Lecco: 35enne impiegato di banca accusato di avere utilizzato il pc aziendale per scaricare filmati porno e 1 file pedo. Ora è a processo
E' stato ascoltato in aula e ha respinto tutte le accuse, dichiarandosi totalmente estraneo alla vicenda del file pedopornografico ritrovato sul computer aziendale che aveva in uso mentre ha ammesso di avere utilizzato un programma per scaricare video e musica (emule) con il solo scopo di agganciare potenziali clienti, senza però sapere che l'istituto di credito aveva un contratto telefonico a quantità di traffico scaricato e non flat. Così D.C. classe 1977, residente nella bergamasca, è comparso questa mattina in aula per rispondere del reato previsto dall'articolo 646 del codice penale (appropriazione indebita) a causa della maxi bolletta da 11mila euro in 7 mesi giunta alla banca ma la vicenda si è concentrata, vista la gravità del fatto, anche sulla presenza di un file immagine presente nell'hard disk, composto da una serie di scatti ritraenti minori in atti sessuali con adulti.
La vicenda risale al 2007 e riguarda appunto un dipendente dell'istituto bancario, attualmente manager finanziario per una azienda, che aveva in uso il pc aziendale. "Otto mesi prima di quanto accaduto" ha spiegato "a una convention avevo incontrato dei colleghi che mi avevano parlato dell'utilità di emule per venire in contatto con persone, allacciare rapporti con loro e poi instaurare potenziali rapporti di lavoro per la vendita di auto e mobili. L'ho installato sul pc aziendale ma il suo utilizzo per scaricare file video era nella convinzione ferma che la banca avesse un contratto flat e non a pacchetti di dati scaricati. Io con il file pedopornografico non c'entro nulla. Ho visto in passato filmati porno ma pedopornografici assolutamente mai".
Stando alla relazione del perito incaricato dal tribunale sul pc è stata individuata una cartella "My work", una sottocartella "documenti personali" e un'ultima "tempo libero" all'interno della quale sono stati trovati 600 file "esclusivamente a carattere pornografico", alcuni girati con telefoni cellulari di prima generazione, molti in ambiente scolastico da cui però non è possibile dedurre l'età dei protagonisti. Tra questi un file immagine, di pochi byte di dimensione, ritraente minori in atti sessuali con adulti. L'imputato ha respinto fermamente le pesanti accuse asserendo che un ultimo accesso al file pedopornografico sarebbe stato fatto il 18 luglio 2007, dieci giorni dopo la consegna del PC alla banca. Dunque, ha spiegato, il file "incriminato" potrebbe essere stato consultato successivamente e dunque da altri soggetti. Dopo D.C. in aula è comparso anche un sindacalista Luca D. che all'epoca dei fatti ha assistito l'imputato nello scioglimento dei rapporti di lavoro con la banca. "Era stato preso di mira per il suo modo arrogante di fare. Gliel'ho detto subito che non era adatto per quel tipo di lavoro" ha spiegato il testimone "il mio obiettivo vista la situazione era patteggiare un le dimissioni in cambio del pagamento della bolletta a carico dell'istituto di credito. La banca si è però rifiutata e lo ha licenziato". Il processo, che si è svolto davanti al giudice Rossato, è stato aggiornato per la discussione finale e le conclusioni al 14 novembre ore 10.
Il tribunale di Lecco
La vicenda risale al 2007 e riguarda appunto un dipendente dell'istituto bancario, attualmente manager finanziario per una azienda, che aveva in uso il pc aziendale. "Otto mesi prima di quanto accaduto" ha spiegato "a una convention avevo incontrato dei colleghi che mi avevano parlato dell'utilità di emule per venire in contatto con persone, allacciare rapporti con loro e poi instaurare potenziali rapporti di lavoro per la vendita di auto e mobili. L'ho installato sul pc aziendale ma il suo utilizzo per scaricare file video era nella convinzione ferma che la banca avesse un contratto flat e non a pacchetti di dati scaricati. Io con il file pedopornografico non c'entro nulla. Ho visto in passato filmati porno ma pedopornografici assolutamente mai".
Stando alla relazione del perito incaricato dal tribunale sul pc è stata individuata una cartella "My work", una sottocartella "documenti personali" e un'ultima "tempo libero" all'interno della quale sono stati trovati 600 file "esclusivamente a carattere pornografico", alcuni girati con telefoni cellulari di prima generazione, molti in ambiente scolastico da cui però non è possibile dedurre l'età dei protagonisti. Tra questi un file immagine, di pochi byte di dimensione, ritraente minori in atti sessuali con adulti. L'imputato ha respinto fermamente le pesanti accuse asserendo che un ultimo accesso al file pedopornografico sarebbe stato fatto il 18 luglio 2007, dieci giorni dopo la consegna del PC alla banca. Dunque, ha spiegato, il file "incriminato" potrebbe essere stato consultato successivamente e dunque da altri soggetti. Dopo D.C. in aula è comparso anche un sindacalista Luca D. che all'epoca dei fatti ha assistito l'imputato nello scioglimento dei rapporti di lavoro con la banca. "Era stato preso di mira per il suo modo arrogante di fare. Gliel'ho detto subito che non era adatto per quel tipo di lavoro" ha spiegato il testimone "il mio obiettivo vista la situazione era patteggiare un le dimissioni in cambio del pagamento della bolletta a carico dell'istituto di credito. La banca si è però rifiutata e lo ha licenziato". Il processo, che si è svolto davanti al giudice Rossato, è stato aggiornato per la discussione finale e le conclusioni al 14 novembre ore 10.
S.V.