Merate, parco: perchè sì alle 21 donne Costituenti

In riferimento all’intitolazione del Parco di via Allende a Merate alle “Ventun donne Costituenti” e alle polemiche insorte con incontri organizzati di contro intitolazione in disapprovazione e disaccordo con tale scelta, vorrei esprimere e condividere alcune riflessioni importanti che sostengono la scelta del Comune di Merate e che tutti dovremmo conoscere e ricordare.
Il 1^ febbraio del 1945, a guerra ancora in corso, viene adottata la prima norma che estende il diritto di voto alle donne: è un primo passo che riconosce alle italiane il “diritto di eleggere”. Al conseguimento di questo storico risultato vi è l’impegno profuso dalle donne italiane nelle città occupate e devastate dalla guerra, nei campi di prigionia e negli insediamenti produttivi e il ruolo svolto dalle donne nella Resistenza (ruolo spesso dimenticato o sminuito). Il successivo passo verso la conquista del “diritto ad essere elette” verrà riconosciuto con un decreto del gennaio 1946 per le elezioni amministrative dello stesso anno. Per l’Assemblea costituente invece un decreto del marzo 1946 completa ed integra la normativa, riconoscendo l’elettorato passivo a 25 anni.
E’ un primo segnale importante, ma ciononostante, i partiti presentano per la Costituente ancora un numero limitato di candidature femminili che complessivamente sono 226: 68 nelle liste del Partito comunista, 29 nella Democrazia Cristiana, 16 nel Partito socialista, 14 nel Partito d’Azione, 8 nell’Unione democratica nazionale, 7 nell’Uomo Qualunque e 84 in altre liste. Su 556 deputati eletti, le donne sono 21: 9 comuniste (Adele Bei, Nadia Gallico Spano, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angiola Minelli, Rita Montagnana, Teresa Noce, Elettra Pollastrini e Maria Rossi), 9 democristiane (Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria de Unterrichter, Maria Federici, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Maria Nicotra e Vittoria Titomanlio), 2 socialiste (Bianca Bianchi e Lina Merlin) e 1 dell’Uomo Qualunque (Ottavia Penna). Donne molto diverse tra loro per cultura, esperienze politiche, età.
Donne che però seppero dar voce comune all’elaborazione della Carta Costituzionale e alle legittime aspirazioni di emancipazione delle donne italiane.
Le Ventun deputate elette dall’Assemblea Costituente parteciparono attivamente all’elaborazione del testo della Costituzione; una significativa testimonianza di questo impegno lo ritroviamo nelle proposte di emendamenti da esse sottoscritte al Progetto di Costituzione. Particolare attenzione è rivolta alla pari opportunità: ad esempio gli emendamenti all’articolo 48 (poi divenuto art. 51 del testo definitivo) sulla parità di accesso di ambo i sessi agli uffici pubblici e alle cariche elettive che risultano sottoscritti da deputate appartenenti a diversi schieramenti politici.
Pur appartenendo a forze politiche molto distanti, le donne costituenti seppero trovare modi e punti di incontro per garantire alle Italiane e agli Italiani eguaglianza di diritti e pari opportunità nella nuova Carta costituzionale dell’Italia democratica entrata in vigore il 1^ gennaio 1948.
Alla luce di tutto questo non riesco a comprendere gli intenti di sminuire o contrastare tale intitolazione. Ritengo importante che anche la Toponomastica delle nostre città sia profondamente “pensata”, perché gli aspetti culturali sono profondi e veicolano o eliminano, anche attraverso queste scelte, atteggiamenti discriminatori più o meno sottesi. Gli stereotipi di genere contribuiscono alla formazione e alla sedimentazione di un determinato pensiero che purtroppo tende a considerare ancora oggi le donne in modo differente. I pregiudizi poi si ripercuotono nel modo di pensare e agire della nostra società.
L’equità di “spazi” politici, sociali, culturali ed elettorali per cui le Ventun donne Costituenti hanno lottato, deve oggi indurci a riflettere nel richiedere nuovamente un intervento culturale “in primis”, di cui tutte e tutti abbiamo bisogno, in un pressoché totale e silente dominio maschile nella Toponomastica, come in molti altri ambiti della nostra società.
Il cambiamento deve cominciare anche da scelte concrete come questa in discussione. Per tanti secoli sono stati riprodotti e si ripropongono tutt’oggi gli stessi meccanismi stereotipati di genere presenti e consolidati in tutti i livelli della società, delle istituzioni, del lavoro e dei mezzi di comunicazione.
Iniziare a cambiare la prospettiva è senza dubbio un'impresa difficile, perché il nostro modo di pensare purtroppo si muove ancora in una narrazione socioculturale maschile.
Grazie dunque all’assessora Patrizia Riva, al sindaco e all’amministrazione del Comune di Merate. 
Violaine Orio
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