Tra impenitenti nordici e presunti neoborbonici

Da qualche giorno vedo alternarsi su Mol dei contributi, in genere appassionati, su quella che potremmo definire la “questione nord-sud” nostrana.

Lungi da me unirmi al contestare reciprocamente la fondatezza o meno delle varie cause di tale questione peraltro ricavabili anche da certe documentazioni storiche e relativi fonti giustamente esibite.

Quello che in punta di piedi vorrei invece porre in evidenza è, più in generale, la tendenza, spesso in buona fede, a difendere le ragioni delle proprie appartenenze sia geografiche che culturali come di qualsiasi altra natura, con il rischio di perdere l'orizzonte delle ragioni che invece ci uniscono pur nelle diversità.

Senza retorica alcuna mi sembrerebbe questa la vera questione che ben lontana dal rischio di far impallidire le proprie identità le arricchisce invece di quelle degli altri in una comune ricerca del Giusto e del Vero che costituisce la vera base della ricchezza per tutti.

Questo, tutt'altro che buonismo ad oltranza, è concretamente quello che un certo Don Tonino Bello definiva “La convivialità delle differenze” che, a mio parere, presuppone tra le varie cose anche il denunciare le responsabilità e le contraddizioni non solo della parte cosiddetta avversa ma anche e soprattutto della propria, visto che perlomeno nessuno in questo mondo si può considerare indenne da errori. Esercizio dialettico questo assai poco praticato.

Non che questo voglia dire che nella Storia non ci siano ragioni o torti ma che la “partigianeria” non debba avere il sopravvento mettendo invece al centro il comune interesse umano nel contribuire a creare le condizioni di una convivenza civile degna di tale nome: un processo di reciproca “pulizia” culturale ed etica basato su rispetto reciproco e responsabilità, nella consapevolezza di appartenere all'unico genere umano al di là di qualsiasi altra distinzione.

Costatazione questa, se ci si pensa bene, tutt'altro che astratta essendo l'unica che in definitiva ci può preservare dall'autodistruzione.

Chi invece “soffia sul fuoco” delle differenze, a partire dal nazionalismo o regionalismo esasperato, per trarne un vantaggio variamente corporativo non fa che minare la convivenza. 

Del resto sul concetto di “Patria”, stando soltanto ad un altro grande testimone profetico dei nostri tempi, così scriveva Don Lorenzo Milani nella sua articolata ed accorata lettera ai cappellani militari della Toscana per cui poi verrà processato: “Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati ed oppressori all'altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”.

Una convinzione più che mai cruciale anche oggi, visto quanto sta succedendo in questo mondo che spesso gira a rovescio.
Germano Bosisio
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