Santa Maria, maxi evasione: condannati i due amministratori
È arrivata nel pomeriggio di ieri la sentenza del Tribunale di Lecco, che ha condannato a un anno e undici mesi di reclusione (pena sospesa) i due amministratori delegati della Giovenzana Internationale BV, società attiva nel settore dell'elettronica industriale con sede nel comune di Santa Maria Hoè. Oltre alla pena detentiva, il giudice monocratico Angelo Parisi ha disposto anche la confisca di beni per 5 milioni di euro.
La Procura Europea, titolare del fascicolo, lo scorso mese aveva chiesto per i due accusati di frode fiscale la condanna a 4 anni di reclusione.
Secondo il quadro accusatorio i due, grazie allo schema denominato “Dutch Sandwich” (una forma di tecnica di evasione fiscale che prevede l'utilizzo di società madri in Paesi diversi per spostare i profitti in paradisi fiscali), tra il 2013 e il 2018 avrebbero raggiunto un fatturato effettivo in Italia di circa 50 milioni di euro tra il 2013 e il 2018 e un'IVA non versata di oltre 10 milioni.
In sostanza pare che l'azienda brianzola commercializzasse i propri prodotti - componenti elettrici per l'automazione - all'interno del territorio italiano, fingendo che la merce fosse destinata ad altri Stati membri dell'UE e, quindi, esente da IVA, “appoggiandosi” alla sede estera fittizia della società.
L'inchiesta, avviata nel 2019, ha preso le mosse da una verifica fiscale condotta nei confronti dello stabilimento della società nel meratese, che risultava essere il rappresentante fiscale in Italia di una persona giuridica di diritto olandese, formalmente registrata ad Amsterdam. Tuttavia le indagini, affidate al nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Lecco, avrebbero portato alla luce un quadro completamente diverso da quello apparente con la sede olandese risutltata puramente fittizia. Stando ad esempio a quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, presso gli uffici di Amsterdam risultava impiegato un solo dipendente, mentre i verbali delle assemblee aziendali registravano la presenza di un unico partecipante (uno dei due coimputati).
Le risultanze dell'inchiesta avevano portato la GdF a dare esecuzione a un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del capoluogo lariano e a congelare almeno 10 milioni di beni intestati alla società.
La società brianzola risultava controllata da una holding registrata nelle Antille olandesi, giurisdizione nota per i regimi fiscali agevolati, e da un'altra società formalmente con sede nei Paesi Bassi. In questo modo, secondo l'impianto accusatorio, i vertici aziendali avrebbero orchestrato il sistema di evasione fiscale internazionale.
La Procura Europea, titolare del fascicolo, lo scorso mese aveva chiesto per i due accusati di frode fiscale la condanna a 4 anni di reclusione.
Secondo il quadro accusatorio i due, grazie allo schema denominato “Dutch Sandwich” (una forma di tecnica di evasione fiscale che prevede l'utilizzo di società madri in Paesi diversi per spostare i profitti in paradisi fiscali), tra il 2013 e il 2018 avrebbero raggiunto un fatturato effettivo in Italia di circa 50 milioni di euro tra il 2013 e il 2018 e un'IVA non versata di oltre 10 milioni.
In sostanza pare che l'azienda brianzola commercializzasse i propri prodotti - componenti elettrici per l'automazione - all'interno del territorio italiano, fingendo che la merce fosse destinata ad altri Stati membri dell'UE e, quindi, esente da IVA, “appoggiandosi” alla sede estera fittizia della società.
L'inchiesta, avviata nel 2019, ha preso le mosse da una verifica fiscale condotta nei confronti dello stabilimento della società nel meratese, che risultava essere il rappresentante fiscale in Italia di una persona giuridica di diritto olandese, formalmente registrata ad Amsterdam. Tuttavia le indagini, affidate al nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Lecco, avrebbero portato alla luce un quadro completamente diverso da quello apparente con la sede olandese risutltata puramente fittizia. Stando ad esempio a quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, presso gli uffici di Amsterdam risultava impiegato un solo dipendente, mentre i verbali delle assemblee aziendali registravano la presenza di un unico partecipante (uno dei due coimputati).
Le risultanze dell'inchiesta avevano portato la GdF a dare esecuzione a un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del capoluogo lariano e a congelare almeno 10 milioni di beni intestati alla società.
La società brianzola risultava controllata da una holding registrata nelle Antille olandesi, giurisdizione nota per i regimi fiscali agevolati, e da un'altra società formalmente con sede nei Paesi Bassi. In questo modo, secondo l'impianto accusatorio, i vertici aziendali avrebbero orchestrato il sistema di evasione fiscale internazionale.
F.F.