L’azzardo non è un gioco. Incontro a Osnago con la Caritas. Cresce la ludopatia

Il gioco d’azzardo è un fenomeno in crescita, soprattutto tra i giovani e in modalità online.
Il grido d’allarme viene dalla Caritas ambrosiana che attraverso il responsabile Ufficio Stampa Paolo Brivio e la responsabile dello Sportello Dipendenze Costanza Pestalozza ha diffuso il messaggio grazie a un evento organizzato venerdì sera presso il Centro parrocchiale di Osnago, in collaborazione con la parrocchia S. Stefano e con il patrocinio del Comune.
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Costanza Pestalozza, Paolo Brivio, Luciano Gualzetti e Canzio Dusi

All’incontro è intervenuto Luciano Gualzetti, presidente della Fondazione San Bernardino e della Consulta nazionale delle fondazioni antiusura. 
“Il fenomeno ha raggiunto proporzioni inquietanti”, ha esordito Brivio, “urge un’opera di coscientizzazione nei territori”.
Ad avvalorare la tesi enunciata ha portato numerosi dati: in Italia nel 2024 sono stati giocati 157 miliardi, ovvero cinque volte tanto la legge di Bilancio e più dei soldi spesi per la Sanità (137,9 miliardi). 
In Lombardia nel 2024 il giocato è stato pari a circa 25 miliardi.
A Osnago, paese con 4776 abitanti, sono stati spesi per giochi d’azzardo 10,6 milioni, cifra pari quasi al bilancio comunale. La perdita pro-capite è stata di 238 euro all’anno.
Stando ai dati del Cnr nel 2004 il giocato si attestava sui 30 miliardi.
“Una crescita esponenziale dovuta anche ad alcune azioni messe in atto dalla politica”, ha sottolineato Brivio.
L’ingigantirsi del fenomeno è dovuto però anche al gioco online, che ha superato quello “fisico” senza però che quest’ultimo diminuisse.
“Qualcuno potrebbe dire ‘sono soldi miei e ne faccio ciò che voglio’”, ha commentato Luciano Gualzetti. “In realtà l’azzardo è causa ma anche effetto di impoverimento, senza contare che nel gioco legalizzato si è infiltrata anche la criminalità organizzata”.
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Non tutti quelli che giocano hanno una patologia. Ci sono giocatori sporadici e poi ci sono gli abitudinari: questi ultimi, che sono il 20%, realizzano l’80% del giocato. 
Circa 1 milione/1 milione e mezzo degli abitudinari sviluppano la dipendenza dal gioco d’azzardo.
“Molte famiglie vengono rovinate, ma anche per lo Stato non è un affare perché deve spendere soldi per curare chi sviluppa una dipendenza patologica”.
Gualzetti ha quindi fatto un breve excursus sulle leggi emanate al riguardo.
Nel 2012 è stato approvato il Decreto Balduzzi che vieta in alcuni casi e limita in altri la pubblicità del gioco d’azzardo. A questo decreto hanno fatto seguito altre leggi che hanno introdotto ulteriori limitazioni sia per la pubblicità che per l’accesso dei minorenni.
Le Regioni hanno poi legiferato in materia introducendo il famoso “distanziometro”, ovvero l’obbligo di una distanza minima, generalmente compresa tra i 300 e i 500 metri, da luoghi “sensibili” come le scuole. 
“Le lobby hanno contrattaccato ingaggiando le squadre di calcio per fare pubblicità”, ha denunciato Gualzetti, criticando anche l’ipocrisia delle campagne che invitano a “giocare responsabile”.
Inoltre, ha reso noto il presidente della San Bernardino, “dal 2024 la riforma del gioco online ha spostato la titolarità dell’Osservatorio dal Ministero della Salute a quello dell’Economia e Finanze. Questo preoccupa, perché non si tratta solo di una questione economica”. Così come preoccupa “la compartecipazione del 5% agli utili da parte di Regioni e Comuni, perché alcuni enti hanno rifiutato ma altri sono tentati a causa della scarsità di fondi”. 
E’ toccato a Costanza Pestalozza affrontare il fenomeno dal punto di vista delle conseguenze sociali. Tramite lo Sportello Dipendenze ha seguito oltre 500 casi, in prevalenza famigliari di persone affette da patologia legata al gioco d’azzardo.
“La parola ‘gioco’ è già di per sé fuorviante”, ha evidenziato, “perché fa sembrare l’azzardo un’attività ludica mentre non ne ha affatto le caratteristiche. L’unico aspetto in comune è il fatto che provoca eccitazione, ma a differenza del gioco vero e proprio non crea socialità, né competenze. Il gioco non fa ammalare, l’azzardo sì”.
La counselor ha anche sottolineato alcune distorsioni cognitive che spingono a giocare in modo sempre più compulsivo.
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“La mente si illude di poter influire sull’esito della giocata, cosa che invece non è perché l’esito dipende prevalentemente dal caso”.
Riguardo al profilo di coloro che diventano dipendenti ha riferito che tra questi ci sono persone insospettabili: imprenditori, infermieri, poliziotti e insegnanti. 
“La famiglia chiede aiuto perché questa dipendenza causa difficoltà economiche e anche perché i rapporti diventano conflittuali. Difficilmente chi è dipendente ammette di esserlo ed è anche molto difficile uscirne da soli. Occorre rivolgersi a servizi specializzati”. 
Solitamente si pensa che a giocare d’azzardo siano soprattutto anziani e questo è vero, ma in realtà la nuova emergenza sono i giovani e soprattutto i giovanissimi anche perché attraverso il gioco online si riesce ad aggirare il limite dei 18 anni richiesti per il gioco fisico.
“I genitori dovrebbero prestare attenzione anche ai videogiochi”, ha segnalato Pestalozza, “perché alcuni videogames contengono il meccanismo delle scatole a sorpresa che scatena lo stesso tipo di eccitazione legato all’esito dell’azzardo”.
“Abbiamo rilevato che anche a 12 anni nelle squadrette di calcio i ragazzi fanno scommesse tra di loro”, ha rincarato Gualzetti.
Che fare dunque?
La Caritas sta lanciando una campagna di sensibilizzazione nelle parrocchie e negli oratori, “Vince chi smette”, che si avvarrà di una piattaforma online su cui si potranno trovare strumenti mirati per diversi tipi di target (giovani, anziani, famiglie). 
Con video, informazioni, e anche giochi come Breaking the rules si punta a coinvolgere e rendere maggiormente consapevoli riguardo al rischio dell’azzardo svelandone le trappole. 
A.Vi.
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