Novate: “Andrea è stato un dono perchè si è fatto carico delle sofferenze del prossimo"

Andrea è stato un dono perchè ha preso sul serio il prossimo, facendosi carico delle sofferenze e dei dolori, curandoli e dando il meglio di sé per far star bene l'altro.
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È stato un dono per chi l'ha conosciuto e avvicinato: per le sue bambine che porteranno il ricordo di un papà affettuoso e presente pur nella malattia, per la sua sposa che ne ha sperimentato l'amore, per i genitori e la sorella che ne hanno condiviso il percorso di crescita e formazione e che ora scoprono come, nel silenzio e nel nascondimento, si fosse fatto prossimo di tanti bisognosi.
Ha saputo trovare le parole giuste don Eugenio per dare conforto alla morte di Andrea Passoni, 43 anni, osteopata, papà di Viola e Aurora, deceduto dopo una strenua battaglia di quasi tre anni contro la malattia.
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La chiesa di Novate non ha saputo contenere le centinaia di persone, tra parenti, amici, pazienti che sono giunti da ogni dove per porgergli l'estremo saluto.
La funzione, officiata con don Matteo Albani, il sacerdote amico che nell'agosto di 10 anni fa ne aveva celebrato il matrimonio, e animata dai canti del coretto, scelti con cura e attenzione, è stata composta e partecipata, in un raccoglimento silenzioso e carico di dolore, dove a farsi strada erano solo gli interrogativi.
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Nella bara, assieme alle magliette del volley tra cui quella
del Missaglia approdato con lui in serie C, anche due disegni delle sue bambine

“Di fronte ai nostri perchè” ha detto nella sua omelia don Eugenio “il monte del Calvario diventa il monte della Beatitudini. La morte ci aggredisce, la malattia ci fa vivere momenti di speranza e poi ci getta nello sconforto, come è stato per Andrea quando sembrava ci fossero attimi di ripresa. Ma anche Gesù ha urlato chiedendo a Dio “perchè”. È una domanda che artiglia il nostro cuore. A Dio dobbiamo chiedere che in questo congedo, carico di nostalgia, possiamo sentire la frescura di una speranza che non delude. Ma è Andrea a indicarci la strada. Andrea è stato un dono per chi l'ha conosciuto e avvicinato, perchè ha saputo prendere sul serio il suo prossimo. È stato un professionista responsabile e preparato, che si è dedicato ai suoi pazienti senza far pesare la sua malattia. Guardare in faccia la morte a quarant'anni, con una moglie e due bambine da crescere, e riuscire a rispondere alla propria mamma, dopo aver deciso di interrompere qualunque accanimento che non gli avrebbe probabilmente lasciato scampo, “Sono sereno”, vuol dire essere entrato nella dimensione vera della vita”.
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Al termine della funzione, la salma del giovane è stata traslata al tempio crematorio.
S.V.
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