La mano del diavolo. Consigli per scrivere lettere di risposta da mettere sotto l'albero

La natura mi ha fatto destrorso, di mano dico, per aprire le porte, suonare la chitarra, impugnare gli attrezzi, tirare a pallacanestro, firmare autografi, lavarmi i denti e tutte le altre cose, compreso scrivere. Con la penna, dico, che con la tastiera del computer non fa differenza. Forse con lo smartphone sì, in effetti, ma mi vanno insieme gli occhi.
Solo sotto Natale la sinistra veniva buona anche per scrivere. Succedeva fintanto che i figli erano piccoli e toccava non solo reggere ma costruire il gioco. Piccoli ma non piccolissimi: lì bastava smangiucchiare i biscotti – «Non mangiarteli tutti davvero», diceva la mamma: «Lascia almeno qualche briciola» – e bere il latte, e i fantolini credevano al passaggio del portatore di doni. Quando hanno imparato questa birberia del leggere e dello scrivere e hanno abbozzato le prime lettere, la buona creanza imponeva che il destinatario lasciasse almeno un messaggio di risposta, un cenno di saluto.
«Non scriverlo al tuo solito modo», raccomandava ancora la mamma, intendendo che non usassi né la penna blu, indizio riconoscibilissimo di attribuzione per qualsiasi pizzino si trovi in giro per casa, né la mia abituale grafia, indizio altrettanto incontrovertibile sull’autore anche se garanzia altrettanto sicura di illeggibilità.
Solo sotto Natale la sinistra veniva buona anche per scrivere. Succedeva fintanto che i figli erano piccoli e toccava non solo reggere ma costruire il gioco. Piccoli ma non piccolissimi: lì bastava smangiucchiare i biscotti – «Non mangiarteli tutti davvero», diceva la mamma: «Lascia almeno qualche briciola» – e bere il latte, e i fantolini credevano al passaggio del portatore di doni. Quando hanno imparato questa birberia del leggere e dello scrivere e hanno abbozzato le prime lettere, la buona creanza imponeva che il destinatario lasciasse almeno un messaggio di risposta, un cenno di saluto.
«Non scriverlo al tuo solito modo», raccomandava ancora la mamma, intendendo che non usassi né la penna blu, indizio riconoscibilissimo di attribuzione per qualsiasi pizzino si trovi in giro per casa, né la mia abituale grafia, indizio altrettanto incontrovertibile sull’autore anche se garanzia altrettanto sicura di illeggibilità.
È lì che mi è venuta in soccorso la mano del diavolo – come si diceva una volta – la sinistra, per riuscire a camuffare la mia grafia e simulare quella di Gesù bambino. O di Babbo Natale, se qualcuno ha costruito la fenomenologia dei doni su un mitologema diverso. Ognuno ha la propria antropologia, e io, per formazione, preferivo quella cristiana a quella della Coca-Cola, che almeno Gesù è esistito, non è stato costruito per la pubblicità. Ma comunque, anche per chi volesse simulare una risposta scritta da Babbo Natale, l’illustratore Haddon Sundblom lo creò per la Coca-Cola nel 1931 e quindi adesso avrebbe un’età più che veneranda e una grafia incerta tanto quanto quella di un bambino, quindi la mano del diavolo va bene sia per scrivere come un vecchio che per scrivere come un bambino.
Questa cosa di creare grafia e mondi l’aveva già fatta un grande scrittore come Tolkien, l’autore della saga del Signore degli anelli, e le lettere che lui aveva scritto, direi quasi disegnato, per i suoi figli, sono raccolte in un bel libro, qui: https://www.bompiani.it/catalogo/lettere-da-babbo-natale-9788845293894, ma comunque anche a me questa cosa delle lettere mi aveva preso la mano sul serio perché quando uno è scrittore lo è anche con la sinistra, e avevo cominciato a costruire risposte lunghissime di quelle che piaceva più a me scrivere che ai figli leggere. Ricordo di aver avuto dei figli maleducati, però, che dilaniavano i pacchetti regalo per poi estraniarsi da tutto e presentarsi ancora in pigiama a pranzo, mangiare in fretta, sparire dicendo: «Dobbiamo finire di costruire», mentre il pandoro i parenti e le letterine che io avevo scritto così faticosamente rimanevano lì.
Di quei Natali trascorsi poco o nulla è cambiato: il film della vigilia è sempre lo stesso e lo si guarda lo stesso, sempre. Anche i pranzi, a ben pensarci, si ripetono con lo stesso rituale, persino con lo stesso maglioncino tirato fuori dal cassetto una volta all’anno. I nonni, grazie al cielo, sono ancora tutti con noi. I figli (e i prezzi dei mattoncini) sono cresciuti ma la frenesia pigiamesca e costruttiva è rimasta identica. Solo il mitologema dei doni è evaporato, come la loro fanciullezza e la mia giovinezza e la conseguente utilità della mano del diavolo.
Adesso uso la sinistra insieme con la destra, per stringerli in un abbraccio quando vengono a dire grazie, fuggevoli e scontrosi, da afferrare più con gli occhi che con le mani, sperando che questa cosa non passi, come tutte le altre, con l’età.
P.S.: Se siete padri di figli ancora incantabili, usate la fantasia e la mano del diavolo, non la diavoleria dell’intelligenza artificiale. Le ho chiesto, testualmente, di scrivermi una lettera di risposta da parte di Babbo Natale per un bambino di dieci anni. Ne è uscita una cosa ancora più da rimbambiti di quelle che io scrivevo col normografo, tirchieria compresa, giuro! Se non ci credete, riporto qui per esteso lo stralcio da pidocchi: “Per quanto riguarda i desideri che mi hai scritto… posso solo dirti che farò del mio meglio. A volte i regali più importanti non fanno rumore quando arrivano, ma sanno farsi sentire nel tempo: un po’ come la fiducia in se stessi, l’amicizia vera o una nuova passione che nasce. Continua a credere nei tuoi sogni, anche quando sembrano lontani. E non smettere mai di fare domande: sono quelle che rendono il mondo più interessante”.
E buon Natale!
Stefano Motta























