Secondino ruba televisore del carcere e lo regala. Condannato
E' stato giudicato colpevole l'assistente capo della polizia penitenziaria di Lecco accusato di peculato (ai sensi dell'articolo 314 c.p.) per aver illecitamente sottratto un televisore della Casa circondariale lariana per regalarlo poi alla sua ex-compagna. I fatti imputati alla guardia carceraria P.M., risalgono all'aprile 2010. L'uomo, stando alla ricostruzione fornita oggi durante l'udienza collegiale presieduta da Ambrogio Ceron, dalla donna con la quale era impegnato in una relazione sentimentale dall'autunno 2009, avrebbe portato a casa di quest'ultima un apparecchio di marca Mivar, da 14 pollici e di "vecchio stampo", con ancora il tubo catodico, in seguito alla rottura della televisione di proprietà della teste. Rispondendo alle domande del pm Cinza Citterio, la donna, classe 1963, ha così raccontato di aver tenuto, presso la sua abitazione, la tv di illecita provenienza, solo due giorni e di aver poi deciso, a seguito anche di un litigio violento avuto con il compagno, di riportare l'elettrodomestico in carcere e di presentare dunque querela contro quello che, ormai, era diventato il suo ex-amante. Durante tale discussione, l'imputato avrebbe anche preso la testa della fidanza, sbattendola contro la spalliera di una sedia della cucina, rendendo quindi necessario il suo accesso al Pronto soccorso cittadino. Sempre durante l'alterco, il televisore "incriminato" sarebbe poi rovinato al suolo, rompendosi. Presso la casa circondariale, è quindi giunto non integro. A prendersene carico e a raccogliere, in prima istanza, la ricostruzione dell'accaduto da parte della fidanzata di P.M. è quindi stata P.G., comandante di polizia giudiziaria presso il carcere lecchese. Anche quest'ultima è dunque stata chiamata quest'oggi a deporre in aula. Sentita come teste, P.G. ha confermato che il "corpo del reato" era effettivamente dello stesso modello in uso presso la Casa Circondariale e ha ricordato, come, per accertare se esso fosse realmente stato sottratto dalla struttura di cui è responsabile, al tempo dei fatti, aveva predisposto un "confronto fisico" tra il numero di apparecchi registrati dalla ragioneria e quelli effettivamente presenti nelle celle, negli alloggi in uso al personale e nel deposito. Era così risultato mancante un apparecchio. La seconda teste ha poi confermato come l'imputato, in virtù del suo ruolo all'interno del carcere, abbia avuto accesso alle chiavi di ogni spazio della Casa. A seguito del rifiuto dell'agente P.M. di deporre, sottoponendosi alle domande del pubblico ministero, quest'ultimo ha proceduto alla ricostruzione di tutto il quadro, per poi arrivare alla formalizzazione della richiesta di condanna a anni due di reclusione, considerando le attenuanti generiche.
Da parte sua l'avvocato Visconti, in difesa del suo assistito, ha cercato, tra l'altro, di far passare per "non attendibile" la testimonianza della ex fidanzata di P.M. ritenendo che questa fosse guidata da "intento finalizzato a vendicarsi".
Il pool giudicante ha però ritenuto l'assistente capo colpevole, riconoscendogli comunque alcune attenuanti e condannandolo
alla pena di un anno e 4 mesi oltre al pagamento delle spese processuali e all'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Da parte sua l'avvocato Visconti, in difesa del suo assistito, ha cercato, tra l'altro, di far passare per "non attendibile" la testimonianza della ex fidanzata di P.M. ritenendo che questa fosse guidata da "intento finalizzato a vendicarsi".
Il pool giudicante ha però ritenuto l'assistente capo colpevole, riconoscendogli comunque alcune attenuanti e condannandolo
alla pena di un anno e 4 mesi oltre al pagamento delle spese processuali e all'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
A. M.