera e propria fuga dal compagno violento. "Noi definiamo nuda la donna che arriva da noi" ha spiegato Amalia Bonfanti presidente del sodalizio che ha sede in Via Sant'Ambrogio "non ha vestiti, spesso nemmeno i documenti, non ha cibo. Dobbiamo provvedere al minore, ricollocarlo in una scuola, attivare un trasporto protetto, cercare un lavoro perché passato il periodo dell'accoglienza la donna deve tornare autonoma".
Ruolo importantissimo, come dicevamo, lo svolgono i volontari e gli operatori che, per questo vengono addestrati con corsi di formazione ad hoc tenuti dalla dottoressa Paola Nicolini. C'è una formazione di base aperta a tutti, si passa poi a seminari specifici di approfondimento, con serate anche pubbliche di sensibilizzazione sul tema e infine è partito un corso specifico sulla valutazione del rischio. "Spesso i volontari e gli stessi operatori non riescono a comprendere se la donna sia davvero a rischio e a quale livello sia giunto il suo rapporto con il compagno" ha spiegato la dottoressa "e la possibilità di sottovalutare il problema esiste ed è molto pericolosa. Per questo noi continuamente formiamo chi opera in questo settore affinché sia abbia un grado di preparazione molto elevato".

Un lavoro a catena fatto sul passaparola, sulla ricerca minuziosa di qualunque rigagnolo di aiuti che possa portare acqua a queste situazioni disperate. Un lavoro insostituibile e che non ha davvero prezzo.
S.V.

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