Lecco, al Manzoni il convegno 'Ictus: conoscerlo per evitarlo'
Ogni sei secondi nel mondo una persona viene colpita da ictus. Dato allarmante portato in luce dallo slogan 'one in six' scelto in occasione della giornata mondiale contro l'ictus, lo scorso 29 ottobre.Questa patologia è la prima causa di invalidità e la terza causa di morte, dopo malattie cardiovascolari e neoplasie.Per sensibilizzare la popolazione sull'importanza della prevenzione e del riconoscimento dei sintomi, l'ospedale Manzoni, in collaborazione con i sindacati pensionati di CGIL E CISL di Lecco, ha organizzato l'incontro dal titolo 'Ictus: conoscerlo per evitarlo'.
E' estremamente importante per riconoscere tempestivamente i sintomi "chiedere al paziente di sorridere o mostrare i denti, segno di allarme è l'angolo storto della bocca o chiedergli di muovere un braccio o di parlare e se si nota difficoltà di movimento e impaccio del linguaggio, va chiamato d'urgenza il 118" ha concluso la dottoressa Ceresa.Dal tempo dipende la possibilità di recupero del paziente e la possibilità di intervento chirurgico. "Ad oggi si può ricorrere alla terapia di trombolisi fino a 6 ore dall'esordio dei sintomi" ha spiegato la dottoressa Emanuela Botto. La terapia trombolitica endovenosa consiste nell'iniezione del farmaco rt-PA che permette di disgregare e sciogliere il trombo. Questa terapia, di cui si è approvato l'impiego in Italia nel 2003 ha la percentuale del 31% che il paziente non abbia esiti neurologici rispetto al 20% dei pazienti trattati con placebo. Nel caso dell'ictus perdere tempo è letale: una volta verificati i sintomi si deve chiamare il 118 che trasporterà il paziente con sospetto ictus al più vicino ospedale dotato di Stroke Unit; in tempi rapidi saranno eseguiti esami ematici, una tac e sarà richiesto il consenso per la terapia trombolitica che ha, tra i più gravi rischi, l'emorragia emicranica. Oltre alla trombolisi endovenosa, c'è la trombolisi sperimentale intra arteriosa che ha i vantaggi di aumentare il tempo in cui è possibile intervenire sul paziente e un più basso dosaggio del farmaco, ma che comporta altresì una perdita di tempo per dover essere effettuata in una sala angiografica attrezzata. La struttura di Stroke Unit dell'ospedale di Lecco è attiva dal 2009 ed ha operato con trombolisi 92 pazienti.
Andrea Salmaggi, primario Neurologia-Stroke Unit dell'ospedale Manzoni di Lecco e Patrizia Monti, direttore sanitario dell'Ao provinciale
"E' possibile prevenire e curare l'ictus intervenendo tempestivamente e imparando a riconoscerne i sintomi" ha esordito Patrizia Monti, direttore sanitario dell'Ao provinciale.Prevenzione fondamentale dato che "Il peso che i corretti stili di vita hanno nel predisporre a determinate malattie è anche del 70-80%" ha aggiunto Andrea Salmaggi, primario della struttura di Neurologia-Stroke Unit dell'ospedale Manzoni di Lecco.Le dottoresse Emanuela Botto e Chiara Scaccabarozzi, struttura Neurologia ospedale Manzoni
"Tra i fattori che aumentano il rischio di ictus, oltre a quelli non modificabili (come età [ l'incidenza è maggiore superati i 65 anni], sesso e familiarità), ve ne sono molti controllabili.Tra questi: l'ipertensione arteriosa (si parla di ipertensione quando la pressione supera i parametri di 140/90; valori normali sono 120-130/80-85), il diabete, di cui soffre un 5% della popolazione, aumenta di 6 volte il rischio di ictus perché danneggia le arterie e può essere curato controllando il peso corporeo con attività fisica e farmaci adeguati. Diverse cardiopatie sono causa di ictus: un 50% degli ictus cardioembolici è provocato dalla fibrillazione atriale; altra condizione cardiologica predisponente è il forame ovale pervio (la comunicazione, dovuta ad un'anomalia di sviluppo, tra i due atrii del cuore). Il fumo aumenta di due volte il rischio di ictus ischemico, di 2, 5 volte il rischio di ictus emorragico. La sospensione dal fumo (da 2 a 5 anni a seconda degli studi medici) avrebbe un effetto protettivo rispetto all'insorgere di molte malattie. L' ipercolesterolemia rappresenta un fattore di rischio così come l'abuso di alcool (più di 5 bicchieri di vino rosso al giorno mentre un consumo lieve: 2 bicchieri/giorno per l'uomo e uno per la donna avrebbe un effetto protettivo. Da ultimo, sedentarietà, cattiva alimentazione e obesità".La dottoressa Chiara Ceresa, struttura di Neurologia del Manzoni
Il vademecum della prevenzione suggerisce di evitare il sovrappeso, muoversi di più e regolarmente, alimentarsi con un maggior apporto di frutta, verdura e pesce, misurare la pressione e sottoporsi agli esami del sangue per individuare i propri fattori di rischio e predisporre l'adeguata terapia.Venendo ai sintomi che devono allarmare, molti sono comuni ad altre malattie neurologiche "ma deve far pensare all'ictus l'esordio improvviso di tali sintomi" ha spiegato la dottoressa Chiara Ceresa. "Nella fattispecie, sono primari il deficit di forza che interessa una parte del corpo e, in genere, il viso, la gamba o un braccio o la totale incapacità di muovere una parte del corpo; il deficit di sensibilità nel toccare gli oggetti, disturbi del linguaggio (afasia) che può tradursi in dire cose senza senso o in incapacità momentanea di comprendere, disturbi nell'articolazione delle parole (disartria), la perdita della visione di metà campo visivo (emianopsia), l'incoordinazione o la difficoltà a mantenere l'equilibrio, la visione raddoppiata (diplopia). Sono sintomi secondari, che devono preoccupare solo se associati ad uno dei precedenti, la cefalea, le vertigini, la perdita di coscienza e la nausea."E' estremamente importante per riconoscere tempestivamente i sintomi "chiedere al paziente di sorridere o mostrare i denti, segno di allarme è l'angolo storto della bocca o chiedergli di muovere un braccio o di parlare e se si nota difficoltà di movimento e impaccio del linguaggio, va chiamato d'urgenza il 118" ha concluso la dottoressa Ceresa.Dal tempo dipende la possibilità di recupero del paziente e la possibilità di intervento chirurgico. "Ad oggi si può ricorrere alla terapia di trombolisi fino a 6 ore dall'esordio dei sintomi" ha spiegato la dottoressa Emanuela Botto. La terapia trombolitica endovenosa consiste nell'iniezione del farmaco rt-PA che permette di disgregare e sciogliere il trombo. Questa terapia, di cui si è approvato l'impiego in Italia nel 2003 ha la percentuale del 31% che il paziente non abbia esiti neurologici rispetto al 20% dei pazienti trattati con placebo. Nel caso dell'ictus perdere tempo è letale: una volta verificati i sintomi si deve chiamare il 118 che trasporterà il paziente con sospetto ictus al più vicino ospedale dotato di Stroke Unit; in tempi rapidi saranno eseguiti esami ematici, una tac e sarà richiesto il consenso per la terapia trombolitica che ha, tra i più gravi rischi, l'emorragia emicranica. Oltre alla trombolisi endovenosa, c'è la trombolisi sperimentale intra arteriosa che ha i vantaggi di aumentare il tempo in cui è possibile intervenire sul paziente e un più basso dosaggio del farmaco, ma che comporta altresì una perdita di tempo per dover essere effettuata in una sala angiografica attrezzata. La struttura di Stroke Unit dell'ospedale di Lecco è attiva dal 2009 ed ha operato con trombolisi 92 pazienti.
V.M.