Church pocket/68. Il Dio che si nasconde nel pane: l’assurda bellezza del Corpus Domini/2
Partecipare alla Messa – dicevo in chiusura, la settimana scorsa – significa immergersi nella scelta più audace e folle di Dio: farsi piccolo per rivelarsi immenso, diventare pane per sfamare la nostra fame di significato, di verità e di infinito.
Ma tutto questo prende forma concreta nella Preghiera Eucaristica, il cuore della Celebrazione stessa. Non è un momento accessorio, né solo un lungo monologo del sacerdote a cui noi, spesso, rispondiamo meccanicamente, come fosse una poesia. È il vertice dell’intera celebrazione, dove avviene ciò che la fede riconosce come miracolo continuo e silenzioso: il pane e il vino diventano realmente il Corpo e il Sangue di Cristo, la transustanziazione. Ma ancora di più: la Chiesa stessa diventa Corpo di Cristo, unito e offerto al Padre nello Spirito Santo.
Come insegnava il gesuita P. Cesare Giraudo, gesuita e già docente di “Eucaristia” presso la Pontificia Università Gregoriana e alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, la Preghiera Eucaristica non è una semplice commemorazione, ma una vera e propria epiclesi narrativa, in cui l’azione liturgica attualizza la Pasqua di Cristo nel presente. Scrive in Eucaristia per la Chiesa:
«Essa non è narrazione, ma celebrazione: il passato non viene ricordato per essere semplicemente onorato, ma per essere riattualizzato. L’Eucaristia è Pasqua in atto, è evento presente. […] La preghiera eucaristica trasforma i doni, e insieme trasforma noi»
Nel ritmo sobrio e denso della Preghiera Eucaristica si intrecciano elementi fondamentali: l’anamnesi (memoria viva della Pasqua), l’epiclesi (invocazione dello Spirito su doni e assemblea), l’offerta (il popolo che si fa dono insieme a Cristo), le intercessioni (che aprono la celebrazione al mondo intero) e la dossologia finale, che riconduce tutto al Padre, per Cristo, nello Spirito.
Anche Joseph Ratzinger ha insistito molto sul carattere trasformante della Preghiera Eucaristica, non solo sui doni, ma sulla comunità. In Introduzione allo Spirito della Liturgia scrive:
«L’Eucaristia è sempre più che un semplice evento liturgico. Essa è un processo di trasformazione che coinvolge tutta la Chiesa. […] L’“essere trasformati” significa che l’uomo si apre al Dio vivente e si lascia formare da Lui. La Preghiera Eucaristica è quindi il momento in cui la comunità entra nella logica del dono e della comunione»
Per Ratzinger, nella Preghiera Eucaristica si mostra la logica dell’incarnazione e della croce, cioè quella logica eucaristica che capovolge ogni potere umano: Dio si offre, Dio si spezza, Dio si dona. E invita anche noi a fare lo stesso. È una logica di comunione e oblazione. Per questo, la Preghiera Eucaristica è l’atto più ecclesiale che esista: ci fa essere Chiesa.
Il Corpus Domini, con le sue processioni solenni, è il prolungamento di quella preghiera: non porta in giro un simbolo, ma la presenza reale di Cristo, frutto della preghiera della Chiesa. Quel pane spezzato e consacrato è il cuore della fede. È il centro da cui tutto parte e a cui tutto ritorna.
Quando nella Preghiera Eucaristica II si dice: «Per la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo», stiamo dicendo il vero miracolo: non solo Cristo diventa pane, ma noi diventiamo Chiesa. L’unità non è solo opera nostra, ma effetto anche della grazia, dono dello Spirito. Celebrando il Corpus Domini, allora, non celebriamo solo un mistero da adorare, ma una missione da incarnare. Il Corpo che riceviamo è quello che siamo chiamati a essere: presenza viva di Cristo nel mondo. La Preghiera Eucaristica ce lo ricorda: là dove c’è offerta, là c’è Chiesa. Là dove si fa memoria di Cristo, là si costruisce il Regno. E in un tempo in cui la Chiesa rischia di smarrirsi tra troppe parole, programmi e liturgie svuotate, proprio quella Preghiera solenne, calma, teologica, radicata nei secoli, è ciò che ci salva. Perché non siamo noi a celebrare Dio, ma è Dio che, nella Preghiera Eucaristica, celebra la sua alleanza con noi. E ci rinnova, ci unisce, ci manda.
Ringrazio Don Agostino Porreca, docente di Eucaristia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – sezione San Luigi, ed ex vice parroco della comunità in cui ho vissuto il mio tempo da seminarista, per aver letto e condiviso questo testo.
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Ma tutto questo prende forma concreta nella Preghiera Eucaristica, il cuore della Celebrazione stessa. Non è un momento accessorio, né solo un lungo monologo del sacerdote a cui noi, spesso, rispondiamo meccanicamente, come fosse una poesia. È il vertice dell’intera celebrazione, dove avviene ciò che la fede riconosce come miracolo continuo e silenzioso: il pane e il vino diventano realmente il Corpo e il Sangue di Cristo, la transustanziazione. Ma ancora di più: la Chiesa stessa diventa Corpo di Cristo, unito e offerto al Padre nello Spirito Santo.

«Essa non è narrazione, ma celebrazione: il passato non viene ricordato per essere semplicemente onorato, ma per essere riattualizzato. L’Eucaristia è Pasqua in atto, è evento presente. […] La preghiera eucaristica trasforma i doni, e insieme trasforma noi»
Nel ritmo sobrio e denso della Preghiera Eucaristica si intrecciano elementi fondamentali: l’anamnesi (memoria viva della Pasqua), l’epiclesi (invocazione dello Spirito su doni e assemblea), l’offerta (il popolo che si fa dono insieme a Cristo), le intercessioni (che aprono la celebrazione al mondo intero) e la dossologia finale, che riconduce tutto al Padre, per Cristo, nello Spirito.
Anche Joseph Ratzinger ha insistito molto sul carattere trasformante della Preghiera Eucaristica, non solo sui doni, ma sulla comunità. In Introduzione allo Spirito della Liturgia scrive:
«L’Eucaristia è sempre più che un semplice evento liturgico. Essa è un processo di trasformazione che coinvolge tutta la Chiesa. […] L’“essere trasformati” significa che l’uomo si apre al Dio vivente e si lascia formare da Lui. La Preghiera Eucaristica è quindi il momento in cui la comunità entra nella logica del dono e della comunione»
Per Ratzinger, nella Preghiera Eucaristica si mostra la logica dell’incarnazione e della croce, cioè quella logica eucaristica che capovolge ogni potere umano: Dio si offre, Dio si spezza, Dio si dona. E invita anche noi a fare lo stesso. È una logica di comunione e oblazione. Per questo, la Preghiera Eucaristica è l’atto più ecclesiale che esista: ci fa essere Chiesa.
Il Corpus Domini, con le sue processioni solenni, è il prolungamento di quella preghiera: non porta in giro un simbolo, ma la presenza reale di Cristo, frutto della preghiera della Chiesa. Quel pane spezzato e consacrato è il cuore della fede. È il centro da cui tutto parte e a cui tutto ritorna.

Ringrazio Don Agostino Porreca, docente di Eucaristia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – sezione San Luigi, ed ex vice parroco della comunità in cui ho vissuto il mio tempo da seminarista, per aver letto e condiviso questo testo.
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Rubrica a cura di Pietro Santoro