Dal "Festival della Fede" alle terre dilaniate dalla guerra
Sabato 11 ottobre il programma del Festival della Fede Kenbe Fem a Lomagna ha consentito di viaggiare virtualmente in uno dei luoghi dove la speranza sembra effettivamente difficile da cogliere: Gaza.
La tavola rotonda, guidata dalle domande di Don Andrea Restelli, ha consentito ai presenti di avere uno spaccato forte e lucido di una realtà che ci sembra di conoscere dalle immagini che quotidianamente vediamo, ma che diviene ancor più familiare e vicina se raccontata dagli occhi che l'hanno vista davvero e se si approfondisce anche negli aspetti di assistenza sanitaria pediatrica. Quale speranza è possibile scorgere dentro tanta sofferenza?
Gennaro Giudetti e Aldo Velardi hanno portato con forza ed energia la loro esperienza.
Gennaro Giudetti, operatore umanitario di 35 anni impegnato nel gruppo "Operazione Colomba", ha conosciuto nei suoi 15 anni di impegno tanti luoghi di violenza e guerra, portando vicinanza concreta con la sua presenza, ascoltando. Il suo libro "Con loro, come loro" da' voce alle persone incontrate, alle storie difficili, alla capacità di resistenza e resilienza di esseri umani in condizioni di violenza e povertà impensabili. Gennaro è stato anche ad Haiti, proprio prima di partire per Gaza, di cui è tra i pochi testimoni oculari.
Gennaro ha partecipato negli ultimi giorni a numerose trasmissioni: rientrato in Italia da Gaza da poco, espulso e con il divieto di rientrare nella striscia perché "raccontavo", dice, è stato invitato il giorno successivo a portare la sua testimonianza all'arrivo della Marcia Perugia Assisi, ma ha voluto essere comunque presente a Lomagna per l'occasione.
L'operatore umanitario ha descritto quanto ha visto a Gaza: non è un giornalista, ma la sua capacità di racconto è quella di chi sente l'urgenza di portare le voci di chi non avrebbe modo di farsi sentire.
" La Speranza" dice "è chi è qui", ricordando che il cambiamento passa attraverso ognuno di noi e attraverso l'Italia."Non si può restare spettatori".
Giudetti ricorda ai presenti che ciò che viene mostrato è solo piccola parte di Gaza. Ha vissuto in molte altre realtà faticose, ma un anno di Gaza lo ha colpito profondamente: "Gaza è un'altra cosa.
Il grado di violenza e distruzione è troppo, davvero too much". Ha visto uccidere alcuni colleghi, bombardare i servizi essenziali, l'acquedotto, gli ospedali, le zone di rispetto umanitario. Lui stesso ha rischiato la propria incolumità quando la sua abitazione è stata bombardata.
Gaza è stata rasa al suolo per renderla invivibile.
A questa distruzione, si è collegato il controllo da parte di Israele dei beni necessari a vivere, non solo dopo il 7 ottobre 2023.
Inspiegabilmente ai gazawi non è stato consentito di ricevere cibo (persino il latte in polvere), farmaci (anche se destinati all'oncologia infantile), incubatrici, ventilatori per la respirazione, protesi. In altri paesi la povertà o le carestie portano alla fame e alla malnutrizione: Gaza presenta il livello massimo di fame indotta da un altro paese, con un tasso di malnutrizione davvero elevato.
Anche prima del 7 ottobre 2023, Israele controllava tutto ciò che entrava in Gaza: anche il cemento per costruire gli edifici. Gaza, infatti, poteva svilupparsi, ma non troppo. Ora esiste e resiste ben poco di strutturale.
Giudetti prosegue incalzante nell'analisi, riflettendo sul fatto che per garantire cibo necessario per 2 milioni di persone servirebbero centinaia di camion di generi di prima necessita e non solo qualche camion, giusto per mostrare qualche azione di supporto. Gli scarsi aiuti lasciati entrare nel paese, causano il verificarsi di assalti. Un sacco di farina arriva a costare 1000 dollari. Se gli approvvigionamenti di alimenti fossero adeguati, non ci sarebbero assalti e prezzi esorbitanti.
A Gaza si vive nelle tende: la città è divisa in griglie/settori, da cui le persone sono costrette a spostarsi continuamente per evitare le aree di bombardamento. In verità non c'è alcun luogo sicuro!
"Non muore solo la gente di Gaza, ma il diritto internazionale, con l'occidente che ha chiuso gli occhi per interesse verso il partner commerciale Israele", afferma deciso Gennaro, che.racconta della indissolubile forza di resistenza nel rimanere nella loro terra dei gazawi, nonostante tutto. Questa forza è speranza che nn si spegne, nonostante il fatto che da dieci anni venga tolto tutto. Ora le mancanze sono inimmaginabile: come si vive con un solobagno (scavato nella terra, visto che l'acquedotto e la rete fognaria sono distrutte) in cento persone? Tuttavia, il popolo di Gaza non si arrende alla fuga.

In merito agli accordi di pace Gennaro ricorda con decisione che la pace senza giustizia, non è pace. Chi ha sbagliato dovrà pagare. "Hamas pagherà, ma Israele?". L'operatore introduce il concetto di doppiopesismo della storia: nei confronti della Russia sono state previste numerose sanzioni, verso Israele nessuna,
così come non viene ipotizzata nessuna conseguenza per gli operatori umanitari uccisi. "Il diritto internazionale deve essere la bussola, altrimenti proseguiamo nell'impunita', un un circolo di azioni senza accountability", in cui ci si abitua al fatto che anche un ospedale venga bombardato.
"Con la scusa che Hamas si nasconde in un luogo o in un altro, si prendono il diritto di distruggere tutto".
Giudetti afferma con convinzione che le azioni compiute siano crimini di guerra perché "un bimbo di 4 anni con un proiettile sparato da un cecchino o un drone in testa rappresenta un odio che va oltre la guerra".
Gennaro è stato espulso da Israele in concomitanza della partenza della Fottilla: non lo ha fatto sapere per non sovrapporsi a questa iniziativa, che si è alimentata con un movimento popolare dal basso, che ha funzionato per smuovere le coscienze.
Però Gennaro si interroga su perché solo quando le ingiustizie o il pericolo coinvolge persone vicine, ci smuova. "Non siamo tutti della stessa umanità?"
Diventa quindi importante continuare a parlarne.
Quale speranza è ancora possibile per il testimone Gennaro?
Diventare ed essere operatore umanitario ha riacceso in lui la speranza e il senso della sua vita: essere lo speaker, la voce che fa parlare le persone incontrate attraverso di lui; ai protagonisti dei fatti narrati tornano anche i proventi del suo libro.
"La speranza la trovo nelle persone che incontro". Ricorda un uomo incontrato in
Colombia: nonostante gli 11 familiari uccisi e (letteralmente) fatti a pezzi, lui continuava a parlare di pace e della possibilità di creare relazioni con il proprio nemico. "Non è un concetto di pace teorica."
Gennaro ricorda che a sostegno dell'operazione Colomba sia possibile adottare un operatore umanitario per consentirne la attività ("adotta una colomba").
Gennaro ha ricevuto il Premio "Kenbe Fem".
Aldo Velardi, cittadino Lomagnese, svolge la sua attività professionale per realizzare il crowdfunding della Fondazione Soleterre, un'Organizzazione umanitaria che nasce 22 anni fa per garantire e tutelare la salute, nella sua valenza complessiva di benessere fisico e psicologico, in territori difficili, appunto nelle "terre sole". La fondazione opera al momento in sette Nazioni, tra cui Italia, Cisgiordania, Palestina e, più recentemente, Gaza.
Aldo descrive, anche con l'ausilio di video documenti tristemente esaustivi (tratti da Piazza Pulita e Tg2), le condizioni in cui opera la Fondazione. Sembra impossibile, dove gli ospedali sono rasi al suolo e privati del necessario indispensabile per curare e poter gestire situazioni critiche, come i parti prematuri a causa di scarsa alimentazione o le svariate forme di malnutrizione o le persone amputate, anche a causa delle esplosioni.
Ecco allora il senso e l'utilità di fornire sostegno agli ospedali in luoghi particolarmente fragili. "Colpire un ospedale è un crimine contro l'umanità".
A Gaza il 60% della popolazione si trova in una situazione di malnutrizione. Qualsiasi cura non può prescindere dalla cura alimentare
La fondazione Soleterre si occupa principalmente di portare supporto psicologico, con un attenzione particolare ai malati oncologici. Intervenire in questi luoghi significa portare medicine, ma anche curare ii traumi di guerra. Aldo invita a pensare a cosa significhi e a quanto sia complesso curare un tumore pediatrico, quando il minore e la sua famiglia hanno già vissuto tantissimi lutti e perdite e quando risulta impegnativo anche raggiungere materialmente le cure, perchè l'ospedale può essere distante e la strada pericolosa per la presenza di check point e di numerosi rischi. Ma l'aspetto più sfidante dal punto di vista psicologico è proprio rifondare il senso di curarsi in presenza di doppie o molteplici privazioni e traumi: "che senso ha curarmi, se fuori c'è la guerra?"
L'attività della Fondazione Soleterre, guidata dal Presidente Damiano Rizzi, è cambiata nel tempo, essendo recente l'intervento nelle emergenze. La cura del cancro in povertà ha caratteristiche differenti dal curare mente e anima dove e quando tutto crolla. "È doveroso far sì che le persone si sentano guardate e viste"!
Aldo sottolinea come la speranza nn possa essere "fatta a fette" e che quindi resiste. L'ha incontrata nel 2003 in Kosovo e nel 2023 in Ucraina negli occhi delle persone incontrate. "La parte difficile è tornare. Restano gli occhi incontrati."
Aldo mostra un video documento sulla Cisgiordania a testimonianza di come anche in contesti di conflitto si possa continuare costruire.
Soleterre opera dove la guerra si somma al tumore pediatrico. Anche solo una delle due esperienze sarebbe sufficiente a mettere alla prova ogni persona e famiglia.
La fondazione prova a compensare con i suoi progetti, finanziati da privati, la mancanza di pace e di salute, svolgendo un doppio lavoro di speranza sia per i bambini, che per il supporto genitoriale.
"Salute e giustizia sociale" è il claim della Fondazione.

Don Andrea accende il ricordo di un incontro personale con alcuni profughi siriani a Villasanta: due uomini e due donne, quattro siriani in fuga dalla guerra e di cui ricorda il terrore negli occhi, anche se intensi, e le azioni di prima accoglienza e ospitalità compiute. A causa di un imprevisto dell'ultimo momento il tavolo di dialogo pomeridiano non ha potuto ospitare un volontario del progetto "Olio per Olio", nato durante guerra civile per portare il condimento alle famiglie di Aleppo. Ora il progetto prosegue per sostenere le famiglie cristiane di Aleppo e la sua Parrocchia, con fra Bahjat in testa al lavoro di fornitura di quanto necessario per la popolazione. Fra' Bahjat è volto noto ai lomagnesi per aver svolto periodi di supporto pastorale: da quel momento è stato mantenuto un legame importante di aggiornamento e supporto con il paese. Don Andrea coglie l'occasione per accennare che l'iniziale speranza che il cambio di governo siriano portasse ad un significativo miglioramento, sia ad oggi piuttosto ridimensionata e per ricordare che proprio il 7 ottobre di quest'anno ad Aleppo si è acceso un conflitto tra esercito siriano e milizie curde, segno che, anche in questo caso, la strada verso pace e democrazia siano ancor lontane dal concretizzarsi. Il prossimo week end sarà possibile contribuire al progetto acquistando una bottiglia di "olio per olio" al termine delle messe.
Monsignor Paolo Martinelli, vicario apostolico e vescovo nella penisola arabica meridionale, ha salutato la tavola rotonda, rinviando la sua testimonianza alla celebrazione e predicazione della S. Messa delle ore 18, concelebrata da Don Andrea e da Padre Giuseppe Dell'orto.
Monsignor Martinelli è stato nominato per tale incarico da Papa Francesco e confermato da Papa Leone XIV.
Partendo dalla citazione biblica di Isaia, in cui il Signore annuncia: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria», Monsignor Martinelli racconta la sua esperienza di Vescovo dei "migranti" nelle Nazioni degli Stati Arabi Uniti, Yemen e Oman.
I Cristiani di quel territorio sono praticamente tutti stranieri e giungono in territorio arabo per lavoro da diversi parti del mondo anche dall'Italia. L'essere cristiani in un territorio di prevalente religione musulmana genera un senso di unità che supera le appartenenze d'origine.
I credenti partecipano quotidianamente alla funzione religiosa e sentono nella fede una forza rinnovata e vitale. Racconta anche dell'esperienza dell'Abrahamic Family House, un centro interreligioso ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, che ospita una chiesa, una sinagoga e una moschea accanto l'una all'altra. Questo complesso simboleggia l'unione delle tre religioni abramitiche e la possibilità di un reciproco rispetto e riconoscimento tra le persone.
Lo sguardo benevolo e tenace di Monsignor Martinelli ha accompagnato la celebrazione e restituito la speranza di una pace e di una unità possibile, oltre i confini territoriali, di lingua e di appartenenza.
Gli eventi del Festival Kenbe Fem sono poi proseguiti con una cena in oratorio. Il cibo egregiamente preparato da volontari dell'oratorio e del GSO, è stato accompagnato dalla possibilità di gustare la "Prison Beer" e conoscerne l'origine. La "Prison Beer" è, infatti, una birra sociale, prodotta dalla cooperativa La Valle di Ezechiele per offrire un'opportunità di lavoro e un futuro a persone in esecuzione penale.
Un'altra azione di solidarietà e attenzione alle fragilità che fa divenire davvero concreta la sentita memoria di quanto agito da Piccola Sorella Luisa Dell'orto: il Bene della sua opera e del suo esempio prosegue, si diffonde, si moltiplica.
La tavola rotonda, guidata dalle domande di Don Andrea Restelli, ha consentito ai presenti di avere uno spaccato forte e lucido di una realtà che ci sembra di conoscere dalle immagini che quotidianamente vediamo, ma che diviene ancor più familiare e vicina se raccontata dagli occhi che l'hanno vista davvero e se si approfondisce anche negli aspetti di assistenza sanitaria pediatrica. Quale speranza è possibile scorgere dentro tanta sofferenza?

Gennaro Giudetti, operatore umanitario di 35 anni impegnato nel gruppo "Operazione Colomba", ha conosciuto nei suoi 15 anni di impegno tanti luoghi di violenza e guerra, portando vicinanza concreta con la sua presenza, ascoltando. Il suo libro "Con loro, come loro" da' voce alle persone incontrate, alle storie difficili, alla capacità di resistenza e resilienza di esseri umani in condizioni di violenza e povertà impensabili. Gennaro è stato anche ad Haiti, proprio prima di partire per Gaza, di cui è tra i pochi testimoni oculari.
Gennaro ha partecipato negli ultimi giorni a numerose trasmissioni: rientrato in Italia da Gaza da poco, espulso e con il divieto di rientrare nella striscia perché "raccontavo", dice, è stato invitato il giorno successivo a portare la sua testimonianza all'arrivo della Marcia Perugia Assisi, ma ha voluto essere comunque presente a Lomagna per l'occasione.
L'operatore umanitario ha descritto quanto ha visto a Gaza: non è un giornalista, ma la sua capacità di racconto è quella di chi sente l'urgenza di portare le voci di chi non avrebbe modo di farsi sentire.
" La Speranza" dice "è chi è qui", ricordando che il cambiamento passa attraverso ognuno di noi e attraverso l'Italia."Non si può restare spettatori".
Giudetti ricorda ai presenti che ciò che viene mostrato è solo piccola parte di Gaza. Ha vissuto in molte altre realtà faticose, ma un anno di Gaza lo ha colpito profondamente: "Gaza è un'altra cosa.
Il grado di violenza e distruzione è troppo, davvero too much". Ha visto uccidere alcuni colleghi, bombardare i servizi essenziali, l'acquedotto, gli ospedali, le zone di rispetto umanitario. Lui stesso ha rischiato la propria incolumità quando la sua abitazione è stata bombardata.
Gaza è stata rasa al suolo per renderla invivibile.
A questa distruzione, si è collegato il controllo da parte di Israele dei beni necessari a vivere, non solo dopo il 7 ottobre 2023.
Inspiegabilmente ai gazawi non è stato consentito di ricevere cibo (persino il latte in polvere), farmaci (anche se destinati all'oncologia infantile), incubatrici, ventilatori per la respirazione, protesi. In altri paesi la povertà o le carestie portano alla fame e alla malnutrizione: Gaza presenta il livello massimo di fame indotta da un altro paese, con un tasso di malnutrizione davvero elevato.
Anche prima del 7 ottobre 2023, Israele controllava tutto ciò che entrava in Gaza: anche il cemento per costruire gli edifici. Gaza, infatti, poteva svilupparsi, ma non troppo. Ora esiste e resiste ben poco di strutturale.
Giudetti prosegue incalzante nell'analisi, riflettendo sul fatto che per garantire cibo necessario per 2 milioni di persone servirebbero centinaia di camion di generi di prima necessita e non solo qualche camion, giusto per mostrare qualche azione di supporto. Gli scarsi aiuti lasciati entrare nel paese, causano il verificarsi di assalti. Un sacco di farina arriva a costare 1000 dollari. Se gli approvvigionamenti di alimenti fossero adeguati, non ci sarebbero assalti e prezzi esorbitanti.
A Gaza si vive nelle tende: la città è divisa in griglie/settori, da cui le persone sono costrette a spostarsi continuamente per evitare le aree di bombardamento. In verità non c'è alcun luogo sicuro!
"Non muore solo la gente di Gaza, ma il diritto internazionale, con l'occidente che ha chiuso gli occhi per interesse verso il partner commerciale Israele", afferma deciso Gennaro, che.racconta della indissolubile forza di resistenza nel rimanere nella loro terra dei gazawi, nonostante tutto. Questa forza è speranza che nn si spegne, nonostante il fatto che da dieci anni venga tolto tutto. Ora le mancanze sono inimmaginabile: come si vive con un solobagno (scavato nella terra, visto che l'acquedotto e la rete fognaria sono distrutte) in cento persone? Tuttavia, il popolo di Gaza non si arrende alla fuga.

In merito agli accordi di pace Gennaro ricorda con decisione che la pace senza giustizia, non è pace. Chi ha sbagliato dovrà pagare. "Hamas pagherà, ma Israele?". L'operatore introduce il concetto di doppiopesismo della storia: nei confronti della Russia sono state previste numerose sanzioni, verso Israele nessuna,
così come non viene ipotizzata nessuna conseguenza per gli operatori umanitari uccisi. "Il diritto internazionale deve essere la bussola, altrimenti proseguiamo nell'impunita', un un circolo di azioni senza accountability", in cui ci si abitua al fatto che anche un ospedale venga bombardato.
"Con la scusa che Hamas si nasconde in un luogo o in un altro, si prendono il diritto di distruggere tutto".
Giudetti afferma con convinzione che le azioni compiute siano crimini di guerra perché "un bimbo di 4 anni con un proiettile sparato da un cecchino o un drone in testa rappresenta un odio che va oltre la guerra".
Gennaro è stato espulso da Israele in concomitanza della partenza della Fottilla: non lo ha fatto sapere per non sovrapporsi a questa iniziativa, che si è alimentata con un movimento popolare dal basso, che ha funzionato per smuovere le coscienze.
Però Gennaro si interroga su perché solo quando le ingiustizie o il pericolo coinvolge persone vicine, ci smuova. "Non siamo tutti della stessa umanità?"
Diventa quindi importante continuare a parlarne.
Quale speranza è ancora possibile per il testimone Gennaro?
Diventare ed essere operatore umanitario ha riacceso in lui la speranza e il senso della sua vita: essere lo speaker, la voce che fa parlare le persone incontrate attraverso di lui; ai protagonisti dei fatti narrati tornano anche i proventi del suo libro.
"La speranza la trovo nelle persone che incontro". Ricorda un uomo incontrato in
Colombia: nonostante gli 11 familiari uccisi e (letteralmente) fatti a pezzi, lui continuava a parlare di pace e della possibilità di creare relazioni con il proprio nemico. "Non è un concetto di pace teorica."
Gennaro ricorda che a sostegno dell'operazione Colomba sia possibile adottare un operatore umanitario per consentirne la attività ("adotta una colomba").
Gennaro ha ricevuto il Premio "Kenbe Fem".
Aldo Velardi, cittadino Lomagnese, svolge la sua attività professionale per realizzare il crowdfunding della Fondazione Soleterre, un'Organizzazione umanitaria che nasce 22 anni fa per garantire e tutelare la salute, nella sua valenza complessiva di benessere fisico e psicologico, in territori difficili, appunto nelle "terre sole". La fondazione opera al momento in sette Nazioni, tra cui Italia, Cisgiordania, Palestina e, più recentemente, Gaza.
Aldo descrive, anche con l'ausilio di video documenti tristemente esaustivi (tratti da Piazza Pulita e Tg2), le condizioni in cui opera la Fondazione. Sembra impossibile, dove gli ospedali sono rasi al suolo e privati del necessario indispensabile per curare e poter gestire situazioni critiche, come i parti prematuri a causa di scarsa alimentazione o le svariate forme di malnutrizione o le persone amputate, anche a causa delle esplosioni.
Ecco allora il senso e l'utilità di fornire sostegno agli ospedali in luoghi particolarmente fragili. "Colpire un ospedale è un crimine contro l'umanità".
A Gaza il 60% della popolazione si trova in una situazione di malnutrizione. Qualsiasi cura non può prescindere dalla cura alimentare
La fondazione Soleterre si occupa principalmente di portare supporto psicologico, con un attenzione particolare ai malati oncologici. Intervenire in questi luoghi significa portare medicine, ma anche curare ii traumi di guerra. Aldo invita a pensare a cosa significhi e a quanto sia complesso curare un tumore pediatrico, quando il minore e la sua famiglia hanno già vissuto tantissimi lutti e perdite e quando risulta impegnativo anche raggiungere materialmente le cure, perchè l'ospedale può essere distante e la strada pericolosa per la presenza di check point e di numerosi rischi. Ma l'aspetto più sfidante dal punto di vista psicologico è proprio rifondare il senso di curarsi in presenza di doppie o molteplici privazioni e traumi: "che senso ha curarmi, se fuori c'è la guerra?"
L'attività della Fondazione Soleterre, guidata dal Presidente Damiano Rizzi, è cambiata nel tempo, essendo recente l'intervento nelle emergenze. La cura del cancro in povertà ha caratteristiche differenti dal curare mente e anima dove e quando tutto crolla. "È doveroso far sì che le persone si sentano guardate e viste"!
Aldo sottolinea come la speranza nn possa essere "fatta a fette" e che quindi resiste. L'ha incontrata nel 2003 in Kosovo e nel 2023 in Ucraina negli occhi delle persone incontrate. "La parte difficile è tornare. Restano gli occhi incontrati."
Aldo mostra un video documento sulla Cisgiordania a testimonianza di come anche in contesti di conflitto si possa continuare costruire.
Soleterre opera dove la guerra si somma al tumore pediatrico. Anche solo una delle due esperienze sarebbe sufficiente a mettere alla prova ogni persona e famiglia.
La fondazione prova a compensare con i suoi progetti, finanziati da privati, la mancanza di pace e di salute, svolgendo un doppio lavoro di speranza sia per i bambini, che per il supporto genitoriale.
"Salute e giustizia sociale" è il claim della Fondazione.

Don Andrea accende il ricordo di un incontro personale con alcuni profughi siriani a Villasanta: due uomini e due donne, quattro siriani in fuga dalla guerra e di cui ricorda il terrore negli occhi, anche se intensi, e le azioni di prima accoglienza e ospitalità compiute. A causa di un imprevisto dell'ultimo momento il tavolo di dialogo pomeridiano non ha potuto ospitare un volontario del progetto "Olio per Olio", nato durante guerra civile per portare il condimento alle famiglie di Aleppo. Ora il progetto prosegue per sostenere le famiglie cristiane di Aleppo e la sua Parrocchia, con fra Bahjat in testa al lavoro di fornitura di quanto necessario per la popolazione. Fra' Bahjat è volto noto ai lomagnesi per aver svolto periodi di supporto pastorale: da quel momento è stato mantenuto un legame importante di aggiornamento e supporto con il paese. Don Andrea coglie l'occasione per accennare che l'iniziale speranza che il cambio di governo siriano portasse ad un significativo miglioramento, sia ad oggi piuttosto ridimensionata e per ricordare che proprio il 7 ottobre di quest'anno ad Aleppo si è acceso un conflitto tra esercito siriano e milizie curde, segno che, anche in questo caso, la strada verso pace e democrazia siano ancor lontane dal concretizzarsi. Il prossimo week end sarà possibile contribuire al progetto acquistando una bottiglia di "olio per olio" al termine delle messe.
Monsignor Paolo Martinelli, vicario apostolico e vescovo nella penisola arabica meridionale, ha salutato la tavola rotonda, rinviando la sua testimonianza alla celebrazione e predicazione della S. Messa delle ore 18, concelebrata da Don Andrea e da Padre Giuseppe Dell'orto.
Monsignor Martinelli è stato nominato per tale incarico da Papa Francesco e confermato da Papa Leone XIV.
Partendo dalla citazione biblica di Isaia, in cui il Signore annuncia: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria», Monsignor Martinelli racconta la sua esperienza di Vescovo dei "migranti" nelle Nazioni degli Stati Arabi Uniti, Yemen e Oman.
I Cristiani di quel territorio sono praticamente tutti stranieri e giungono in territorio arabo per lavoro da diversi parti del mondo anche dall'Italia. L'essere cristiani in un territorio di prevalente religione musulmana genera un senso di unità che supera le appartenenze d'origine.
I credenti partecipano quotidianamente alla funzione religiosa e sentono nella fede una forza rinnovata e vitale. Racconta anche dell'esperienza dell'Abrahamic Family House, un centro interreligioso ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, che ospita una chiesa, una sinagoga e una moschea accanto l'una all'altra. Questo complesso simboleggia l'unione delle tre religioni abramitiche e la possibilità di un reciproco rispetto e riconoscimento tra le persone.
Lo sguardo benevolo e tenace di Monsignor Martinelli ha accompagnato la celebrazione e restituito la speranza di una pace e di una unità possibile, oltre i confini territoriali, di lingua e di appartenenza.
Gli eventi del Festival Kenbe Fem sono poi proseguiti con una cena in oratorio. Il cibo egregiamente preparato da volontari dell'oratorio e del GSO, è stato accompagnato dalla possibilità di gustare la "Prison Beer" e conoscerne l'origine. La "Prison Beer" è, infatti, una birra sociale, prodotta dalla cooperativa La Valle di Ezechiele per offrire un'opportunità di lavoro e un futuro a persone in esecuzione penale.
Un'altra azione di solidarietà e attenzione alle fragilità che fa divenire davvero concreta la sentita memoria di quanto agito da Piccola Sorella Luisa Dell'orto: il Bene della sua opera e del suo esempio prosegue, si diffonde, si moltiplica.























