Merate: Don Raffaello Ciccone e l’ex sen. Giovanni Bianchi raccontano il lavoro ''che ordina la vita e le relazioni umane''

Da sinistra Paolo Casini, Mario Stoppini, don Raffaello Ciccone e Giovanni Bianchi

Il lavoro nei primi due libri delle Sacre Scritture, che don Raffaello Ciccone, già responsabile della “pastorale del lavoro” della diocesi di Milano, ha riletto riportandone il significato al 2012. Il lavoro dal dopoguerra ad oggi come ordinatore della nostra esistenza, come ha invece sottolineato Giovanni Bianchi, già senatore dal 1996 al 2006, nonchè ex presidente del Partito Popolare e delle Acli. Di questo, in sintesi, si è discusso nel secondo degli incontri promossi da “La Semina” e dalla “Parrocchia  S. Ambrogio di Merate” sul “senso della vita”. Il tema della conferenza era infatti “”Il lavoro, il suo valore, la persona”. In agenda nel salone conferenze del convento di Sabbioncello, la manifestazione ha visto una presenza numerosissima. Molti tra gli intervenuti sono rimasti in piedi.
Introdotto da Paolo Casini e coordinato da Mario Stoppini, il primo ad intervenire è stato don Ciccone, che il cardinal Martini prima e Tettamanzi poi, avevano chiamato a dirigere la “pastorale del lavoro”.  “Da prete comincio dalla Bibbia, perchè il contesto del nostro mondo, quello occidentale, si è formato sui valori della Scrittura – ha esordito don Raffaello – parlerò della creazione come viene raccontata nei primi due libri; il primo del V secolo avanti Cristo. Il secondo del X secolo. In generale nella Bibbia – ha continuato il sacerdote – il lavoro non è argomento sottolineato, perchè si dà per scontato che faccia parte della vita quotidiana. Nel primo libro si dice però Dio creò l’uomo e la donna alla fine del sesto giorno di lavoro. Il settimo riposò. Tutto era dunque pronto. Cinque sono i verbi che vengono usati. Siate fecondi, ovvero amate più profondamente la vita. Moltiplicatevi. Riempite la terra, come a dire, quelli come voi con possibilità di lavoro siano tanti, ma non amate troppo i soldi, perchè questo è male. Soggiogate e dominate la Terra, perchè il Re deve essere anche Padre, dunque saggio, come lo fu Salomone con la giustizia”.
“Nel secondo libro – ha continuato don Raffalello - si racconta invece di Adam, della statua di creta sulla quale con un soffio Dio diede la vita. E si dice ancora che Dio pose l’uomo nel giardino perchè lo coltivasse e lo custodisse. Come a dire coltiva il Signore nel tuo cuore. Servi e rispetta la Terra, Produci dunque, ma senza sfruttare e distruggere l’ambiente. Il rame, l’oro, il petrolio, le materie prime stanno finendo, ma diversamente dalla carta, che potrà essere riprodotta con gli alberi, tutto questo non ci sarà più. Stiamo dunque sfruttando la Terra. Per custodire l’ambiente c’è molto lavoro da fare. Il lavoro infine, ha come contro medaglia non solo i diritti, ma anche la responsabilità. Il lavoro è servizio e in questo senso è gratuito. Se io non lavoro, altri rimarranno senza quella parte di prodotto sul quale avrebbero dovuto continuare ad operare”. 

“Il lavoro è davvero il problema, perchè il lavoro che manca stanca di più del lavoro che stanca – ha detto invece Giovanni Bianchi aprendo le sue riflessioni – il trenta per cento dei giovani non lavora, molti hanno anche rinunciato a cercare un’occupazione. Sono nato a Sesto San Giovanni e sono cresciuto nella cultura del fordismo. Nella mia città ci fu, nel 1906, la prima colata della Falck. Nel 1996 l’ultima. Non avrei mai creduto di vedere scomparire le grandi fabbriche. In Italia si è deindustrializzato troppo e troppo in fretta. Fino a metà degli anni settanta, a Sesto c’erano quarantamila tute blu, e come categoria gli operai erano più numerosi dei cittadini. La chiusura delle fabbriche mi ha stupito. Anche a Milano è accaduta la stessa cosa., ma una grande metropoli non può vivere solo di terziario o di fashion (moda). Dobbiamo ripensare il futuro. Provate a guardare lo skyline (linea del cielo) di New York con le fabbriche che ancora ci sono, o il territorio della vicina Svizzera  con le molte fabbriche di meccanica di precisione. In Lombardia invece, un lavoratore su due è ora impiegato in microaziende. Delle 800mila presenti, con 3 milioni 800mila addetti, solo 789 occupano più di 50 persone, e sono meno dell’11 per cento. Per chi lavora, questo significa minor protezione. Ampi settori dell’industria sono stati depotenziati, conta di più la finanza. Nei periodi più difficili, ai quali seguirono il New Deal negli Usa  e la NEP nell’Unione Sovietica, il lavoro aveva grande significato. Ora ha perso valore. Ad andare in controtendenza è stata invece la Chiesa, che ha rilanciato la centralità dal lavoro. “Dopo aver studiato, i giovani non trovano lavoro” A dirlo era stato Papa Wojtila, in visita, il 21 maggio 1983,  a Sesto San Giovanni sul grande prato dove ora è stata costruita la stazione MM di Marelli.  Sono trascorsi 29 anni – ha continuato Bianchi – ma quella parole  potrebbero valere anche ora”.
“Qual’è allora, tra  i tanti possibili e in questa fase in cui il lavoro manca, il valore che più ci importa?” si è chiesto ancora il parlamentare – io credo sia il suo valore ordinatore, che dà ordine dunque, anche alla vita privata. Il lavoro ordina la vita e le relazioni. La nostra immigrazione è stata integrata dal lavoro. A Sesto, non lo dimenticherò mai, la sirena veniva ascoltata prima della campana. Era la sirena a regolare la vita. Il lavoro è dunque ordinatore della società. Dobbiamo ricreare un contesto nel quale il lavoro diventi ordinatore della vita”.
L’ex presidente delle Acli ha poi sottolineato come “una delle ragioni della crisi debba essere trovata nell’estrema disuguaglianza, in aumento, tra poveri e ricchi. Se negli anni sessanta, un dirigente alla Fiat Valletta guadagnava 20 volte più di un operaio, Marchionne che la dirige ora guadagna 1037 volte di più di un semplice lavoratore”.
Per chiudere il suo intervento Bianchi ha citato quanto il lavoro sia il valore centrale della nostra Costituzione, a cominciare dall’articolo 1 fino al 35, tutela del lavoro, al 39, sulle organizzazioni sindacali.
Lungo il dibattito, con domande da Carluccio Airoldi (“La domenica dovrebbe essere giorno di riposo, è ancora così?”) Gianni Grazia che ha denunciato la situazione della azienda in cui lavora, Guerrero astronomo in via Bianchi, padre Riccardo dei frati minori, francescani di Sabbioncello, e Pierangelo Marucco, presidente della Semina, che ha invitato tutti a “reinventare il lavoro, anche con i nuovi strumenti di cui ora disponiamo”.
A chiudere sono stati ancora Giovanni Bianchi e don Raffaello “Dobbiamo uscire dalla dittatura del PIL e della crescita, dobbiamo mettere in campo nuove esperienze – ha detto il senatore che ha concluso - nel discorso del suo insediamento Obama aveva detto: il lavoro deve essere sottratto all’avidità. Una strada da seguire”.  Infine don Raffaello “La dottrina sociale della Chiesa parla di bene comune, di possibilità, per ogni persona, di realizzarsi”. E rivolto ai giovani “Studiate il più possibile”. 
Sergio Perego

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