Church pocket/66. La pericolosa bellezza del Cuore di Gesù (parte seconda)

Immagina Gesù che decide di mostrare il suo cuore. Non una semplice metafora da film romantico, ma proprio Lui che si presenta dicendo: «Ehi, guarda qui, questo è il mio cuore, prendilo e ama!». Strano, no? Le apparizioni del Sacro Cuore, specialmente quelle a Santa Margherita Maria Alacoque nel Seicento, sono esattamente questo: Gesù che dice in maniera molto concreta quanto il mondo gli stia a cuore. Gesù sceglie proprio Margherita, una suora semplice e pure un po’ sconosciuta, per dire: «Io vi amo sul serio, in maniera esagerata. E voi? Che fate?». È un po’ come se avesse bisogno di ricordare che la fede non è una teoria, ma amore pratico, quotidiano, che coinvolge. Il cuore è il simbolo più forte per dire che Gesù è vulnerabile davanti a noi. Lui non si protegge, non mette barriere, mostra addirittura le ferite per dire: «Vi amo anche quando fate casino, soprattutto quando fate casino». Insomma, le apparizioni del Sacro Cuore ci ricordano che Dio non è distante. È lì, con un cuore vero, caldo, palpitante, che dice: «Dai, vieni più vicino, non ti mangio mica! Anzi, vieni, che ti voglio bene davvero».
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Le apparizioni del Sacro Cuore trovano la loro espressione più celebre e intensa negli incontri avvenuti tra il 1673 e il 1675, nel monastero della Visitazione di Paray-le-Monial, in Francia. La protagonista è una giovane monaca, Margherita Maria Alacoque, umile e misconosciuta, che avrebbe probabilmente preferito passare inosservata, ma a cui il cielo aveva riservato tutt'altro destino. Gesù appare a Margherita con un cuore ardente, circondato da spine e sormontato da una croce, chiedendole di diffondere nel mondo il culto del suo Cuore divino.
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Le visioni di Margherita Maria erano precise e drammatiche. Il cuore mostrato coronato di spine ricorda le sofferenze subite per gli uomini, e sanguinante per sottolineare il dolore provocato dall'indifferenza umana. Il messaggio era chiaro e sconvolgente: Dio non è lontano e distante, ma soffre attivamente per la freddezza e l'ingratitudine dell'umanità. Teologicamente, l'immagine del Cuore di Gesù è molto più che una semplice icona devozionale: è una provocazione visiva e spirituale, forse è per questo che mi piace molto. La corona di spine ci ricorda che amare ha un costo, che il vero amore non è mai solo dolce, ma graffia, ferisce, e spesso lascia cicatrici.  Così, ogni immagine sacra del Cuore di Gesù non è soltanto un oggetto da contemplare, ma una finestra aperta sul mistero stesso di Dio. Ogni apparizione è un invito a mettersi in gioco davvero, con tutte le nostre contraddizioni e fragilità. Non per nasconderle, ma per scoprire che proprio lì, nel punto più vulnerabile della nostra esistenza, Dio sceglie di manifestarsi.
Allora guardiamo con attenzione queste immagini, perché nella loro strana combinazione di bellezza e dramma, dolcezza e dolore, si nasconde l’ironia più alta di un Dio che non teme mai di sorprendere. E che, soprattutto, non smette mai di invitarci a rischiare insieme a Lui la meravigliosa follia dell’amore.
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Rubrica a cura di Pietro Santoro
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