Church pocket/79 Santa Maria oltre l’estate: una fede con la Madonna! Santa Maria Addolorata: Maria che resta sotto la croce
Settembre ci riporta nella routine: lavoro, scuola, bollette, impegni che si accavallano. È il tempo in cui la fede rischia di restare tra le parentesi delle vacanze, come se fosse un lusso da concedersi solo quando abbiamo più tempo. Ma la liturgia ci sorprende con una festa che non lascia spazio a superficialità: Maria Addolorata.
E non è un caso che la sua memoria cada il giorno dopo un’altra ricorrenza decisiva: il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Croce. È come se la Chiesa ci dicesse che non si può guardare Maria senza guardare la Croce, e non si può contemplare la Croce senza vedere la Madre che vi resta accanto. Cristo e Maria, uniti anche nel mistero della Croce, ci ricordano che la fede cristiana non è mai evasione, ma radicamento nel mistero dell’amore che si dona fino alla fine.
La Madre sotto la croce non scappa, non chiude gli occhi, non fugge dalla realtà. È lì, davanti al dolore più grande: un figlio che muore ingiustamente. Non serve molta fantasia per collegare questa immagine alle tante croci che vediamo oggi: famiglie che non arrivano a fine mese, giovani sfruttati, malati lasciati soli, guerre che sembrano non finire mai. Maria non è spettatrice, è madre che condivide. Stare con lei significa imparare a non girarci dall’altra parte.
Il Vangelo dice che “Stavano presso la croce di Gesù sua madre (…)” (Gv 19,25). Una presenza muta. Non ha soluzioni da offrire, non ha discorsi consolatori: offre sé stessa, insieme all’offerta di suo Figlio e offre la fedeltà di un amore che non crolla, neanche nei pressi della morte. È una fede che non conosce notti, che non vive solo quando tutto va bene, ma che resiste proprio nei momenti bui. Maria, sotto la croce, non porta soltanto il dolore di una madre che perde il figlio. Nel suo pianto si raccoglie il dolore di tutte le madri del mondo che vedono morire i propri figli, soprattutto oggi, per quei figli stroncati dalla guerra, dalla violenza o dall’ingiustizia. È come se in lei quel dolore diventasse universale, non più solo personale. Il suo stare ai piedi della croce diventa il paradigma di ogni sofferenza innocente: nel suo cuore materno trovano spazio anche le lacrime di ogni genitore che piange tragedie che non hanno colpa. Eppure, proprio lì dove sembra finire tutto, nasce la speranza. La Croce non è la parola definitiva: dalla ferita di quel legno sgorga la vita nuova, la vita della Chiesa.
Maria lo sa, anche nel silenzio delle sue lacrime. Per questo la Chiesa la invoca come Madre della speranza: perché nel suo pianto abita già l’alba della risurrezione.

A Siviglia la Vergine Addolorata è chiamata Virgen de la Esperanza Macarena, che unisce proprio i due titoli: Addolorata e Madre della Speranza. Il suo volto, rigato da lacrime, è immagine di un dolore reale che non viene nascosto, e tuttavia il suo nome proclama la speranza che resiste dentro il pianto. È una vera teologia in immagine: la Croce e la Risurrezione non sono due storie separate, ma un unico mistero che si intreccia nel volto di Maria. La Macarena è icona popolare e teologica insieme: madre che soffre e nello stesso tempo madre che cammina con il popolo, madre che ricorda che ogni lacrima custodisce già una promessa di vita.
Così, quando settembre ci riporta alle fatiche quotidiane, possiamo guardare a lei e imparare che la fede non è evasione ma resistenza, non è fuga ma coraggio. Come la luce che a fine estate si fa più dolce, anche la speranza di Maria illumina i giorni che tornano a farsi ordinari: discreta, silenziosa, ma capace di non spegnersi mai.
E non è un caso che la sua memoria cada il giorno dopo un’altra ricorrenza decisiva: il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Croce. È come se la Chiesa ci dicesse che non si può guardare Maria senza guardare la Croce, e non si può contemplare la Croce senza vedere la Madre che vi resta accanto. Cristo e Maria, uniti anche nel mistero della Croce, ci ricordano che la fede cristiana non è mai evasione, ma radicamento nel mistero dell’amore che si dona fino alla fine.
La Madre sotto la croce non scappa, non chiude gli occhi, non fugge dalla realtà. È lì, davanti al dolore più grande: un figlio che muore ingiustamente. Non serve molta fantasia per collegare questa immagine alle tante croci che vediamo oggi: famiglie che non arrivano a fine mese, giovani sfruttati, malati lasciati soli, guerre che sembrano non finire mai. Maria non è spettatrice, è madre che condivide. Stare con lei significa imparare a non girarci dall’altra parte.

Maria lo sa, anche nel silenzio delle sue lacrime. Per questo la Chiesa la invoca come Madre della speranza: perché nel suo pianto abita già l’alba della risurrezione.

A Siviglia la Vergine Addolorata è chiamata Virgen de la Esperanza Macarena, che unisce proprio i due titoli: Addolorata e Madre della Speranza. Il suo volto, rigato da lacrime, è immagine di un dolore reale che non viene nascosto, e tuttavia il suo nome proclama la speranza che resiste dentro il pianto. È una vera teologia in immagine: la Croce e la Risurrezione non sono due storie separate, ma un unico mistero che si intreccia nel volto di Maria. La Macarena è icona popolare e teologica insieme: madre che soffre e nello stesso tempo madre che cammina con il popolo, madre che ricorda che ogni lacrima custodisce già una promessa di vita.
Così, quando settembre ci riporta alle fatiche quotidiane, possiamo guardare a lei e imparare che la fede non è evasione ma resistenza, non è fuga ma coraggio. Come la luce che a fine estate si fa più dolce, anche la speranza di Maria illumina i giorni che tornano a farsi ordinari: discreta, silenziosa, ma capace di non spegnersi mai.
Rubrica a cura di Pietro Santoro