Lecco: al processo ''Cappio'' la pittoresca testimonianza di Dalmazio Gilardi. ''Non ho mai tolto pane di bocca ai bimbi''

Dalmazio Gilardi nella foto
diffusa al momento dell'arresto
"Signor Gilardi, insomma, qualche piccola usura l'abbiamo fatta?"

"Si, l'ho sempre ammesso fin dall'inizio. Ma non ho mai mandato in affitto nessuno, non ho tolto il pane di bocca a bambini piccoli e non ho mai spacciato droga".
Si è concluso così, con la domanda posta dal presidente del collegio giudicante Ambrogio Ceron e la risposta, schietta e sincera, in linea con la posizione assunta per tutto il corso dell'udienza, l'esame di Dalmazio Gilardi, imputato "cardine" dell'ultima trance processuale, la più corposa, generata dall'immensa "Operazione Cappio" che, nel gennaio 2006, dopo due anni di indagini, coordinate dall'allora sostituto procuratore Luca Masini permise di sgominare una banda dedita all'usura, all'estorsione e al reclutamento di giovani rumene da destinare alla prostituzione.
Gilardi, definito già nel corso della prima conferenza stampa indetta da Polizia e Guardia di Finanza come uno "storico usuraio lecchese", titolare di una pompa di benzina a Pescate, subì, nel corso delle indagini dapprima una perquisizione il 16 marzo 2005 nel corso della quale gli vennero sequestrati contanti e assegni presumibilmente riconducibili all'attività illecita e venne poi raggiunto, il 13 gennaio dell'anno successivo dall'ordine di arresto emesso anche per altri 5 soggetti coinvolti nel "giro" a cui si aggiunsero, al contempo, ulteriori 21 denunce. Sette gli imputati ancora sotto processo che non hanno quindi optato per riti alternativi o le cui posizioni non sono state stralciate. Si tratta di Pietro Corti, divenuto collaboratore di giustizia (difeso dall'avvocato Giuseppe Brusorio), Emilio Tei (avv. Claudio Rea), Giuseppe Benedetto Panzeri (avv. Gaia Spreafico), Roberto Rusconi (avv. Rosario Lo Monte e Aurelio Nava), Michele Mamone (avv. Laura Rota) e Giovanna Costadoni (avv. Sabatino Angelillo) e ovviamente, il già citato Dalmazio Gilardi che si è affidato ai legali Ruggero Panzeri e Roberto Tropenscovino. Dei complessivi trenta capi d'imputazione, almeno nove riguardano, a vario titolo quest'ultimo, protagonista assoluto dell'udienza odierna celebrata presso il Tribunale di Lecco dinnanzi ai giudici Ceron, Catalano e De Vincenzi con l'accusa sostenuta dalla dottoressa Rosa Valotta che ha ereditato l'intero fascicolo dal pm Luca Masini, il primo che interrogò in tre diverse sedute, nel mese di febbraio 2006, il Gilardi allora detenuto in quanto si riteneva sussistesse il pericolo di fuga. "Il primo febbraio ho dichiarato subito di voler collaborare, ho ammesso i miei sbagli. Sono una persona che ha sempre lavorato nonostante questo errore. Io avrei anche patteggiato". Ma non lo ha fatto. "Il tre febbraio fui costretto a salire in matricola e a negare (rifiutare ndr) di andare al tribunale del riesame. Fu Masini a chiedermelo altrimenti avrebbe dovuto consegnare il verbale del primo interrogatorio a Tommaselli che - mi spiegò - era amico di Pietro Colombo e sarebbe quindi andato a diglielo". Insomma, in base alla testimonianza resa questo pomeriggio in aula da Gilardi, se i procedimenti, relativi a più indagini separate, poterono andare avanti, fu anche merito suo e della fiducia che egli aveva riposto nel Pm che però poi, sempre per usare parole sue, lo avrebbe scaricato. "Mi sono sentito abbandonato dal dottor Masini quindi ho rinunciato al patteggiamento e ho deciso di andare fino in fondo".
Vediamo dunque, capo d'imputazione per capo d'imputazione, a chi, perché e a quali "condizioni" Gilardi prestò soldi, per poi farseli restituire maggiorati del così detto "burro", "noleggio" o "puntura", tutti sinonimi di "interessi", tenendo anche in considerazione quanto affermato da Gilardi su espressa  domanda dell'avvocato Massimo Paradiso, legale di parte civile così come la collega Nadia Invernizzi, che chiedeva come facesse ad avere una così cospicua disponibilità di denaro: "Stavo bene di famiglia... Mi ritengo un ragazzo fortunato nonostante "l'incidente" che ho avuto. Per me era un gioco. I signori in questione sono tutti andati a divertirsi con i soldi miei".

- USURA AI DANNI DI ANDREA GALBIATI
Monetizzazione di assegni di giro: questo sarebbe stato il "rapporto commerciale" istaurato tra il 2001 e il 2004 da Gilardi con il Galbiati, taxista  scomparso nell'agosto del 2007 che, a detta dell'odierno imputato, si faceva prestare i soldi per poi riprestarli a sua volta facendoli fruttare. 100 milioni di lire la cifra consegnata in un anno da Gilardi a Galbiati il quale, finito in altro "giro", arrivò anche a perdere la casa e la macchina, riuscendo con molte difficoltà a restituire "il capitale" al benzinaio e dovendo mettere di mezzo il cognato per pagare gli interessi, pagamento avvenuto poi in euro dietro restituzione degli assegni trattenuti come garanzia.

- USURA AI DANNI DI ALBERTO VACCANI
"Vaccani si è sempre detto parente di Mariella, la mia compagna perché la madre di Alberto era sorella di sua nonna ora scomparsa". E' sfruttando dunque questa "parentela", che il Vaccani, secondo Gilardi, l'avrebbe avvicinato la prima volta nel dicembre 2000 per chiedergli un prestito. "Mi chiede 43 milioni di lire e mi firma cambiali per 48 milioni" ha spiegato l'imputato, sostenendo di aver anche elargito metà "del burro" con la sua donna:  "Ho dato due milioni e mezzo a Mariella dicendole "tieni, questi te li regala tuo cugino"". I soldi, nella versione resa da Gilardi, servivano a Vaccani per giocare d'azzardo. A tal proposito il benzinaio ha anche raccontato una "gita" a Campione, risalente all'agosto 2001: "in un quarto d'ora ha perso 18 milioni" chiudendo poi la serata con un passivo di ben 70.

- USURA AI DANNI DI MOLTENI MARIA CRISTINA
In questo caso, non ci sarebbe stata conoscenza diretta tra Dalmazio Gilardi e la presunta vittima. La loro "relazione" era infatti mediata dalla compagna del primo, Mariella Aliverti, affittuaria, con la ditta di famiglia, di un capannone di proprietà della seconda. I prestiti si sarebbero protratti dal 1998 al 2005 con un tasso d'interesse di circa il 10% mensile.

- USURA AI DANNI DI DANIELE FRIGERIO
"Tutte le mattine aveva fame di soldi. Al posto di andare a fare colazione, andava a chiedere soldi" ha detto quest'oggi Dalmazio Gilardi di Daniele Frigerio, dinnanzi alle due sorelle del magazziniere lecchese, scomparso nel 2004, sempre presenti in aula, udienza dopo udienza. Secondo infatti il benzinaio, il Frigerio non chiedeva prestiti solo a lui ma anche ad altri "strozzini" della città tanto che in un'occasione, uno di questi, lo gonfiò di botte e un altro gli ruppe i fanali dell'auto, viste le difficoltà del lecchese a restituire il denaro ricevuto. Dichiarando ciò, Gilardi ha quindi cercato di allontanare da sé le accuse di aver anche picchiato Frigerio, come invece avevano sostenuto, durante le loro deposizioni, le sorelle.
In ogni caso, svariati i prestiti concessi al magazziniere: nel '98 ad esempio chiese 15milioni, promettendo di restituirne 18 che poi diventarono 17 con l'auto di una sorella "che mi disse di non dagli più soldi. Avrei dovuto ascoltarla: quando è morto mi doveva ancora 1.700€". Ed eravamo nel 2004.

- PERCOSSE, INGIURIE E MINACCE NEI CONFRONTI DI ROSSI MARIA GRAZIA
Entriamo qui nella sfera "intima" di Gilardi. Maria Grazia Rossi è infatti la donna con cui ebbe una relazione dall'84 all'87, relazione dalla quale sarebbe nato un figlio, non riconosciuto però dal presunto padre. La donna, comparsa anch'ella in aula come teste, accompagnata dall'anziana madre, nel settembre 2005 presentò querela contro Gilardi, accusandolo di averla malmenata e aggredita anche verbalmente. "Voleva sempre soldi per il figlio. Abbiamo avuto più di una discussione. Ma non l'ho picchiata". Anche la Rossi, ha poi ricevuto un prestito: 3.000€, garantiti con sette cambiali di cui l'ultima, ritirata dal Mariella Aliverti, non venne mai pagata.

 - USURA AI DANNI DI RUSCONI ROBERTO
Anche l'allora gestore del Night Orchidea di Calco si rivolse a Gilardi. Siamo nel 2001. "Il locale lavorava poco. Erano più le spese che le entrate" spiega il benzianaio che ammette di essere arrivato a dare a Rusconi 30-40 mila euro l'anno che gli "fruttavano" circa il 5% al mese, più qualche caffè e qualche coppa di champagne offerta all'interno del locale.

- USURA AI DANNI DI ERCOLE DI MAGGIO
Di Maggio, figurante nell'elenco dei testi da sentire, come parte lesa, anche quest'oggi non si è presentato in aula, dandosi alla macchia al momento dell'arrivo degli agenti della Questura presso la sua abitazione per l'accompagnamento coattivo in tribunale. Secondo quanto spiegato da Gilardi, Di Maggio gli avrebbe chiesto 10 milioni di lire pagati lasciandogli il suo furgone, ritirato dietro emissione di regolare fattura da 8 milioni + iva dall'azienda di proprietà della Aliverti. A ciò si aggiunse la richiesta di altri 2milioni e mezzo a fronte, a detta del Gilardi, delle spese sostenute per riparare il mezzo, risultato non funzionante.

- USURA AI DANNI DI MARIO BELLOLI
Secondo l'accusa Gilardi diede 30 mila euro a Belloli, chiedendone in cambio 66 mila.
Secondo invece il benzinaio, il Belloli, imprenditore che ha definito "malato per il calcio" sanò il suo debito in tredici rate da 3 mila euro al mese più una quattordicesima da 1.500€ per un totale di 40.500€ ricevendo anche un cesto per gli auguri di Natale. Se poi, secondo l'avvocato di parte civile Nadia Invernizzi, quei soldi sarebbero serviti al suo cliente per cercare di salvare la sua attività, secondo il Gilardi vennero usati per spese legate l'acquisto di squadre di calcio ed in modo particolare per riscattare cambiali legate all'Alessandria Calcio.

- USURA AI DANNI DI WALTER LONGHI
Si tratta dell'episodio più vecchio, legato sempre, sembrerebbe, al vizio del gioco di Longhi che, a detta di Gilardi, chiedeva soldi anche ad altri "addetti del mestiere" con scuse come la necessità di far abortire l'amante o di sistemare il box del figlio.

Lunedì la resa dei conti con la discussione e la pronuncia delle sentenze per tutti e sette gli imputati.
A. M.
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