Church Pocket/85 Raffaele: l’angelo che guarisce le ferite
Oggi tanti promettono guarigioni facili: benessere immediato, tecniche spirituali, scorciatoie per non soffrire, pillole per dimagrire. Non è un fenomeno nuovo: basti pensare al successo di Vanna Marchi, costruito sulla promessa illusoria di dimagrire in fretta, senza fatica e senza impegno. È sempre la stessa logica: vendere soluzioni rapide a problemi profondi, confondere la salute con l’assenza di dolore, e la guarigione con un anestetico che fa dimenticare per un po’ la ferita. La Bibbia ci propone un’altra immagine: l’arcangelo Raffaele, il cui nome significa “Dio guarisce”. Lo incontriamo nel libro di Tobia. In apparenza è un giovane viandante, che si offre come compagno di strada al giovane Tobia. In realtà è un angelo mandato da Dio con una missione precisa: guarire e liberare. Guarire la cecità di Tobia padre, che non vede più la luce; liberare Sara, prigioniera di un male che le aveva tolto la pace e la speranza. Due storie che si intrecciano, due ferite che nessuna medicina umana riusciva a sanare. Dal punto di vista teologico, Raffaele è segno che Dio non abbandona mai l’uomo al suo dolore. È la manifestazione che la guarigione vera viene da Dio: una guarigione che non riguarda solo il corpo, ma tocca l’anima, le relazioni, la vita intera.

Qui il contrasto con i falsi rimedi: Satana si maschera da guaritore, ma non sana nulla: promette libertà e lascia schiavi, offre sollievo e lascia vuoti. Quante volte i “falsi guaritori” di oggi illudono: un benessere che dura una stagione, una parola dolce che non cura in profondità, un anestetico che copre il dolore senza risolverlo. Raffaele, invece, è l’angelo che porta la vera guarigione di Dio: non elimina la fatica della vita, ma dentro quella fatica apre un cammino nuovo. Raffaele, nel libro di Tobia, lo accompagna, lo guida, lo protegge, ma soprattutto ricorda che la guarigione è anche dono di Dio. Non è fuga, ma ricostruzione, frutto di un incontro di due volontà. Non è illusione, ma salvezza. Non è abbaglio, ma luce che ridona speranza.
Siamo convinti – e la fede nella Parola di Dio ce lo conferma – che Raffaele, visitatore, amico e compagno di strada, ascolta il grido rivolto a Dio da parte di coloro che sono nella difficoltà di vivere un’esistenza fedele alla legge divina e alla pratica religiosa. Egli insegna l’amore verso Dio e verso il prossimo nella pratica della giustizia, dell’elemosina, dell’amicizia e della fratellanza. Con l’avvento di Cristo sulla terra sappiamo che Gesù resta l’unico mediatore tra Dio e l’uomo, perché è il Salvatore venuto nel mondo per dare la vita e darla in abbondanza (Gv 10,10). Ma dobbiamo anche constatare che già nell’Antico Testamento Dio rivela la sua sollecitudine per l’uomo sofferente servendosi degli angeli, e in particolare di san Raffaele, come già aveva fatto con i tre uomini che si presentarono al patriarca Abramo.
E allora la domanda per noi è semplice: cerchiamo anestetici o guarigioni? Perché non tutto ciò che consola guarisce davvero. Non tutto ciò che fa sentire meglio salva in profondità. Solo la grazia di Dio, accolta nella fede e custodita nella vita sacramentale, guarisce il cuore, ricompone ciò che era spezzato, ridona la vista a chi era cieco. Raffaele lo annuncia con il suo nome stesso. Non con inganni, non con magie, ma con la forza della sua misericordia. E in ogni ferita della nostra vita, se sappiamo affidarci a Lui, anche oggi quell’annuncio diventa reale: la vera guarigione non è dimenticare il dolore, ma lasciarlo trasformare dall’amore di Dio.

Qui il contrasto con i falsi rimedi: Satana si maschera da guaritore, ma non sana nulla: promette libertà e lascia schiavi, offre sollievo e lascia vuoti. Quante volte i “falsi guaritori” di oggi illudono: un benessere che dura una stagione, una parola dolce che non cura in profondità, un anestetico che copre il dolore senza risolverlo. Raffaele, invece, è l’angelo che porta la vera guarigione di Dio: non elimina la fatica della vita, ma dentro quella fatica apre un cammino nuovo. Raffaele, nel libro di Tobia, lo accompagna, lo guida, lo protegge, ma soprattutto ricorda che la guarigione è anche dono di Dio. Non è fuga, ma ricostruzione, frutto di un incontro di due volontà. Non è illusione, ma salvezza. Non è abbaglio, ma luce che ridona speranza.
Siamo convinti – e la fede nella Parola di Dio ce lo conferma – che Raffaele, visitatore, amico e compagno di strada, ascolta il grido rivolto a Dio da parte di coloro che sono nella difficoltà di vivere un’esistenza fedele alla legge divina e alla pratica religiosa. Egli insegna l’amore verso Dio e verso il prossimo nella pratica della giustizia, dell’elemosina, dell’amicizia e della fratellanza. Con l’avvento di Cristo sulla terra sappiamo che Gesù resta l’unico mediatore tra Dio e l’uomo, perché è il Salvatore venuto nel mondo per dare la vita e darla in abbondanza (Gv 10,10). Ma dobbiamo anche constatare che già nell’Antico Testamento Dio rivela la sua sollecitudine per l’uomo sofferente servendosi degli angeli, e in particolare di san Raffaele, come già aveva fatto con i tre uomini che si presentarono al patriarca Abramo.
E allora la domanda per noi è semplice: cerchiamo anestetici o guarigioni? Perché non tutto ciò che consola guarisce davvero. Non tutto ciò che fa sentire meglio salva in profondità. Solo la grazia di Dio, accolta nella fede e custodita nella vita sacramentale, guarisce il cuore, ricompone ciò che era spezzato, ridona la vista a chi era cieco. Raffaele lo annuncia con il suo nome stesso. Non con inganni, non con magie, ma con la forza della sua misericordia. E in ogni ferita della nostra vita, se sappiamo affidarci a Lui, anche oggi quell’annuncio diventa reale: la vera guarigione non è dimenticare il dolore, ma lasciarlo trasformare dall’amore di Dio.
Rubrica a cura di Pietro Santoro























