Church Pocket/89 . L’inferno esiste? Contro la teoria dell’inferno “vuoto”
Oggi molti cristiani parlano dell’inferno come di un’ipotesi remota, quasi un mito, altri non ci credono. Altri arrivano a dire che, in fondo, sarà vuoto: Dio è buono, nessuno si perderà davvero. È un pensiero rassicurante, ma non è quello del Vangelo. Gesù non usa mezze parole: parla di “fuoco eterno”, di “pianto e stridore di denti”, di “separazione finale”. Non è terrorismo psicologico, ma un monito: la vita è una scelta, e che la libertà umana è seria. Il vero problema non è chiedersi se l’inferno esiste, ma se sarà vuoto.
Prima di capire se ha degli inquilini, capiamo che cos’è l’inferno. Non è una leggenda o una un film della saga “The conjuring”. Il Catechismo (§1033-1037) ne parla come la condizione di chi, morendo in peccato mortale, rifiuta liberamente e definitivamente Dio. Non è Dio che “manda” qualcuno all’inferno: è l’uomo che sceglie, o meglio, che ha scelto di escludersi per sempre dall’amore. Per questo l’inferno non è un luogo fisico, ma la realtà dell’auto-esclusione dalla comunione con Dio, la perdita della sua presenza, che è essa stessa vita. Le descrizioni messianiche di questo spazio non vanno lette come descrizioni geografiche, ma come linguaggio simbolico per dire la gravità di una vita vissuta senza Dio. Agostino lo vede come il frutto di una volontà ostinata che rifiuta l’amore; Tommaso d’Aquino dice che la pena più grande dell’inferno non è il fuoco, ma la separazione da Dio; Benedetto XVI ricorda che è la “possibilità reale che la libertà umana dica di no a Dio per sempre” (Spe salvi, 45). Parlare di inferno, allora, non serve a spaventare, ma a ricordare che la vita è una scelta seria. Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. La porta del cielo resta sempre aperta, ma il Signore non costringe nessuno a entrare.
Ora veniamo alla domanda: come si tengono insieme misericordia e giustizia, anche in virtù di una presunta teoria dell’inferno vuoto? Dio è infinitamente misericordioso, ma è anche infinitamente giusto. Non sono due facce opposte, ma la stessa realtà: la Sua misericordia non annulla la giustizia, la compie; e la Sua giustizia non cancella la misericordia, la rende vera. Se Dio ignorasse il male, la sua misericordia diventerebbe superficialità, buonismo; se non perdonasse mai, la sua giustizia diventerebbe crudeltà, un iniquo tribunale. In Dio invece amore e verità coincidono: Egli salva chi accoglie il suo amore, ma rispetta fino in fondo la libertà di chi lo rifiuta. Hans Urs von Balthasar scriveva che possiamo “sperare” che sia vuoto, perché la misericordia di Dio è più grande di ogni peccato e perché, aggiungerei, alla fine nessun uomo più rifiutare la speranza. Balthasar non parlava di certezza, ma di “speranza teologale”, lasciando intatta la serietà del giudizio. Ma attenzione: il Catechismo della Chiesa Cattolica è molto chiaro. L’inferno non è un’ipotesi accademica, è una realtà. È la possibilità concreta della libertà umana che rifiuta Dio in modo definitivo. Non perché Dio voglia condannare, ma perché rispetta fino in fondo la nostra libertà. Ecco il punto: dire che l’inferno è vuoto, o che alla fine “va tutto bene”, rischia di svuotare la serietà della vita vissuta in Cristo. È una tentazione antica, del nemico: sdrammatizzare il male, rendere il peccato irrilevante e sminuire il valore del Sacramento della Riconciliazione; pensare che la croce di Cristo sia stata superflua. La tensione resta: da una parte, la speranza che tutti siano salvati (1Tm 2,4: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati”); dall’altra, la parola di Gesù che parla di perdizione eterna (Mt 25,46). Possiamo però giungere a questa conclusione: la misericordia di Dio spinge sempre al massimo la Sua Volontà di salvare, ma non sopprime mai la libertà dell’uomo di non scegliere il Bene. L’inferno non è un controsenso alla bontà di Dio, ma la conseguenza, tragica, di una libertà usata senza Dio.
Se l’inferno fosse solo un “teatro chiuso”, senza nessuno dentro, allora a che servirebbe l’urgenza della conversione, l’annuncio missionario, la testimonianza fino al martirio? Se invece l’inferno è reale – come il Vangelo e la Chiesa ci ricordano – allora la salvezza che Dio offre è ancora più preziosa. Per questo san Paolo ci avverte: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2Cor 6,2). Per questo credo che alla fine, forse, l’inferno abbia degli inquilini.

Ora veniamo alla domanda: come si tengono insieme misericordia e giustizia, anche in virtù di una presunta teoria dell’inferno vuoto? Dio è infinitamente misericordioso, ma è anche infinitamente giusto. Non sono due facce opposte, ma la stessa realtà: la Sua misericordia non annulla la giustizia, la compie; e la Sua giustizia non cancella la misericordia, la rende vera. Se Dio ignorasse il male, la sua misericordia diventerebbe superficialità, buonismo; se non perdonasse mai, la sua giustizia diventerebbe crudeltà, un iniquo tribunale. In Dio invece amore e verità coincidono: Egli salva chi accoglie il suo amore, ma rispetta fino in fondo la libertà di chi lo rifiuta. Hans Urs von Balthasar scriveva che possiamo “sperare” che sia vuoto, perché la misericordia di Dio è più grande di ogni peccato e perché, aggiungerei, alla fine nessun uomo più rifiutare la speranza. Balthasar non parlava di certezza, ma di “speranza teologale”, lasciando intatta la serietà del giudizio. Ma attenzione: il Catechismo della Chiesa Cattolica è molto chiaro. L’inferno non è un’ipotesi accademica, è una realtà. È la possibilità concreta della libertà umana che rifiuta Dio in modo definitivo. Non perché Dio voglia condannare, ma perché rispetta fino in fondo la nostra libertà. Ecco il punto: dire che l’inferno è vuoto, o che alla fine “va tutto bene”, rischia di svuotare la serietà della vita vissuta in Cristo. È una tentazione antica, del nemico: sdrammatizzare il male, rendere il peccato irrilevante e sminuire il valore del Sacramento della Riconciliazione; pensare che la croce di Cristo sia stata superflua. La tensione resta: da una parte, la speranza che tutti siano salvati (1Tm 2,4: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati”); dall’altra, la parola di Gesù che parla di perdizione eterna (Mt 25,46). Possiamo però giungere a questa conclusione: la misericordia di Dio spinge sempre al massimo la Sua Volontà di salvare, ma non sopprime mai la libertà dell’uomo di non scegliere il Bene. L’inferno non è un controsenso alla bontà di Dio, ma la conseguenza, tragica, di una libertà usata senza Dio.
Se l’inferno fosse solo un “teatro chiuso”, senza nessuno dentro, allora a che servirebbe l’urgenza della conversione, l’annuncio missionario, la testimonianza fino al martirio? Se invece l’inferno è reale – come il Vangelo e la Chiesa ci ricordano – allora la salvezza che Dio offre è ancora più preziosa. Per questo san Paolo ci avverte: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2Cor 6,2). Per questo credo che alla fine, forse, l’inferno abbia degli inquilini.
Rubrica a cura di Pietro Santoro























