Bisogna scrutare il cielo per scoprire De l'infinito, universo e mondi (Giordano Bruno)

In ogni attimo della nostra giornata siamo immersi in una costellazione di accadimenti di varia natura, con un ritmo alternato di eventi catastrofici, leziosi, fatui, luttuosi, mondani, ridicoli che filtrano nella nostra mente ipnotizzandoci, stordendoci: li accantoniamo, cercando di ridurre i troppi input per il nostro ippocampo. Passato l’attimo, in giornata ci dimentichiamo di ciò che ci è accaduto; c’è un desiderio di derubricare dalla nostra memoria tutto ciò che può darci fastidio e farci pensare. Viviamo dentro un marketing informativo di massa che cerca di manipolare, controllare anche con strumentazioni biocibernetiche la nostra mente.  

La sovrabbondanza di informazioni genera una reazione cognitiva inibente: anche gli eventi importanti e toccanti scompaiono nell’arco di poco tempo. Ci si dimentica di ciò che è accaduto, ne resta una breve traccia mnestica. Viviamo un tempo centrato, nemmeno sul presente, ma sull’attimo: il messaggio se non è elaborato, pensato, contestualizzato si azzera.

Per esempio, Caio può affermare che il giorno prima Cesare è morto a causa di ventitré pugnalate e il giorno successivo che è stato ucciso con ventitré colpi di pistola. A parte qualche risata, nessuno si scompone. Il marketing delle fake news costruisce una costellazione informativa contaminante che serve per controllare, alterare e disarticolare gli avvenimenti. La nostra mente si difende, però il clima sociale virtuale e reale ne è condizionato e diventa difficile o quasi impossibile selezionare e valutare le informazioni opportune.

È dentro questa società amnesica, frammentata, molecolare, indistinta e informe, popolata da una miriade di costellazioni informative, che è collocata la generazione post 2000, che vive la propria dimensione personale come l’unica ed esclusiva. Non esiste una dimensione normativa e valoriale definita e definibile. Le costellazioni sono molteplici e articolate. É fuorviante applicare categorie normative che si rifanno solo alla precedente generazione.

In questi giorni, a causa di una triste e maledetta vicenda, lo stigma ricorrente è quello del possesso. Il possesso appartiene al nostro linguaggio, si usa tutti i giorni e andrebbe spurgato.

Per esempio si dice: mia moglie, mio marito, mio figlio, mio amore, mio..,mio..,mio..,tuo.., tuo. Dietro al pronome c’è un nome, c’è una persona, c’è l’articolo: la moglie, il marito, il figlio. C’è un nome che va usato. Il mio patrimonio, il mio orologio, il mio giocattolo, la mia scuola, la mia maestra va sostituito con il nome. Bisogna scaraventare dalla finestra questa costellazione secolare.

Un altro stigma stereotipato ricorrente è quello del legame, dal latino ligamen, derivazione di ligare, cioè legare, tenere insieme. É una concezione che favorisce una confusione nel rapporto: l’io della persona se si sovrappone all’altro o viceversa elude la personalità dell’altro e di sé. L’Altro si impossessa dell’io e lo paralizza, lo uccide, oppure lo fa impazzire (G. Bateson)

L’altro stigma ricorrente è quello dell’amore. È paradossale ma significativo - nella manifestazione per la morte della giovane ragazza Martina - leggere lo striscione: L’amore vero non uccide. Che cosa vuol dire? Non esiste il ‘vero’. Bisogna porsi la domanda che cosa sia per i giovani la dimensione dell’amore. È uno striscione che riproduce un’idealizzazione dell’amore regressivo. La letteratura è ricca di storie d’amore finite male, pensiamo a Otello e Desdemona.  Per assurdo, nei femminicidi si uccide proprio nel nome dell’amore, di un amore deformante, patologico, criminogeno.

L’atro stigma ricorrente è quello del capro espiatorio. Si attribuiscono colpe alla scuola, alla   famiglia…ma di quale scuola e di quale famiglia stiamo parlando? Ci sono molteplicità di scuole e famiglie. Si cerca l’ideazione di un ideale normativo che non esiste. Va letta la dimensione del male. Dentro questa costellazione c’è la complessità dell’io/me, dell’Altro e della società.  Bisogna scrutare il cielo per scoprire De l'infinito, universo e mondi (Giordano Bruno)
Dr. Enrico Magni - Psicologo, giornalista
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