Internati Militari: la storia di un nonno raccontata dal figlio a Marta, la mipote, per non dimenticare

La storia di un nonno raccontata dal figlio alla nipote “per non dimenticare”. 
E’ quella di Peppino Bonalume, il cui figlio, Giampierluigi oggi 75enne, ha raccolto in un volume dal titolo “Marta, ti racconto chi era tuo nonno”.
MerateSerataImi1.jpg (340 KB)
Alla presentazione del libro è stata dedicata la serata di venerdì, nell’auditorium comunale, penultima tappa di un percorso che l’assessorato alla Promozione Culturale e Turistica ha voluto dedicare alla conservazione della memoria dei cittadini italiani, militari e civili, internati nei campi di concentramento.
MerateSerataImi2.jpg (487 KB)
“Un aspetto di cui si parla poco è quello della cosiddetta ‘Resistenza diffusa’ di coloro che non hanno aderito alla Repubblica di Salò, assumendosene le conseguenze”, ha detto in apertura della serata l’assessora Patrizia Riva. “Sono cittadini rimasti sconosciuti, perché tuttora in Italia non esiste un elenco nazionale. Il fatto che non se ne parli è significativo, ma ora è arrivato il momento di raccontare anche questo aspetto”.
La serata ha visto alternarsi momenti di narrazione, in un dialogo tra l’autore e Fiammetta Brumana, con esecuzione di brani musicali da parte di Roberto Zara (violinista), Vera Milani (soprano), Antonello Brivio (tastierista), Renato Boffelli (tenore) dell’associazione culturale Eugenio Nobili, e letture tratte dal libro a cura di Loredana Riva e Valter Mangiarotti della Compagnia “La Sarabanda”. Entrambi sodalizi di Olgiate Molgora.
MerateSerataImi5.jpg (426 KB)
“Marta, l’ultima dei suoi nipoti, aveva 7 anni quando il nonno è mancato nel 2010, anno in cui doveva ricevere la medaglia d’onore”, ha iniziato a raccontare Giampierluigi Bonalume. “Allora frequentava la terza media e così ho pensato di mettere nero su bianco quello che il nonno negli ultimi anni raccontava in modo quasi ossessivo”.
Non è bastato però riprodurre le parole del protagonista, perché nonostante i molti reperti legati alla sua prigionia – fotografie, agendine, cartoline – restavano comunque parecchie lacune da colmare. E‘ stato quindi necessario un lavoro di ricostruzione storica, anche perché “raccontare la storia di mio padre voleva dire raccontare la storia di 700.000 persone (tanti erano gli internati), molti dei quali al loro ritorno hanno preferito tacere. Quello che avevano passato era tale che gli avvenimenti potevano sembrare non veritieri, gli stessi che li avevano subiti a volte dubitavano di averli vissuti per davvero”.
Giampierluigi si è messo quindi alla ricerca di riscontri, che potessero avvalorare quanto il padre aveva raccontato. Riscontri, come ad esempio articoli di giornali stranieri, mostrati anche nel corso dell’esposizione.
MerateSerataImi4.jpg (531 KB)
Peppino veniva da una famiglia di Sartirana Briantea, attualmente frazione meratese di Sartirana. Nato il 15 agosto 1924, faceva parte di una nidiata di dieci figli in gran parte morti prematuramente. La famiglia Bonalume era povera, ma dignitosa. Erano mezzadri, non possedevano quindi terreni ma lavoravano quelli del padrone e la preoccupazione principale del capofamiglia era che cosa mettere in tavola per sostentare la prole.
La mamma era balia presso una famiglia nobile, i Cornaggia Medici, ed era emigrata in Piemonte al seguito dei suoi datori di lavoro.
“All’epoca Sartirana Briantea contava 670 abitanti, di questi ben 47 sono stati chiamati alle armi e 7 non sono più tornati. Mio papà ha ricevuto la cartolina-precetto il 14 agosto del ‘43”.
Essendosi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò e di combattere a fianco dei tedeschi, Peppino è diventato uno degli Internati Militari Italiani.
“Li hanno chiamati così, e non prigionieri di guerra, per far sì che non avessero diritti come quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra”.
MerateSerataImi3.jpg (526 KB)
Tre i campi di internamento in cui è stato rinchiuso.
“Nel primo ha sofferto molto il freddo, ma più di lui lo soffriva un greco con cui aveva stretto amicizia, Dimitrios. Grazie poi al fatto che era abile nel disegno, fu trasferito in un altro campo dove si doveva realizzare un’opera di canalizzazione: l’ingegnere capo aveva capito che lui se ne intendeva più dei tedeschi e così gli aveva affidato il progetto. Lì si soffriva la fame, ma fortunatamente aveva stretto amicizia con il padre di una SS, un certo Karl, che di nascosto gli lasciava dei cartocci di pane occultati tra il carbone. Nel terzo campo assistette a diversi bombardamenti, a cui fortunatamente riuscì a sfuggire”.
Si arriva così al 10 maggio del 1945, quando giunge la notizia della liberazione e gli internati devono raggiungere gli americani del generale Patton a Karlovy Vary, dopo un cammino di 103 chilometri.
“Sono stati momenti oscuri”, ha commentato il sindaco Mattia Salvioni in conclusione di serata. “Il passato può tornare, ma oggi è stata una giornata particolarmente intensa. Questa mattina ho incontrato i ragazzi e le ragazze che iniziavano l’anno scolastico, oggi è anche il giorno del digiuno per Gaza. Occorre fare scelte di campo, ci auguriamo che i giovani raccolgano il testimone”.
A.Vi.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.