Osnago: ''Bella addormentata'' di Bellocchio alla Sala Sironi. Il commento del critico Claudio Villa e le opinioni della gente
Due serate, una con l'intervento del dottor Mauro Marinari, direttore sanitario dell'Hospice, che con l'ultimo tratto della vita dell'essere umano ha un contatto quotidiano e un'esperienza ormai ultradecennale. E una seconda serata con l'introduzione e il commento finale del critico Claudio Villa. Entrambi gli appuntamenti per "Bella addormentata" di Marco Bellocchio hanno registrato una buona presenza di pubblico. La "prima" di Osnago alla sala Sironi, in particolare, è stata particolarmente seguita, forse anche per la presenza proprio della Fabio Sassi.
Si è trattato di un pubblico attento, desideroso di vedere la pellicola che "avrebbe", il condizionale è d'obbligo, dovuto ripercorrere il dramma degli ultimi quindici anni di Eluana. E invece della giovane lecchese, deceduta nel febbraio 2010, alla clinica di Udine dopo che l'ambulanza l'aveva prelevata dalla casa di cura Talamoni di Lecco, tra le proteste generali (che introducono al film così come erano state riprese dai telegiornali di allora), se ne fa un cenno solo all'inizio e negli spezzoni che riguardano il senatore tra i protagonisti del film. Il resto è un intrecciarsi di storie o comunque di posizioni sul tema delicato e soprattutto personalissimo.
IL CRITICO CLAUDIO VILLA
"Esagerati i sedici minuti di applausi ricevuti alla Mostra del Cinema di Venezia ma ben vengano, in ogni caso, i registri che non si confrontano solo con le "vacanze di Natale". Lunga vita quindi a Bellocchio". Questa la conclusione a cui è giunto Claudio Villa, "critico" della Sala Sironi al termine dell'analisi condotta al termine della proiezione della domenica sera de "Bella Addormentata". "Il film avrebbe potuto intitolarsi Belle Addormentate perché in realtà le dormienti sono tre" ha spiegato . "Eluana, che non compare mai,è un "buco nero", Rosa, la figlia della madre dolorosa e la tossica salvata poi dal dottore". Ma ovviamente, la scelta dell'utilizzo del singolare non è casuale. "Si tratta di un titolo fiabesco. I film, è bene sempre ricordarlo, mettono in scena "favole". Il regista non è tenuto a rispettare i fatti. Dalla cronaca, ad esempio, si sa che le campane a Udine non hanno suonato a lutto quel giorno e che la gente riunita fuori dalla clinica non cantava in latino come invece avviene del film. Sono libertà del regista".
Da vero esperto di cinema, poi, Villa ha giudicato la pellicola "molto bella sul piano estetico" scegliendo la scena dei senatori riuniti alle terme mentre in aula proseguono i lavori parlamentari la più bella e bollandola quindi come un'ottima analisi della solitudine e della "sclerosi mentale". Una "debolezza narrativa" è stata invece giudicata la scelta di far vivere a Maria, la figlia del senatore, ultracattolica, un'improvvisa e scatenata passione amorosa con un perfetto sconosciuto, come a conferma del detto di una volta sulle figlie di Maria.
Entrando invece nel tema del fine vita, filo conduttore di tutte le storie narrate ne "Bella Addormentata", Claudio Villa ha spiegato come, secondo lui, sarà molto difficile, anche in futuro, arrivare a una legge sulla materia. "E' difficile, se non impossibile, deliberare sul diritto di autodeterminazione" ha affermato specificando come ogni situazione si di fatto a se e richieda valutazioni specifiche mentre "un diritto è tale se è universale e non dettato dalle circostanze. Per quali malattie è possibile l'autodeterminazione? In quali situazioni? Allora anche una persona depressa, senza lavoro, che perde il posto, viene lasciato dalla moglie, la famiglia gli volta le spalle ne ha diritto? Nel film questa tematica l'abbiamo vista con la vicenda della tossica...". Tutta dunque questa gamma di riflessioni ispirate dal film, hanno quindi portato Villa a invitare il pubblico in sala a "riconoscere a Bellocchio il merito della complessità. Il film è un invito al dialogo".
LA REAZIONE DEL PUBBLICO IN SALA
Parlare di eutanasia e di temi di fine vita sul grande schermo non è mai cosa da poco. Marco Bellocchio ci ha provato con il suo film ''Bella Addormentata'' raccogliendo consensi e critiche.
Secondo quanto racconta la cronaca nazionale, la pellicola sino ad ora ''ha diviso''. Non a Osnago però. I pareri raccolti al termine della proiezione in sala Sironi sono stati generalmente positivi. Senza esaltazione, sia chiaro. La narrazione è complessa, il ritmo spesso lento, ma il meccanismo della pluralità di prospettive adottato dal regista ha colpito.
''Il film a mio giudizio è veramente bello'' ci ha detto una ragazza appena uscita dalla sala, in compagnia di amici. ''Il tema è importante e a mio avviso Bellocchio ha saputo valorizzarlo al meglio, impostando un film che si può leggere da diverse prospettive''.
Ad aver colpito gli spettatori è stata soprattutto la molteplicità di storie e di punti di vista. Come ad esempio quello del fratello di Rosa, una giovane ragazza da anni in coma, che si sente totalmente trascurato dalla madre, che ha cancellato qualsiasi altro interesse dalla propria vita a partire dal marito e dal figlio. ''Nessuno, quando si parlava del caso di Eluana ha provato a calarsi anche in questa prospettiva. Il film riesce a farci vedere la realtà a 360 gradi''.
''Il film mi è piaciuto perchè è aperto a diverse interpretazioni. Soprattutto fa molto riflettere'' ci ha spiegato una donna all'uscita dal cinema osnaghese.
Un altro aspetto che ha colpito il pubblico è l'assenza di giudizi da parte del regista che offre allo spettatore tante storie accomunate dal conflitto vita/morte, senza mai sbilanciarsi, senza far capire cosa sia giusto o sbagliato. Anche perchè si tratta di una tematica talmente delicata e personale che esternare giudizi non sarebbe stato corretto.
''Devo dire che durante il primo tempo il film è stato quasi claustrofobico'' ci ha confidato un'altra spettatrice ''Sapevo a cosa sarei andata incontro vedendo questo film, trattando un tema molto delicato. Devo dire però che nel finale c'è stato un riscatto, grazie al tema dell'amore che emergendo prepotentemente in alcune storie ha offerto una chiave di lettura positiva. Riconosco inoltre che non si tratta di un film di parte, non c'è alcun giudizio sulle varie situazioni, anzi ogni prospettiva è dipinta con rispetto, trattandosi di una questione estremamente intima''.
Soprattutto, però, il film ha fatto riflettere. Molti spettatori al termine della pellicola non hanno voluto confidarci le loro impressioni, in quanto ''turbati'' e bisognosi di mettere a fuoco quanto visto, di riflettere sui numerosi messaggi lanciati dal film. "Visto l'argomento trattato, quanto visto va lasciato sedimentare" ha affermato, ad esempio la giovane Eva. "La vicenda di Eluana Englaro è ancora molto recente. Bellocchio l'ha trattata senza essere invasivo, lasciando ampio spazio al pensiero e alla riflessione di chi guarda il film". Solo una persona, invece, ci ha confessato, forse inaspettatamente anche da parte noi, di essere rimasto "completamente indifferente": "ho la mia posizione sul tema e ciò che ho visto non mi ha condizionato" ha dichiarato infatti un ragazzo lasciando il cinema. All'interno della Sala, invece, sollecitati da Claudio Villa, in quattro hanno preso la parola, "confessando" pubblicamente il proprio pensiero. Luciano, ad esempio, friulano come Beppino Englaro, si è concentrato proprio sul carattere e la tenacia del suo conterraneo. "E' un friulano della Carnia: "scarpe grosse, cervello fine e ostinazione", ostinazione per il rispetto della volontà della figlia, attraverso però la legalità". E ancora: "Sono state create tante favole intorno a questa vicenda. Io, ho pensato al Decamerone: sette giovani scappati in campagna per sfuggire alla peste, trascorrendo quindi giorni tra racconti e preghiera. Ecco, la vicenda di Eluana è diventata una favola per far dimenticare la peste fuori" e cita ad esempio alcuni dei problemi che affliggono il nostro Paese (dalla morti sul lavoro a quelle sulle strade) e in generale l'Umanità (con soldati che ancora oggi trovano la loro fine in guerra e i bambini che soffrono la fame). Ha invece voluto fare una "puntualizzazione sul discorso etico", la signora Beatrice, medico delle cure palliative seduta anch'ella in sala tra il pubblico: "per Eluana non si è trattato di eutanasia ma del riconoscimento di rifiutare le cure" ha specificato. "Questo è un film che mi ha dato molti stimoli. Ho avuto una sensazione di inquietudine, sono stata sulle spine anch'io che sono abituata a questi temi. La "vicenda Eluana" l'ho vissuta come una riflessione sulla medicina: ogni caso va discusso, la cura va concordata con il paziente, non può essere solo il medico a decidere". Al suo intervento a fatto seguito quello di una farmacista: "Del film ho apprezzato il continuo passaggio dal livello delle leggi al livello personale" ha affermato sostenendo di ritenere "davvero importante una legge che regoli anche la morte. La morte - ha poi aggiunto - non è uguale per tutti nel privato. Il senatore mostrato nel film, staccando la spina alla moglie, ha potuto fare una cosa che le persone comuni non possono fare". Infine, forse immancabile in una discussione di questo genere, il riferimento anche al Cardinal Martini che, come Giovanni Paolo II, ha rifiutato "l'accanimento terapeutico". "Una scelta che viene da un personaggio del genere" ha infatti dichiarato un altro spettatore - "costituisce un precedente molto importante".
"E' un film che porta a una riflessione generale e profonda, al di là della vicenda di Eluana" ha commentato Angelo "Mi ha fatto pensare molto visto che qui a Osnago abbiamo fatto anche passi politici sulla questione del testamento biologico. E' chiaro che poi ognuno si ferma e riflette sulla sua situazione personalissima e su quanto ha vissuto. Lo abbiamo visto in ogni delle storie che ci sono state rappresentate. La morale è una sola: alla fine ciascuno deve poter scegliere in base a quello che crede".
Si è trattato di un pubblico attento, desideroso di vedere la pellicola che "avrebbe", il condizionale è d'obbligo, dovuto ripercorrere il dramma degli ultimi quindici anni di Eluana. E invece della giovane lecchese, deceduta nel febbraio 2010, alla clinica di Udine dopo che l'ambulanza l'aveva prelevata dalla casa di cura Talamoni di Lecco, tra le proteste generali (che introducono al film così come erano state riprese dai telegiornali di allora), se ne fa un cenno solo all'inizio e negli spezzoni che riguardano il senatore tra i protagonisti del film. Il resto è un intrecciarsi di storie o comunque di posizioni sul tema delicato e soprattutto personalissimo.
Claudio Villa
IL CRITICO CLAUDIO VILLA
"Esagerati i sedici minuti di applausi ricevuti alla Mostra del Cinema di Venezia ma ben vengano, in ogni caso, i registri che non si confrontano solo con le "vacanze di Natale". Lunga vita quindi a Bellocchio". Questa la conclusione a cui è giunto Claudio Villa, "critico" della Sala Sironi al termine dell'analisi condotta al termine della proiezione della domenica sera de "Bella Addormentata". "Il film avrebbe potuto intitolarsi Belle Addormentate perché in realtà le dormienti sono tre" ha spiegato . "Eluana, che non compare mai,è un "buco nero", Rosa, la figlia della madre dolorosa e la tossica salvata poi dal dottore". Ma ovviamente, la scelta dell'utilizzo del singolare non è casuale. "Si tratta di un titolo fiabesco. I film, è bene sempre ricordarlo, mettono in scena "favole". Il regista non è tenuto a rispettare i fatti. Dalla cronaca, ad esempio, si sa che le campane a Udine non hanno suonato a lutto quel giorno e che la gente riunita fuori dalla clinica non cantava in latino come invece avviene del film. Sono libertà del regista".
Da vero esperto di cinema, poi, Villa ha giudicato la pellicola "molto bella sul piano estetico" scegliendo la scena dei senatori riuniti alle terme mentre in aula proseguono i lavori parlamentari la più bella e bollandola quindi come un'ottima analisi della solitudine e della "sclerosi mentale". Una "debolezza narrativa" è stata invece giudicata la scelta di far vivere a Maria, la figlia del senatore, ultracattolica, un'improvvisa e scatenata passione amorosa con un perfetto sconosciuto, come a conferma del detto di una volta sulle figlie di Maria.
Entrando invece nel tema del fine vita, filo conduttore di tutte le storie narrate ne "Bella Addormentata", Claudio Villa ha spiegato come, secondo lui, sarà molto difficile, anche in futuro, arrivare a una legge sulla materia. "E' difficile, se non impossibile, deliberare sul diritto di autodeterminazione" ha affermato specificando come ogni situazione si di fatto a se e richieda valutazioni specifiche mentre "un diritto è tale se è universale e non dettato dalle circostanze. Per quali malattie è possibile l'autodeterminazione? In quali situazioni? Allora anche una persona depressa, senza lavoro, che perde il posto, viene lasciato dalla moglie, la famiglia gli volta le spalle ne ha diritto? Nel film questa tematica l'abbiamo vista con la vicenda della tossica...". Tutta dunque questa gamma di riflessioni ispirate dal film, hanno quindi portato Villa a invitare il pubblico in sala a "riconoscere a Bellocchio il merito della complessità. Il film è un invito al dialogo".
LA REAZIONE DEL PUBBLICO IN SALA
Parlare di eutanasia e di temi di fine vita sul grande schermo non è mai cosa da poco. Marco Bellocchio ci ha provato con il suo film ''Bella Addormentata'' raccogliendo consensi e critiche.
Secondo quanto racconta la cronaca nazionale, la pellicola sino ad ora ''ha diviso''. Non a Osnago però. I pareri raccolti al termine della proiezione in sala Sironi sono stati generalmente positivi. Senza esaltazione, sia chiaro. La narrazione è complessa, il ritmo spesso lento, ma il meccanismo della pluralità di prospettive adottato dal regista ha colpito.
''Il film a mio giudizio è veramente bello'' ci ha detto una ragazza appena uscita dalla sala, in compagnia di amici. ''Il tema è importante e a mio avviso Bellocchio ha saputo valorizzarlo al meglio, impostando un film che si può leggere da diverse prospettive''.
Ad aver colpito gli spettatori è stata soprattutto la molteplicità di storie e di punti di vista. Come ad esempio quello del fratello di Rosa, una giovane ragazza da anni in coma, che si sente totalmente trascurato dalla madre, che ha cancellato qualsiasi altro interesse dalla propria vita a partire dal marito e dal figlio. ''Nessuno, quando si parlava del caso di Eluana ha provato a calarsi anche in questa prospettiva. Il film riesce a farci vedere la realtà a 360 gradi''.
''Il film mi è piaciuto perchè è aperto a diverse interpretazioni. Soprattutto fa molto riflettere'' ci ha spiegato una donna all'uscita dal cinema osnaghese.
Un altro aspetto che ha colpito il pubblico è l'assenza di giudizi da parte del regista che offre allo spettatore tante storie accomunate dal conflitto vita/morte, senza mai sbilanciarsi, senza far capire cosa sia giusto o sbagliato. Anche perchè si tratta di una tematica talmente delicata e personale che esternare giudizi non sarebbe stato corretto.
''Devo dire che durante il primo tempo il film è stato quasi claustrofobico'' ci ha confidato un'altra spettatrice ''Sapevo a cosa sarei andata incontro vedendo questo film, trattando un tema molto delicato. Devo dire però che nel finale c'è stato un riscatto, grazie al tema dell'amore che emergendo prepotentemente in alcune storie ha offerto una chiave di lettura positiva. Riconosco inoltre che non si tratta di un film di parte, non c'è alcun giudizio sulle varie situazioni, anzi ogni prospettiva è dipinta con rispetto, trattandosi di una questione estremamente intima''.
Soprattutto, però, il film ha fatto riflettere. Molti spettatori al termine della pellicola non hanno voluto confidarci le loro impressioni, in quanto ''turbati'' e bisognosi di mettere a fuoco quanto visto, di riflettere sui numerosi messaggi lanciati dal film. "Visto l'argomento trattato, quanto visto va lasciato sedimentare" ha affermato, ad esempio la giovane Eva. "La vicenda di Eluana Englaro è ancora molto recente. Bellocchio l'ha trattata senza essere invasivo, lasciando ampio spazio al pensiero e alla riflessione di chi guarda il film". Solo una persona, invece, ci ha confessato, forse inaspettatamente anche da parte noi, di essere rimasto "completamente indifferente": "ho la mia posizione sul tema e ciò che ho visto non mi ha condizionato" ha dichiarato infatti un ragazzo lasciando il cinema. All'interno della Sala, invece, sollecitati da Claudio Villa, in quattro hanno preso la parola, "confessando" pubblicamente il proprio pensiero. Luciano, ad esempio, friulano come Beppino Englaro, si è concentrato proprio sul carattere e la tenacia del suo conterraneo. "E' un friulano della Carnia: "scarpe grosse, cervello fine e ostinazione", ostinazione per il rispetto della volontà della figlia, attraverso però la legalità". E ancora: "Sono state create tante favole intorno a questa vicenda. Io, ho pensato al Decamerone: sette giovani scappati in campagna per sfuggire alla peste, trascorrendo quindi giorni tra racconti e preghiera. Ecco, la vicenda di Eluana è diventata una favola per far dimenticare la peste fuori" e cita ad esempio alcuni dei problemi che affliggono il nostro Paese (dalla morti sul lavoro a quelle sulle strade) e in generale l'Umanità (con soldati che ancora oggi trovano la loro fine in guerra e i bambini che soffrono la fame). Ha invece voluto fare una "puntualizzazione sul discorso etico", la signora Beatrice, medico delle cure palliative seduta anch'ella in sala tra il pubblico: "per Eluana non si è trattato di eutanasia ma del riconoscimento di rifiutare le cure" ha specificato. "Questo è un film che mi ha dato molti stimoli. Ho avuto una sensazione di inquietudine, sono stata sulle spine anch'io che sono abituata a questi temi. La "vicenda Eluana" l'ho vissuta come una riflessione sulla medicina: ogni caso va discusso, la cura va concordata con il paziente, non può essere solo il medico a decidere". Al suo intervento a fatto seguito quello di una farmacista: "Del film ho apprezzato il continuo passaggio dal livello delle leggi al livello personale" ha affermato sostenendo di ritenere "davvero importante una legge che regoli anche la morte. La morte - ha poi aggiunto - non è uguale per tutti nel privato. Il senatore mostrato nel film, staccando la spina alla moglie, ha potuto fare una cosa che le persone comuni non possono fare". Infine, forse immancabile in una discussione di questo genere, il riferimento anche al Cardinal Martini che, come Giovanni Paolo II, ha rifiutato "l'accanimento terapeutico". "Una scelta che viene da un personaggio del genere" ha infatti dichiarato un altro spettatore - "costituisce un precedente molto importante".
"E' un film che porta a una riflessione generale e profonda, al di là della vicenda di Eluana" ha commentato Angelo "Mi ha fatto pensare molto visto che qui a Osnago abbiamo fatto anche passi politici sulla questione del testamento biologico. E' chiaro che poi ognuno si ferma e riflette sulla sua situazione personalissima e su quanto ha vissuto. Lo abbiamo visto in ogni delle storie che ci sono state rappresentate. La morale è una sola: alla fine ciascuno deve poter scegliere in base a quello che crede".
