Robbiate, Ora Basta: donne nei media, una serata con GiULiA 

Come si parla delle donne sui mezzi di comunicazione, dove peraltro le donne lavorano in gran numero ma raramente occupano posti a livello apicale?
A rispondere sono state due giornaliste di GiULiA (Giornaliste Libere Unite Autonome), associazione nata nel 2011 per il contrasto alla discriminazione di genere sui media e nei media, nel corso della serata organizzata da Ora Basta martedì presso la sala civica di Robbiate.
L’evento, introdotto da Franca Rosa di Ora Basta, organizzazione no profit composta da una rete di associazioni presenti sul territorio, è stato dedicato all’assessora di Merate Patrizia Riva, la cui auto è stata vandalizzata da ignoti. 
“E’ una dei pilastri del gruppo di cui è socia fondatrice”, ha detto Franca Rosa. “Siamo vicine a lei e alla sua famiglia. Speriamo si tratti di un episodio isolato, ma tuttavia ci preoccupa”.
A illustrare la nascita e gli obiettivi di GiULiA è stata Maria Teresa Manuelli, giornalista professionista specializzata nel settore economico e tra le fondatrici del sodalizio.
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Franca Rosa

“Siamo nate perché eravamo stufe di vedere titoli come questo”, ha affermato mostrando la slide di un giornale che titolava “Al PD non piace la gnocca”. 
Ne è seguita una carrellata di immagini che mostravano altri titoli e affermazioni riguardanti le donne che definire offensivi è dire poco. Per esempio, parlando di donne attive nel settore diplomatico ci si chiedeva se sarebbero riuscite a mantenere il segreto… .
Ma il peggio arriva negli articoli di cronaca sugli episodi di violenza contro le donne, spesso trattati in modo romanzato, colpevolizzante per le vittime e al contrario comprensivo verso gli autori del crimine. 
L’apice è stato raggiunto con il titolo “Le lacrime di Renato”, dove Renato è un uomo che ha ucciso la moglie. Caso talmente eclatante da giustificare una segnalazione all’Ordine dei Giornalisti. 
Sono state poi mostrate altre immagini, in gran parte copertine di magazine, dove il corpo delle donne viene esibito senza che ci sia una vera motivazione ma solo per attrarre l’attenzione e vendere un maggior numero di copie. Come l’immagine di una donna in bikini succinto a corredo di un articolo sulla crisi greca, solo perché aveva sulla pelle il tatuaggio di una bandiera della Grecia. 
Per non parlare poi degli stereotipi culturali che, ha detto Manuelli, “pesano sul giornalismo e sono anch’essi alla base di una cultura che genera violenza contro le donne”.
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Maria Teresa Manuelli e Maria Luisa Villa

Per contrastare questi fenomeni sono molti i progetti portati avanti dall’associazione, che oggi conta un migliaio di associate. Tra questi, corsi nelle Università e nelle scuole, formazione per i giornalisti, rappresentazioni teatrali, attività di contrasto all’odio contro le giornaliste, la redazione del Manifesto di Venezia per un corretto racconto della violenza di genere e del manuale “Donne, grammatica e media” in collaborazione con l’Accademia della Crusca. 
L’uso corretto del linguaggio con l’utilizzo del genere grammaticale femminile costituisce ancora una barriera importante, soprattutto per le professioni ad alta qualificazione e per i ruoli apicali.
“Sono entrata al Corriere come redattrice e sono uscita come capo-redattore” ha esemplificato Maria Luisa Villa, giornalista professionista con trent’anni di carriera alle spalle. 
Villa ha poi raccontato un’altra attività di GiULiA che è la Rassegna di genere. 
Una volta al mese vengono esaminati 15 giornali di diverse tendenze per calcolare la presenza di firme femminili: in prima pagina, che notoriamente ospita gli articoli di maggior rilievo, la percentuale si aggira intorno al 23%.  E nonostante oggi si vedano sul teleschermo tante giornaliste corrispondenti di guerra o dall’estero, sui quotidiani le donne sono in gran parte relegate nelle ultime pagine, dove si trattano temi sociali o di cultura e intrattenimento. 
Pochissime anche le esponenti femminili intervistate, pari a circa il 22%.
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Quest’ultimo dato è ciò che ha spinto a creare la piattaforma 100esperte.it inaugurata nel 2016 dall’Osservatorio di Pavia, sostenuta dalla Commissione europea e sviluppata grazie alla Fondazione Bracco. Si tratta di un database inizialmente realizzato con i nomi e i curricula di esperte nei settori raggruppati sotto l’acronimo Stem (Science, Technology, Engineering, Mathematics) in cui solitamente le donne sono sottorappresentate. Nel tempo sono stati aggiunti i nomi e i curricula di esperte in altri settori quali Economia e Finanza, Politica internazionale, Storia e Filosofia. 
Ora si sta lavorando ad allargare il campo allo Sport, a partire dalla considerazione dello scarsissimo spazio dedicato alle atlete e alla prevalente importanza data al loro aspetto fisico in senso estetico piuttosto che all’abilità e alle competenze tecniche dimostrate. 
“Qualcosa sta cambiando, ma ancora troppo lentamente”, ha sottolineato Maria Luisa Villa, citando come esempi positivi per il mondo del giornalismo i quotidiani La Stampa e Il Sole 24 Ore dove è stata inserita una nuova figura, quella del diversity editor, che deve garantire un’equa rappresentanza di entrambi i generi.
“E pensare”, ha aggiunto con rammarico, che gli economisti hanno valutato un aumento del 2% del Pil mondiale qualora le donne fossero più e meglio presenti nel mondo del lavoro. Ma si tratta anche di mancanza di democrazia e di uno spreco di talenti, oltre al fatto che le giovani hanno pochi modelli a cui potersi ispirare”.
A.Vi.
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