Imbersago: De Luca scuote la Festa dell’Unità tra crisi del PD, guerre globali e partita campana

Tre giorni di dibattiti, ospiti di rilievo nazionale e internazionale, iniziative culturali e segni concreti di solidarietà con la popolazione palestinese hanno segnato la Festa dell’Unità del Meratese, rinata quest’anno a Imbersago nell’area polifunzionale di via Resegone. Dal collegamento con la Global Sumud Flotilla alla mostra Heart of Gaza con i disegni dei bambini della Striscia, fino al gran finale domenicale con europarlamentari e amministratori locali, la kermesse tenutasi da venerdì 26 a domenica 28 ottobre ed organizzata da PD Lecco e dai Giovani Democratici della provincia si è imposta come un laboratorio politico e civile.
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In questo contesto, la serata di sabato ha avuto il suo momento più intenso con l’intervento del presidente della Campania Vincenzo De Luca, accompagnato dalla giornalista Maria Teresa Meli. Un’ora di discorso serrato, capace di oscillare tra il racconto delle tragedie internazionali e una critica senza sconti al Partito Democratico, fino a difendere la sua esperienza di governo regionale. L’arrivo di De Luca, preceduto dall’europarlamentare Cecilia Strada, ha catalizzato la platea di amministratori e militanti lombardi, restituendo l’immagine di un dirigente che, al netto delle polemiche, resta una delle voci più ascoltate e divisive della politica italiana.
Il governatore campano ha aperto il suo intervento con una dichiarazione che è insieme metodo e monito: "La verità conta più delle bandiere". Non un proclama contro il partito, ha chiarito, ma la voce di un militante che ha consacrato la vita alla politica e che si sente in dovere di parlare come un padre ai propri figli. È partendo da questa premessa che De Luca ha scelto di legare l’analisi della scena internazionale alla crisi d’identità del Partito Democratico, costruendo un filo narrativo che, tra denunce e parabole, ha finito per toccare i punti più fragili della sinistra italiana.
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Sulle guerre che attraversano il mondo ha richiamato la memoria di Pietro Ingrao, esempio di una politica che era "vita e umanità", contrapposta all’imbarbarimento attuale. In Ucraina ha riconosciuto le colpe di Vladimir Putin, ma ha rovesciato lo sguardo sull’Occidente, giudicato "politicamente stupido" per aver spinto la NATO fino ai confini russi, ignorando la percezione di minaccia che Mosca poteva trarne. Ha inoltre rievocato l’episodio del 1962, quando Kennedy rispose con il blocco navale all’installazione di missili sovietici a Cuba, per dimostrare che ogni grande potenza considera la propria sicurezza un bene primario. Quel calcolo miope, secondo De Luca, ha avuto l’effetto di consegnare la Russia – "Europa anch’essa, terra di Dostoevskij e di umanesimo" – nelle braccia della Cina. E se il regime russo dovesse collassare, ha ammonito, il mondo conoscerebbe una catastrofe paragonabile a una "Libia moltiplicata per cento", fatta di fondamentalismi e terrorismo. In mancanza delle condizioni per una pace piena, l’unico obiettivo realistico diventa quindi un cessate il fuoco e una soluzione sul modello coreano.
Ancora più vibrante il passaggio su Gaza, dove De Luca ha descritto l’orrore come "il martirio di un popolo" e non come un conflitto tra due eserciti. Citando le cifre dei bambini uccisi, ha evocato le amputazioni senza anestesia nei campi sanitari e denunciato la "mistificazione" dei governi occidentali, compreso quello guidato da Giorgia Meloni, che avevano parlato di reazione "proporzionata" da parte di Israele. "Davanti a ventimila bambini morti ti devi fermare", ha scandito, chiedendo l’imposizione di sanzioni a Israele, l’interruzione delle forniture militari e il riconoscimento immediato dello Stato di Palestina. È su questo terreno, ha profetizzato, che si consumerà l’inizio del declino politico della premier, sempre più distante da un’opinione pubblica che, secondo lui, "per il novanta per cento non sopporta più questa violenza".
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Dalla geopolitica De Luca è tornato a guardare dentro il PD, mettendo a nudo quella che considera la radice della crisi del partito. Ha denunciato la persistenza di un ceto dirigente che, dopo aver condotto il partito nel 2022 ad una "sconfitta disastrosa", continua a governarlo come se nulla fosse, un’anomalia unica al mondo. Il Partito Democratico, ha detto, ha ereditato "il peggio del centralismo burocratico del PCI" unito al correntismo democristiano, perdendo al contempo il legame con la società reale. "La segretaria Elly Schlein lavora per costruire una coalizione ampia, ma senza un programma concreto non si può convincere l’elettorato". Mantenendo i toni accesi per cui tanto è conosciuto, De Luca ha bollato l’espressione "Campo largo" con i suoi più noti sfottò, definendola un'invenzione partorita nei salotti romani e incomprensibile per un cittadino comune, e ha indicato alcune delle mancanze significative del PD: il distacco dal mondo cattolico, regalato alla destra; l’approccio ideologico al tema del fine vita; l’incapacità di affrontare la "palude burocratica" che frena ogni investimento; la mancanza di una linea chiara sulla giustizia, dove – ha ribadito – nessun potere può essere privo di responsabilità, nemmeno la magistratura.
Quando il discorso si è spostato sul terreno campano, De Luca ha assunto i toni del rivendicazionismo politico, ricordando come la sua regione sia la seconda d’Italia per popolazione e come questa abbia espresso il presidente PD più votato del Paese, con il 70 per cento dei consensi. Ha elencato i risultati raggiunti, dal trasporto pubblico gratuito per studenti fino a 26 anni al rifiuto dei navigator legati al reddito di cittadinanza, fino alla gestione del Covid che – pur con risorse inferiori – ha registrato il tasso di mortalità più basso in Italia. Sul terzo mandato il Governatore ha parlato di "scandalo", denunciando l’atteggiamento del governo che ha impugnato la sua legge, bocciata poi dalla Corte costituzionale, mentre una norma identica in Piemonte è rimasta intatta. Non si trattava di una battaglia personale, ha chiarito, ma della necessità di completare dieci nuovi ospedali in fase di realizzazione.
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La conclusione è stata un atto di accusa contro il PD e, insieme, un appello alla sua rinascita. Definire il terzo mandato come concentrazione di potere è "una bestialità", ha detto, perché la valutazione spetta agli elettori che possono mandare a casa un presidente anche dopo un solo mandato. Ma ciò che più gli preme è la degenerazione di un partito che, invece di formare giovani liberi e coraggiosi, li educa a nascondere il pensiero e a diventare portaborse di corrente. "La politica non è solo pratica di governo", ha ammonito, "ma educazione alla libertà, alla solidarietà, al coraggio di fare battaglie". Senza questa trasmissione di valori, ha avvertito, nessuna coalizione, per quanto ampia, potrà mai davvero governare l’Italia.
M.Pen.
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