"Donne, l'altro sguardo/2": focus sul centro antiviolenza
L’ articolo di oggi della rubrica “Donne, l’altro sguardo” lo dedichiamo a raccontare cos’è e come opera il Centro antiviolenza, struttura che accoglie, a titolo gratuito, le donne maggiorenni che abbiano subito violenza, maltrattamenti o minacce di atti di violenza sotto qualsiasi forma.
Chi si rivolge allo Sportello del Centro viene accolto, ascoltato e supportato nel percorso di acquisizione dell'autoconsapevolezza che consente la fuoriuscita dalle situazioni violente, grazie anche alla presenza di figure professionali con specifiche competenze quali psicologhe, avvocate, educatrici, mediatrici culturali.

A raccontarci come inizia e si svolge il percorso di chi si avvicina per la prima volta è una delle 31 operatrici che prestano la loro attività in modo del tutto volontario.
“Il primo incontro serve a conoscersi, la donna deve capire che si trova in un luogo sicuro dove può parlare essendo ascoltata e mai giudicata”, spiega l'operatrice “C’è chi arriva e sembra un fiume in piena, c’è invece chi resta in silenzio e per noi non è facile ma spesso questa difficoltà si stempera nel corso dell’incontro con la graduale acquisizione di fiducia.
Bisogna dire che non c’è necessità di interloquire molto, perché l’importante è che la donna si esprima ed esprimendosi ascolti sé stessa”.
Un aspetto importante è la garanzia di segretezza e anonimato per le donne che si rivolgono al Centro, così come il fatto che è la donna stessa a decidere se e come proseguire nel percorso, non ci sono obblighi formali da parte del Centro Antiviolenza.
“Il nostro è un affiancamento in un cammino che si fa insieme. Senza indicazioni della donna le operatrici non prendono nessuna iniziativa. Solitamente al primo incontro, il colloquio ha la durata di circa un’ora, ne possono seguire altri in cui si approfondisce la relazione di fiducia e insieme si valuta se c’è la necessità di un supporto specialistico”.
Il supporto legale serve in caso la donna voglia sporgere denuncia contro l’autore di maltrattamenti o violenza.
Anche il supporto psicologico è mirato e circoscritto a questa casistica, non va inteso come l’inizio di un percorso terapeutico a prescindere.
Le mediatrici culturali sono importanti in quanto facilitano l’accesso per le donne immigrate, che spesso provengono da culture molto diverse dalla nostra e qui trovano un clima di rispetto per la loro cultura d’origine.
Le educatrici intervengono in caso le donne abbiano figli minorenni e sono importanti per aiutarle nel rapporto mamma-figlio.
Ai colloqui con le avvocate partecipano solitamente anche le operatrici, sempre che ci sia il consenso della donna.
“Il messaggio che vogliamo fare arrivare con la nostra presenza è quello che in ogni caso la donna non è mai sola”.

Non c’è uno standard per la durata di questo percorso, può essere breve o molto lungo.
“E’ sempre la donna che decide, qualunque scelta faccia noi siamo con lei”.
Bisogna però essere consapevoli che non si tratta di un percorso facile.
“Se la violenza dura da tempo ti allontana da te stessa e ti senti con l’acqua alla gola, ma parlarne aiuta a ritrovarsi. Spesso le donne hanno paura: ‘che cosa succede se me ne vado?’
A volte sono sole, hanno contro anche la loro stessa famiglia e noi le aiutiamo a prendere consapevolezza che hanno gli strumenti per affrontare la situazione”.
In genere il primo contatto avviene attraverso una richiesta telefonica al servizio “Telefono Donna”, a cui ci si può rivolgere attraverso una chiamata al numero 039/9900678, attivo h24 e 7 giorni su 7.
Per un primo colloquio è preferibile avere un appuntamento.
Le aperture dello sportello in via S. Ambrogio 17 sono lunedì dalle 15,30 alle 18,30, mercoledì dalle 9,30 alle 12,30, giovedì dalle 9 alle 12, venerdì dalle 15 alle 18 e sabato dalle 9 alle 12. Ma le volontarie sono presenti anche il martedì mattina presso il Consultorio Familiare di Merate e giovedì dalle 10 alle 12 presso il Consultorio di Casatenovo.
Tutte le operatrici hanno frequentato un corso di formazione della durata di 40 ore e hanno fatto un tirocinio di 60-80 ore prima di iniziare l’attività nel Centro Antiviolenza,
con un successivo obbligo di formazione e aggiornamento per un totale di almeno 16 ore all'anno.
Chi si rivolge allo Sportello del Centro viene accolto, ascoltato e supportato nel percorso di acquisizione dell'autoconsapevolezza che consente la fuoriuscita dalle situazioni violente, grazie anche alla presenza di figure professionali con specifiche competenze quali psicologhe, avvocate, educatrici, mediatrici culturali.

A raccontarci come inizia e si svolge il percorso di chi si avvicina per la prima volta è una delle 31 operatrici che prestano la loro attività in modo del tutto volontario.
“Il primo incontro serve a conoscersi, la donna deve capire che si trova in un luogo sicuro dove può parlare essendo ascoltata e mai giudicata”, spiega l'operatrice “C’è chi arriva e sembra un fiume in piena, c’è invece chi resta in silenzio e per noi non è facile ma spesso questa difficoltà si stempera nel corso dell’incontro con la graduale acquisizione di fiducia.
Bisogna dire che non c’è necessità di interloquire molto, perché l’importante è che la donna si esprima ed esprimendosi ascolti sé stessa”.
Un aspetto importante è la garanzia di segretezza e anonimato per le donne che si rivolgono al Centro, così come il fatto che è la donna stessa a decidere se e come proseguire nel percorso, non ci sono obblighi formali da parte del Centro Antiviolenza.
“Il nostro è un affiancamento in un cammino che si fa insieme. Senza indicazioni della donna le operatrici non prendono nessuna iniziativa. Solitamente al primo incontro, il colloquio ha la durata di circa un’ora, ne possono seguire altri in cui si approfondisce la relazione di fiducia e insieme si valuta se c’è la necessità di un supporto specialistico”.
Il supporto legale serve in caso la donna voglia sporgere denuncia contro l’autore di maltrattamenti o violenza.
Anche il supporto psicologico è mirato e circoscritto a questa casistica, non va inteso come l’inizio di un percorso terapeutico a prescindere.
Le mediatrici culturali sono importanti in quanto facilitano l’accesso per le donne immigrate, che spesso provengono da culture molto diverse dalla nostra e qui trovano un clima di rispetto per la loro cultura d’origine.
Le educatrici intervengono in caso le donne abbiano figli minorenni e sono importanti per aiutarle nel rapporto mamma-figlio.
Ai colloqui con le avvocate partecipano solitamente anche le operatrici, sempre che ci sia il consenso della donna.
“Il messaggio che vogliamo fare arrivare con la nostra presenza è quello che in ogni caso la donna non è mai sola”.

Non c’è uno standard per la durata di questo percorso, può essere breve o molto lungo.
“E’ sempre la donna che decide, qualunque scelta faccia noi siamo con lei”.
Bisogna però essere consapevoli che non si tratta di un percorso facile.
“Se la violenza dura da tempo ti allontana da te stessa e ti senti con l’acqua alla gola, ma parlarne aiuta a ritrovarsi. Spesso le donne hanno paura: ‘che cosa succede se me ne vado?’
A volte sono sole, hanno contro anche la loro stessa famiglia e noi le aiutiamo a prendere consapevolezza che hanno gli strumenti per affrontare la situazione”.
In genere il primo contatto avviene attraverso una richiesta telefonica al servizio “Telefono Donna”, a cui ci si può rivolgere attraverso una chiamata al numero 039/9900678, attivo h24 e 7 giorni su 7.
Per un primo colloquio è preferibile avere un appuntamento.
Le aperture dello sportello in via S. Ambrogio 17 sono lunedì dalle 15,30 alle 18,30, mercoledì dalle 9,30 alle 12,30, giovedì dalle 9 alle 12, venerdì dalle 15 alle 18 e sabato dalle 9 alle 12. Ma le volontarie sono presenti anche il martedì mattina presso il Consultorio Familiare di Merate e giovedì dalle 10 alle 12 presso il Consultorio di Casatenovo.
Tutte le operatrici hanno frequentato un corso di formazione della durata di 40 ore e hanno fatto un tirocinio di 60-80 ore prima di iniziare l’attività nel Centro Antiviolenza,
con un successivo obbligo di formazione e aggiornamento per un totale di almeno 16 ore all'anno.
Rubrica a cura di Annamaria Vicini























