Lecco: il sostituto procuratore di Monza parla di corruzione
"La democrazia dei corrotti". Questo il provocatorio titolo del libro scritto a quattro mani da Walter Mapelli, sostituto procuratore di Monza e Gianni Santucci, giornalista del Corriere della Sera, che pone l'attenzione su un male endemico della nostra società.
Un ritratto della corruzione che indaga come, a vent'anni dalla stagione di Mani Pulite, imprenditori, politici e consulenti pubblici stiano strangolando il Paese a colpi di mazzette e riflette sull'inefficacia degli strumenti di contrasto al fenomeno. A parlarne, mercoledì 7 novembre a Lecco lo stesso Mapelli, noto per aver condotto indagini rilevanti sul riciclaggio dei fondi Imi-Sir, sul caso Penati e sulla Sea-Serravalle.
"C'è stato un incremento della corruzione rispetto al passato" ha esordito Mapelli "Il miracolo italiano è stato l'indifferenza sul tema così mentre il 27 gennaio 1999 a Strasburgo gli altri stati ratificavano la convenzione penale sulla corruzione predisponendo accordi internazionali di contrasto al dilagare del fenomeno, l'Italia ha ratificato il trattato solo nel giugno 2012".
"I fattori moltiplicativi della corruzione sono: la confusione di ruoli, di leggi e nell'economia." Nel primo caso, la sovrabbondanza di ruoli implica una condizione fertile per la corruzione, ne è un esempio un imprenditore che si occupi di intermediazione con un ruolo in un partito politico locale e, in aggiunta, la carica di consigliere regionale. Nel secondo caso, è palese come l'aumento incontrollato di norme oscure e confuse aumenti le occasioni di corruzione unito al decentramento dei centri di potere. Da ultimo, c'è lo spinoso problema dell'invasività dell'economia illegale nel reimpiego di soldi provento di evasione o di operazioni della criminalità organizzata. Questo il terreno su cui attecchiscono forme di corruzione e concussione e "Il pacchetto di contrasto offerto alla magistratura è in larga misura inadeguato" ha commentato il sostituto procuratore di Monza.
Qual è la debolezza del disegno di legge anti-corruzione? "La normativa anti corruzione risale al codice Rocco del 1930: il reato è stato configurato e studiato su un'economia pre-industriale che non ha più punti di contatto con la realtà odierna, riprova ne è il fatto che, ad esempio, il traffico di influenze (un pubblico ufficiale prende dei soldi per avvicinare un atto pubblico ufficiale di utilità di imprenditori e privati) è punito meno gravemente del millantato credito (dove il pubblico ufficiale non è disposto ad essere corrotto)!. Un intervento serio dovrebbe partire dalla ridefinizione del concetto di corruzione. Non sono i magistrati ad essere incapaci, ma è il disegno di legge inefficace. Inoltre, la frammentazione normativa indebolisce la lotta anti-corruzione perché legato all'entità della pena c'è il possibile accesso a strumenti di contrasto : sotto una certa entità non è più possibile disporre della custodia cautelare, ma solo degli arresti domiciliari o non si possono disporre le intercettazioni telefoniche, uno dei pochi strumenti efficaci per sbrogliare diverse casistiche di reato".
Altro problema sfiorato nelle pagine del libro è quello del falso in bilancio "In Italia ci sono quasi 6 milioni di imprese, di queste sono attive circa 4.100.000. Tra le imprese attive hanno obbligo del bilancio non più di 100.000 che producono il 30% del PIL, ma è sconcertante come sul restante 70% non ci sia alcuna forma di controllo" ha commentato Mapelli.
Dietro al titolo del libro vi è un aneddoto significativo: il ritorno in Italia negli anni '90 di un architetto trasferitosi in Australia da diversi anni e la sua ammissione dell'esistenza di forme di tangenti oltre oceano così come il suo stupore nel verificare che in Italia non ci fosse solo una tangente da pagare ad un certo livello, ma diverse tangenti ad ogni livello; da qui, la "democratizzazione" del sistema della corruzione nazionale. Una realtà che non fa onore al nostro Paese e ne mina la credibilità.

Walter Mapelli, sostituto procuratore di Monza
Un ritratto della corruzione che indaga come, a vent'anni dalla stagione di Mani Pulite, imprenditori, politici e consulenti pubblici stiano strangolando il Paese a colpi di mazzette e riflette sull'inefficacia degli strumenti di contrasto al fenomeno. A parlarne, mercoledì 7 novembre a Lecco lo stesso Mapelli, noto per aver condotto indagini rilevanti sul riciclaggio dei fondi Imi-Sir, sul caso Penati e sulla Sea-Serravalle.
"C'è stato un incremento della corruzione rispetto al passato" ha esordito Mapelli "Il miracolo italiano è stato l'indifferenza sul tema così mentre il 27 gennaio 1999 a Strasburgo gli altri stati ratificavano la convenzione penale sulla corruzione predisponendo accordi internazionali di contrasto al dilagare del fenomeno, l'Italia ha ratificato il trattato solo nel giugno 2012".

"I fattori moltiplicativi della corruzione sono: la confusione di ruoli, di leggi e nell'economia." Nel primo caso, la sovrabbondanza di ruoli implica una condizione fertile per la corruzione, ne è un esempio un imprenditore che si occupi di intermediazione con un ruolo in un partito politico locale e, in aggiunta, la carica di consigliere regionale. Nel secondo caso, è palese come l'aumento incontrollato di norme oscure e confuse aumenti le occasioni di corruzione unito al decentramento dei centri di potere. Da ultimo, c'è lo spinoso problema dell'invasività dell'economia illegale nel reimpiego di soldi provento di evasione o di operazioni della criminalità organizzata. Questo il terreno su cui attecchiscono forme di corruzione e concussione e "Il pacchetto di contrasto offerto alla magistratura è in larga misura inadeguato" ha commentato il sostituto procuratore di Monza.

Qual è la debolezza del disegno di legge anti-corruzione? "La normativa anti corruzione risale al codice Rocco del 1930: il reato è stato configurato e studiato su un'economia pre-industriale che non ha più punti di contatto con la realtà odierna, riprova ne è il fatto che, ad esempio, il traffico di influenze (un pubblico ufficiale prende dei soldi per avvicinare un atto pubblico ufficiale di utilità di imprenditori e privati) è punito meno gravemente del millantato credito (dove il pubblico ufficiale non è disposto ad essere corrotto)!. Un intervento serio dovrebbe partire dalla ridefinizione del concetto di corruzione. Non sono i magistrati ad essere incapaci, ma è il disegno di legge inefficace. Inoltre, la frammentazione normativa indebolisce la lotta anti-corruzione perché legato all'entità della pena c'è il possibile accesso a strumenti di contrasto : sotto una certa entità non è più possibile disporre della custodia cautelare, ma solo degli arresti domiciliari o non si possono disporre le intercettazioni telefoniche, uno dei pochi strumenti efficaci per sbrogliare diverse casistiche di reato".
Altro problema sfiorato nelle pagine del libro è quello del falso in bilancio "In Italia ci sono quasi 6 milioni di imprese, di queste sono attive circa 4.100.000. Tra le imprese attive hanno obbligo del bilancio non più di 100.000 che producono il 30% del PIL, ma è sconcertante come sul restante 70% non ci sia alcuna forma di controllo" ha commentato Mapelli.
Dietro al titolo del libro vi è un aneddoto significativo: il ritorno in Italia negli anni '90 di un architetto trasferitosi in Australia da diversi anni e la sua ammissione dell'esistenza di forme di tangenti oltre oceano così come il suo stupore nel verificare che in Italia non ci fosse solo una tangente da pagare ad un certo livello, ma diverse tangenti ad ogni livello; da qui, la "democratizzazione" del sistema della corruzione nazionale. Una realtà che non fa onore al nostro Paese e ne mina la credibilità.
V.M.























