In tribunale Krzystof Jan Lewandowski, il polacco di 34 anni che ha investito e ucciso Giorgia Cagliani e Milena Marangon

Pochi minuti prima delle 14.30 il cellulare della Polizia penitenziaria ha raggiunto Palazzo di Giustizia scortando Krzystof Jan Lewandowski, il polacco 34enne accusato della morte di Giorgia Cagliani e Milena Marangon travolte sabato sera mentre, dopo avere parcheggiato l’autovettura in via per Airuno, stavano raggiungendo a piedi con l’amica Chiara Consonni, scampata alla morte, la festa di Brivio.
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Alto, capelli e carnagione chiara, occhiali, vestito con un completo sportivo blu è apparso dimesso, accompagnato in manette dalle guardie carcerarie sino al primo piano, salendo dalla scala esterna.
Accompagnato dall’avvocato Francesco Tettamanzi, in sostituzione degli avvocati di fiducia Gian Battista Colombo e Agneska Janusz, si è presentato al cospetto del giudice per le indagini preliminari dottor Salvatore Catalano e del pubblico ministero Chiara Stoppioni.
L’accusa formulata a suo carico e che ha portato all’arresto nell’imminenza dei fatti è quella di omicidio stradale plurimo, con l’aggravante della positività al test tossicologico.
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Giorgia Cagliani e Milena Marangon

Lewandowski, incensurato, sposato, padre di un bambino di 8 anni, autotrasportatore a partita iva per una grossa azienda polacca, si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha fornito spontanee dichiarazioni.
Alla guida dei un carro attrezzi era in Italia, per la terza volta, per ritirare la moto non marciante di un connazionale. Dopo avere mangiato una pizza ha raccontato di essersi messo nuovamente al volante. Su via per Airuno, giunto nei pressi della palestra, sarebbe stato abbagliato da un veicolo che scendeva dalla direzione opposta. Quando si è accorto della presenza delle tre giovani era ormai troppo tardi. Fermato immediatamente il mezzo, è sceso a prestare soccorso ma “il polso già non si sentiva più”.
L’arrivo in posto dei soccorsi non ha purtroppo cambiato l’esito di quella che ormai si era palesata come una tragedia pesantissima: due giovani vite spezzate a 21 anni e una terza scampata, ma con strascichi che si possono immaginare saranno pesantissimi dal punto di vista psicologico.
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Assistito da una interprete, in quanto a digiuno totale della lingua italiana, ha pianto per tutto il tempo dell’udienza, durata un’ora, chiedendo scusa alle famiglie, dicendosi ormai un uomo distrutto senza più un futuro sereno davanti a sé.
Senza parenti né amici in Italia, dopo una prima assegnazione di un avvocato di ufficio, l’imputato è stato preso in carico da due legali del foro di Milano nominati dalla moglie.
Si è in attesa nel frattempo di ulteriori accertamenti tossicologici, dopo il primo test risultato positivo ai cannabinoidi effettuato nell’imminenza dei fatti.
Il giudice Salvatore Catalano, dopo essersi ritirato, poco  prima delle 17 ha espresso il suo verdetto confermando la misura della detenzione in carcere.
S.V.
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