Lomagna: storie di speranza nello sport con Paolo Bruni

In occasione del "Festival della Fede Kenbe Fèm" in memoria di suor Luisa Dell'Orto, nella mattinata di sabato 11 ottobre i bambini della comunità parrocchiale di Lomagna sono stati invitati nella sala della Comunità dell'oratorio per ascoltare un testimone di speranza del mondo dello sport.
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 Don Andrea Restelli e Paolo Bruni con i bambini della parrocchia

Un incontro per mostrare, nel ricordo di Luisa, come tanti uomini e donne nonostante i limiti fisici e sociali che la vita impone, hanno cercato di vivere con forza e speranza. Paolo Bruni, mental coach degli atleti delle delegazioni italiane nelle gare e campionati del mondo, tra le quali le olimpiadi e paralimpiadi ha raccontato di campioni conosciuti grazie alla sua professione, che hanno reso il loro limite un'occasione, scoprendo un talento che ha portato grandi soddisfazioni.
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Un esempio è il campione di nuoto paralimpico Simone Barlaam. Un ragazzo, che pur essendo nato con una malformazione alla gamba è riuscito a conquistare quattro ori paralimpici, ad essere proclamato ventitré volte campione del mondo e dodici volte campione europeo e a essere primatista mondiale in 6 categorie, meriti che lo hanno portato ad essere considerato uno dei migliori atleti paralimpici della storia dello sport italiano. Bruni ha iniziato a seguire il giovane all'età di 17 anni, con l'esordio nella nazionale, assistendolo nel suo impegno quotidiano. Barlaam sta studiando ingegneria in università, si sveglia all'alba ogni mattina e rimane sveglio ogni sera per allenarsi sei ore in piscina. “Le soddisfazioni non arrivano da sole, ciò che conta è lavorare sempre a prescindere dai risultati”.
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All'età di 16 anni, Filippo Carossino è stato investito su una strada pedonale, perdendo entrambe le gambe. Un incidente che ha paralizzato il ragazzo, che per molto tempo si è chiuso in un guscio di paura e tristezza. Lo zio, dopo aver scoperto in tv il basket in carrozzina, ha spinto il giovane a provarlo, per ritrovare la passione che prima della tragedia lui trovava nella pallanuoto. Inizialmente per Filippo non è stato facile, non aveva mai giocato a basket, ma con tanta perseveranza è riuscito a migliorare e a ritrovare la felicità grazie allo sport. In 9 anni Carossino ha vinto 7 scudetti, 2 coppe intercontinentali, 4 Champions league ed è diventato capitano della nazionale italiana , coltivando ogni giorno il suo talento e il suo sogno, affrontando a testa alta le difficoltà. “Io ho chiesto a Filippo se vorrebbe tornare alla sua vita prima dell'incidente” ha confessato Bruni “lui mi ha detto di no, perché è stato proprio il 'brutto' che ha reso la sua vita un capolavoro”.
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Bruni ha concluso rivolgendosi sia ai ragazzi che ai genitori, per sottolineare come nello sport sia più importante dare il massimo rispetto al risultato, dare il proprio meglio e coltivare una passione, perché spesso anche una vittoria non è immagine del talento e capacità di ognuno. Anche don Andrea ha raccontato la sua esperienza nel nuoto agonistico, che per una scelta di vita si è conclusa alla qualifica delle nazionali, anche se l'amore per la piscina è rimasto ancora oggi. “Quando ero piccolo il mio sogno era diventare il primo Papa a partecipare alle olimpiadi. Il sogno non si è realizzato, ma credo che lo sport, coniugato con altre attività e passioni, possa aiutare nel cammino di vita e di fede”.
Al termine dell'incontro i bambini hanno rivolto molte domande al mental coach, prima di scattare una foto con la medaglia olimpica conferita a Paolo Bruni per il suo continuo supporto verso gli atleti.
I.Bi.
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