Merate: Nicola Gratteri presenta il libro "Una cosa sola". Le mafie cercano il consenso e cambiano con la società

Una lezione di legalità, ma anche un grido d’allarme. L’auditorium comunale "Giusi Spezzaferri" di Merate ha accolto ieri sera, mercoledì 30 luglio, il Procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri per la presentazione del suo ultimo saggio "Una cosa sola". L’iniziativa, organizzata dall’Amministrazione comunale, ha visto una grande partecipazione di pubblico e la presenza delle maggiori autorità locali, offrendo l'opportunità unica di confrontarsi con uno dei magistrati più esposti nella lotta alla criminalità organizzata.
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Il procuratore Nicola Gratteri con il collega giornalista Daniele De Salvo
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L’assessore alla cultura Patrizia Riva, aprendo la serata, ha ribadito il percorso del Comune di Merate sul tema della legalità, ricordando l’adesione alla rete "Avviso Pubblico", che riunisce enti locali e Regioni impegnati contro mafie e corruzione. "È un privilegio ospitare una figura come Gratteri – ha detto – un uomo coraggioso che vive sotto scorta da anni per la sua instancabile battaglia contro la criminalità organizzata". Sulla stessa linea il sindaco Mattia Salvioni, che ha sottolineato l’importanza della "testimonianza autentica" del Procuratore, definendola "un messaggio di speranza e un’affermazione concreta dello Stato".
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L'assessore Patrizia Riva e il sindaco Mattia Salvioni con l'illustre ospite

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Nato a Gerace (Reggio Calabria) il 22 luglio 1958, Nicola Gratteri è entrato in magistratura nel 1986 dopo la laurea in Giurisprudenza a Catania. Vive sotto scorta dal 1989 a seguito delle minacce ricevute per le sue inchieste sulla ’ndrangheta. Dal 2016 al 2023 ha guidato la Procura della Repubblica di Catanzaro, coordinando operazioni di rilievo come il maxi-processo "Rinascita-Scott" e le inchieste "Crimine-Infinito" e "Stige", che hanno inferto colpi durissimi alle cosche calabresi e ai loro legami con politica e imprenditoria. Oggi è Procuratore Capo di Napoli, la procura più grande d’Italia. Parallelamente all’attività giudiziaria, ha scritto numerosi libri insieme allo storico Antonio Nicaso, tra cui "Una cosa sola", e partecipa da decenni a incontri pubblici e conferenze nelle scuole, convinto che "la conoscenza sia il primo argine alla mafia".
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Intervistato dal giornalista Daniele De Salvo, Gratteri ha subito chiarito l’obiettivo del suo intervento: creare consapevolezza. La mafia, ha spiegato, non è un fenomeno confinato in alcune aree del Paese, ma attraversa ogni comunità. "Non è un corpo estraneo, vive dentro la nostra quotidianità", ha osservato, ricordando che anche la provincia di Lecco è stata interessata da importanti inchieste antimafia. Conoscere il fenomeno, secondo il Procuratore, è il primo passo per affrontarlo: "Solo se lo comprendiamo possiamo decidere di non voltare lo sguardo altrove".
Per illustrare la profondità delle radici mafiose, Gratteri ha ripercorso alcune tappe storiche: dalle strutture criminali nate nelle carceri borboniche, alla complicità delle classi dirigenti dell’Ottocento. Nel 1869, durante le elezioni comunali, politici e notabili assoldarono "picciotti" per intimidire candidati ed elettori, mostrando al popolo che "la classe dirigente si relazionava con la picciotteria non solo per interesse economico, ma per prestigio". Un episodio emblematico, secondo Gratteri, che rivela la continuità di certe dinamiche. Altrettanto significativo il terremoto di Reggio Calabria del 1908, quando "una legge sbagliata dello Stato favorì la proliferazione delle mafie", che prestarono denaro a tassi usurari a chi aveva perso tutto.
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"Le mafie esistono e continueranno a esistere finché continueremo a relazionarci con loro", ha ammonito Gratteri. Le organizzazioni criminali, infatti, non cercano solo denaro, ma consenso sociale e relazioni di potere. E proprio attraverso il consenso riescono a controllare territori e persone.
La provincia di Lecco e l’area metropolitana di Milano non fanno eccezione. "Le mafie qui non hanno incontrato resistenza – ha detto – sono entrate come un coltello nel burro". Nel territorio lombardo, ha spiegato il Procuratore, imprenditori "ingordi e spregiudicati" accettano ribassi del 40% negli appalti o nello smaltimento dei rifiuti, finendo per stringere patti con le mafie. Queste scelte, apparentemente convenienti, producono conseguenze devastanti: "Molti imprenditori del Nord sono corresponsabili delle morti per tumore nella provincia di Caserta, perché i rifiuti smaltiti illegalmente finiscono in quelle terre".
La ricerca di consenso si manifesta anche nei piccoli gesti quotidiani: "Pagare un caffè al bar non è gentilezza, ma un modo per misurare il proprio indice di gradimento sul territorio", ha spiegato. E quando si tratta di voti, le mafie si muovono compatte: "Non hanno ideologie, votano per chi può garantire loro maggiori vantaggi", ha osservato, sottolineando come siano radicate nelle dinamiche politiche locali. I loro mezzi attuali sono i "tanti soldi che possono corrompere i pubblici amministratori, impiegati in pubblico servizio".
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Secondo Gratteri, la società sta vivendo un preoccupante abbassamento dell’etica civile: "Non c’è più rossore, non c’è più vergogna. Tutto ciò che sfugge alle regole del libero mercato è mafia". Da qui l’importanza di agire precocemente. Il Procuratore ha citato l’esempio del sindaco Salvioni, che si è preoccupato per alcuni ragazzi sorpresi a danneggiare estintori: "Bisogna intervenire subito. Se non affrontiamo oggi questi comportamenti, tra cinque anni quei ragazzi rischiano di diventare delinquenti". Il problema, ha aggiunto, non è solo giudiziario ma sociale: occorre coinvolgere famiglie, associazioni e comunità, evitando emarginazioni che possono diventare terreno fertile per il reclutamento mafioso.
Gratteri ha spiegato come le organizzazioni mafiose si stiano espandendo verso nuovi mercati, oltre a quelli tradizionali dell’azzardo e della droga. Oggi operano negli appalti pubblici, nelle energie rinnovabili, nelle criptovalute e sfruttano il dark web. "Quattro anni fa – ha raccontato – abbiamo iniziato a studiare l’uso delle criptovalute e abbiamo scoperto che le mafie si avvalevano di hacker tedeschi e rumeni per effettuare transazioni complesse su più continenti e riciclare miliardi di euro". Ha descritto il dark web come un "oceano" rispetto a Internet: uno spazio in cui si può acquistare qualsiasi cosa, dagli organi umani alle cartelle cliniche rubate di personaggi famosi, fino a tonnellate di droga. In questo contesto, i tradizionali strumenti investigativi non bastano più. "Non possiamo limitarci ai pedinamenti – ha sottolineato – dobbiamo assumere hacker e dotarci di tecnologie che oggi non abbiamo".
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In merito, il Magistrato ha espresso rammarico per la perdita del prestigio sul piano internazionale dell'attività investigativa italiana: "Un tempo facevamo scuola alle polizie di tutto il mondo. Oggi siamo costretti ad attendere informazioni dall’estero su indagini cruciali. Stiamo buttando all'aria 150 anni di antimafia".
Una parte consistente dell’intervento è stata dedicata alla critica delle riforme legislative che, secondo Gratteri, "stanno ostacolando pesantemente il lavoro di magistrati e investigatori". Ha criticato duramente l’istituto dell’improcedibilità introdotto dalla riforma Cartabia, che dal gennaio 2025 determinerà l’estinzione dei processi non celebrati entro due anni in appello. "Questa non pare essere giustizia, questa è denegata giustizia", ha tuonato Gratteri, sottolineando come circa il 50% di tali processi sia destinato a fallire, negando giustizia a vittime di reati come l'omicidio colposo.
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Un altro bersaglio delle critiche è stata la riforma sulle intercettazioni voluta dal Ministro Nordio. L'affermazione che le intercettazioni "costano troppo" (170 milioni di euro) è stata smontata da Gratteri, il quale ha dimostrato che la sua Procura di Napoli recupera tale spesa "con una sola indagine", citando il sequestro di 6 milioni di euro in contanti e 34 milioni di euro in Bitcoin in recenti operazioni. Ha negato lo "sputtanamento" della vita privata degli indagati, spiegando che solo le intercettazioni relative al capo di imputazione vengono trascritte. Infine, ha smentito la "grande stupidaggine" che i mafiosi non parlino al telefono, spiegando che anche una semplice telefonata a un funzionario pubblico per "un caffè al bar" può essere cruciale per risalire ai capi mafia, poiché il focus investigativo è sul "destinatario della telefonata".
La riforma Zanettin (Forza Italia), che limita a 45 giorni le intercettazioni per i reati non di mafia, rende quasi impossibile indagare sulla corruzione, che oggi è "più sofisticata" e si articola su tempi lunghi, spesso attraverso "consulenze inutili". Altre norme, come l’obbligo di avvisare l’indagato cinque giorni prima dell’interrogatorio o la necessità di un decreto del giudice per sequestrare un cellulare, rischiano di compromettere gravemente le indagini e la sicurezza delle vittime.
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Ancora, Gratteri ha criticato la pratica che per i reati non di mafia, prima di un arresto per spaccio di droga, il PM debba chiedere al giudice di avvisare l'indagato, il quale ha 5 giorni per consultare gli atti prima dell'interrogatorio. Questo, ha detto, è un "grande disincentivo a denunciare" e "a fidarsi dello Stato", mettendo a rischio anche le vittime. Ha poi espresso forte preoccupazione per la legge che impedisce il sequestro immediato dei telefoni cellulari da parte del PM, richiedendo un decreto del GIP, causando ritardi cruciali nelle indagini.
La proposta più pericolosa, secondo il Procuratore, resta però la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, che richiederà una modifica costituzionale e un referendum. Il vero motivo, ha spiegato Gratteri, non è lo 0,2% di magistrati che annualmente chiedono di cambiare funzione, ma la volontà di "mettere sotto l'esecutivo, cioè mettere alla dipendenza del ministro della giustizia, i pubblici ministeri e quindi addomesticarli".
Alla domanda su un eventuale futuro politico, Gratteri ha escluso categoricamente questa possibilità: "Sono il felice Procuratore di Napoli. Quando andrò in pensione mi dedicherò alle mie passioni ed al commento televisivo". Ha poi difeso il suo impegno pubblico nelle scuole, nelle università e in televisione, ricordando che lo fa gratuitamente e durante le ferie: "Preferisco spiegare ai ragazzi la non convenienza della mafia piuttosto che essere criticato da chi parla a vanvera".
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In chiusura, il Procuratore Gratteri ha offerto una parola di speranza e di incoraggiamento alla cittadinanza, sottolineando che "la base di ogni ragionamento deve essere la coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo". Per gli amministratori locali, ha consigliato di non isolarsi, di cercare consiglio dai Prefetti o da avvocati esperti, e soprattutto di "farsi vedere più possibile con le forze dell'ordine", un "buon deterrente per le mafie". Un messaggio di coraggio e integrità che, ancora una volta, ha lasciato un segno profondo nella comunità meratese.
La platea lo ha salutato con un lungo applauso, consapevole di aver assistito non solo a una lezione di legalità, ma a una testimonianza viva di coraggio e integrità.
Matteo Pennati
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