"Donne, l'altro sguardo/3": la violenza psicologica e l'isolamento sociale della vittima

Quando si parla di violenza sulle donne viene istintivo pensare alla violenza fisica, che in effetti purtroppo c’è ed è la più visibile.
Ma da un po’ di tempo si è fatta strada la consapevolezza che sulle donne vengono esercitati altri tipi di violenza, più difficili da individuare ma non per questo meno frequenti e pericolosi.
Dai dati del Centro Antiviolenza di Merate di cui abbiamo parlato in un recente articolo, emerge che tra chi si rivolge al Centro quella più diffusa e in crescita è la violenza psicologica.
Se infatti il maltrattamento fisico riguarda il 22% dell’utenza, con un lieve calo per la violenza di tipo sessuale (dal 5% al 4%), piuttosto alta risulta la percentuale relativa ai maltrattamenti di tipo psicologico leggermente in crescita dal 29% al 30%.
Ma di cosa si tratta esattamente? Quali ne sono le manifestazioni? 
“La violenza psicologica”, spiegano le operatrici del Centro, “si esprime attraverso diverse modalità quali attacchi verbali, insulti, offese, accuse (‘sei brutta’, ‘sei stupida’, ‘non capisci niente...") o attraverso atti cosiddetti denigratori e umiliazioni (‘non vali niente come moglie, compagna, madre, lavoratrice’...). Anche la svalutazione nello studio e nel lavoro si configura come violenza soprattutto quando è ripetuta e mina quindi l’autostima della donna.”
MeratePuntataDonne.jpg (32 KB)
Altri comportamenti piuttosto frequenti e spesso, soprattutto da parte delle ragazze più giovani vissuti come segnali di attaccamento del partner, sono azioni che mirano all’isolamento sociale della vittima
Si manifestano come limitazioni della libertà e controllo delle relazioni, giustificate a volte con la gelosia, anche questa male interpretata e vista più come manifestazione di interesse per la propria persona che come manifestazione patologica. 
Si comincia con il controllo dei canali social, delle mail, del cellulare, delle password fino alla geolocalizzazione della partner per controllarne gli spostamenti e arrivare poi, nei casi più gravi, alla proibizione di frequentare amici e parenti.
Una forma di violenza quindi molto subdola, perché spesso spacciata dal maltrattante come forma di amore. 
Ma le operatrici aggiungono anche un altro aspetto, ovvero non è infrequente la colpevolizzazione della vittima da parte del maltrattante.
“Spesso le accuse sono del genere ‘è colpa tua se mi comporto così’, ‘se tu fossi diversa tutto questo non succederebbe’...), accompagnate da continue minacce verso di lei, i figli o la sua rete sociale. La modalità continuativa della violenza psicologica porta la vittima a sentirsi sempre più inadeguata, colpevole, incapace. La perdita di autostima rende così molto difficile mettere in discussione la relazione violenta nella quale la donna resta intrappolata.”
Una delle forme di violenza psicologica recentemente oggetto di studio è il cosiddetto gaslighting , una forma di manipolazione attraverso la quale l'abusante presenta alla vittima false informazioni, mette in dubbio tutto ciò che la donna dice con l'intento di farla dubitare di sé stessa fino a farla sentire disorientata, inadeguata e convincendola che tutto cio che lei rileva è falso e inesistente, arrivando così a farle avere il sospetto di star per sviluppare un disturbo psichico. 
Un ritorno al passato, quando le donne ritenute non conformi alle aspettative individuali e sociali venivano rinchiuse in manicomio? Fortunatamente parliamo di epoche lontane e non più ripetibili, sia per i cambiamenti intervenuti nella società che per la presa di coscienza femminile. 
Tuttavia, fanno notare le operatrici, “Riconoscere di essere vittima, di star vivendo una vita in cui ci si sente tristi, annientate, prosciugate, in cui si ha la sensazione che non vi sia spazio per sé stesse, per i propri bisogni, è un processo doloroso e faticoso.
La violenza psicologica rappresenta a tutti gli effetti una vera e propria forma di maltrattamento, le cui conseguenze possono essere altrettanto devastanti per chi le subisce, rispetto a quelle determinate dalla violenza fisica. Il ‘lavoro’ con le donne vittime di violenza psicologica che viene intrapreso al Centro Antiviolenza è un percorso di autodeterminazione che si fonda sulla ricostruzione dell'autostima e sulla consapevolezza del danno subito, ritornando così, con i propri tempi, a riconoscere il proprio valore per poter tornare ad essere libere di scegliere”.
Rubrica a cura di Annamaria Vicini
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.