A Riccardo: la rabbia non può cambiare la storia

Caro Riccardo S.,
ci sono limiti che non dovrebbero mai essere superati, nemmeno nella rabbia, nemmeno nella provocazione. Leggere da te — “forse Hitler aveva qualche ragione” — mi ha profondamente disgustato. Non è una semplice opinione: è una frase che risuona come un insulto alla memoria di milioni di innocenti sterminati nei lager, una ferita inferta alla storia, alla dignità umana, e alla coscienza civile di chiunque abbia un minimo senso morale.
Doverlo persino spiegare mi fa male: non esiste alcun contesto, nessuna politica, nessuna guerra contemporanea che possa in alcun modo “rivalutare” ciò che è stato uno dei crimini più disumani mai commessi. È un pensiero tossico, indegno, pericoloso. Hitler non aveva alcuna ragione. Mai. E chi anche solo lo suggerisce, che sia per rabbia o per ignoranza, si pone fuori da ogni spazio di discussione sana.
Detto questo, ti rispondo sul resto con altrettanta chiarezza. Non tutti gli ebrei sono sionisti, e non tutto il sionismo è criminale per definizione. Confondere un’identità religiosa o etnica con l’ideologia politica di uno Stato è un errore grave, oltre che uno dei meccanismi tipici del razzismo. Il governo Netanyahu può e deve essere criticato, anche duramente — io stesso lo faccio — ma questo non giustifica derive negazioniste o giustificazioniste verso il nazismo.
Sul termine “genocidio”, siamo di fronte a un’accusa estremamente seria, che richiede rigore e prove. Che a Gaza ci siano crimini di guerra, bombardamenti indiscriminati e violazioni gravi dei diritti umani, è sotto gli occhi di tutti. Ma anche la rabbia più giustificata non può trasformarsi in odio cieco, che ci spinge a cercare rivincite nella storia sbagliata.
Su Salvini siamo d’accordo: la superficialità con cui cavalca certi temi  è stomachevole. Ma anche usare o attaccare i papi in modo strumentale serve solo a polarizzare ancora di più un conflitto che ha bisogno di comprensione, non di tifoserie.
La sofferenza del popolo palestinese è reale e insopportabile. Ma non si combatte l’ingiustizia diventando ciechi o giustificando l’indicibile. Se perdiamo il senso del limite, perdiamo anche il diritto di parlare di umanità.
Con amarezza,
Vittorio
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.