Silea, D’Alema: sacchi viola, recupero plastiche, raccolta differenziata. Ecco a cosa servono gli “sforzi” dei cittadini
Che fine fanno i sacchi viola? Quali sono le sfide dell’economia circolare per il recupero delle plastiche? Gli sforzi dei cittadini nella raccolta differenziata servono davvero? Dentro il riciclo con Silea.
Prendendo spunto da una serie di lettere indirizzate alla nostra redazione, abbiamo chiesto al direttore generale di Silea, Pietro Antonio D’Alema, di aiutarci a fare chiarezza su cosa accade ai rifiuti raccolti con il sacco viola e, più in generale, sul tema del riciclo delle plastiche nell’ambito dell’economia circolare. Direttore, qual è il percorso che seguono i rifiuti raccolti con il sacco viola nel nostro territorio? Dove finiscono e come vengono trattati?
I sacchi viola vengono portati all’impianto di selezione dei materiali riciclabili gestito da Seruso, società controllata da Silea con sede a Verderio. Si tratta di un impianto tecnologicamente all’avanguardia che grazie a quasi 1,5 km di nastri trasportatori, 15 sistemi a lettura ottica, vagli meccanici e selettori magnetici, prepara i flussi per il riciclo.
In particolare, oltre a separare le diverse tipologie di rifiuti presenti nel sacco viola (plastica, alluminio, acciaio, tetrapak), l’impianto effettua una ulteriore selezione dei materiali plastici, per conto del Consorzio nazionale Corepla, distinguendoli sia per tipologia di polimero che per colore. Per produrre “materie prime seconde” - da utilizzare sotto forma di granuli o scaglie in sostituzione delle materie “vergini” - l’industria del riciclo ha infatti bisogno di materiali omogenei in termini di composizione chimica (PET, HDPE, polistirolo, PP, ecc.) e di colore.Nell’impianto di Seruso viene dunque effettuata la separazione tra i diversi materiali. E poi?
Tutti i materiali riciclabili selezionati da Seruso, vengono imballati e consegnati ai Consorzi Nazionali di filiera dedicati: le plastiche ai consorzi Corepla, Coripet e Conip; gli imballaggi metallici a Cial (alluminio) e Ricrea (acciaio); il tetrapak a Comieco.
Ciascun Consorzio provvede autonomamente al riciclo dei flussi di competenza attraverso i propri consorziati e le industrie del riciclo. Una parte dei ricavi economici che i Consorzi ricavano dalla cessione del materiale viene destinata a Silea (sulla base di corrispettivi definiti a livello nazionale) che a sua volta la impiega per abbattere il costo del servizio di raccolta dei rifiuti coperto dalla TARI, come previsto dal metodo tariffario.Tutti i rifiuti contenuti nel sacco viola riescono davvero a essere riciclati?
Non del tutto, purtroppo. All’interno del sacco viola, infatti, circa il 15% (in termini di peso) è rappresentato da rifiuti erroneamente conferiti da parte delle famiglie e delle aziende: si tratta di “frazioni estranee” miste (carta, sacchetti biodegradabili, tessuti, piccoli RAEE, pannolini, oggetti vari, ecc.) che – non potendo essere selezionate e riciclate - vengono scartate ed inviate all’impianto di termovalorizzazione per la trasformazione in energia elettrica.
In province limitrofe alla nostra, anch’esse con elevati livelli di raccolta differenziata, l’incidenza delle frazioni estranee risulta spesso maggiore, attestandosi tra il 18% ed il 20%. Ciò significa che la raccolta con sacco “multimateriale”, come è appunto il sacco viola, può favorire errori e distrazioni nel conferimento: per questo dobbiamo impegnarci collettivamente e mantenere alta l’attenzione nella differenziata.
I margini di miglioramento ci sono.
Quali misure pensate di adottare per migliorare la qualità della raccolta differenziata?
L’introduzione del sacco viola con QR Code associato alla singola utenza, ad esempio, è stata finalizzata a migliorare la qualità della raccolta differenziata, permettendo di attivare mirate azioni di sensibilizzazione. Con molte amministrazioni comunali stiamo anche valutando l’incremento della frequenza di raccolta, da quindicinale a settimanale.
Sarà inoltre necessario promuovere una comunicazione precisa e capillare, dedicata sia agli “errori da evitare” che alla differenza tra raccolta differenziata e riciclo.
Effettivamente raccolta differenziata e riciclo vengono spesso erroneamente usati come sinonimi.
La raccolta differenziata è l’attività di separazione dei rifiuti che avviene quotidianamente nelle nostre case, utilizzando le diverse tipologie di sacchetti o di contenitori. Il riciclo, invece, è l’insieme dei processi industriali attraverso i quali i flussi di raccolte differenziate vengono effettivamente trasformati in “materie prime seconde”.
La raccolta differenziata è indispensabile per riciclare, ma non tutto ciò che è differenziato viene effettivamente riciclato. A livello nazionale, gli ultimi dati ISPRA evidenziano una differenza di circa 15 punti percentuali tra tasso di raccolta differenziata e tasso di riciclo.
Non sarebbe più utile misurare la percentuale di rifiuti effettivamente riciclati, invece di limitarci alla raccolta differenziata?
Si, sarebbe opportuno un cambio di paradigma. Anche perché gli obiettivi della Comunità Europea per i prossimi anni si basano sui parametri di riciclo.
Attualmente, tuttavia, le performance ambientali dei Comuni sono ancora misurate in base alla percentuale di raccolta differenziata. Questo indicatore, di facile calcolo, era originariamente stato introdotto per spingere le Amministrazioni locali ad avviare le raccolte differenziate nei propri territori. Pur con i suoi limiti, ha sicuramente avuto il merito di attivare una sana competizione geografica, che ha portato il nostro Paese a livelli di eccellenza europei.
Teniamo presente che non è facile misurare a livello “locale” la percentuale di effettivo riciclo poiché presso gli impianti di trattamento sono convogliati flussi provenienti da territori diversi, la cui origine non risulta dunque più “riconoscibile” e “distinguibile”: sicuramente la tecnologia digitale di tracciatura dei rifiuti sarà un importante elemento abilitante. Ritornando al nostro sacco viola, si riescono a riciclare tutte le diverse tipologie di plastiche presenti sul mercato?
Effettivamente i moderni packaging di tanti prodotti di consumo non sempre sono ambientalmente sostenibili. Il cosiddetto “riciclo meccanico” delle plastiche si scontra infatti con una serie di limiti tecnologici, che non riguardano ovviamente solo il nostro territorio bensì l’intera filiera della plastica e dell’industria del riciclo a livello nazionale.
Stiamo parlando del cosiddetto “plasmix” - un insieme di plastiche eterogenee per caratteristiche fisiche e chimiche - che all’interno del sacco viola pesa circa il 28%. Si tratta prevalentemente di imballaggi “poliaccoppiati” - utilizzati per lo più nel settore alimentare – che risultano costituiti da differenti polimeri plastici o da differenti materiali stratificati (come, ad esempio, plastica e alluminio) ma anche, seppur in parte minore, da plastiche frantumate o di piccole dimensioni che l’impianto di selezione non può riconoscere e separare.
Sebbene non possa essere attualmente trasformato in “nuova” plastica, anche il plasmix viene inviato al Consorzio nazionale Corepla che ne garantisce il recupero sottoponendolo ad ulteriori processi di selezione e trasformandolo in CSS (Combustibile Solido Secondario) che viene impiegato per la produzione di energia elettrica e termica.
Per ovviare ai limiti del “riciclo meccanico”, si stanno sviluppando nuove tecnologie di “riciclo chimico” e depolimerizzazione che, in futuro, consentiranno di trasformare anche il plasmix in nuovi materiali: è questa una delle principali sfide tecnologiche che si stanno affrontando per sviluppare ulteriormente l’economia circolare.
Per questo motivo, nel frattempo, è importante continuare a raccogliere in modo differenziato anche questi materiali. Il comportamento virtuoso dei cittadini, consolidato negli anni, è un valore prezioso per l’ambiente, da non perdere.
