Sull'incontro con la prof. Cartabia

Essendo circoscritto solo al mondo studentesco mi ero permesso di indirizzare pubblicamente questo mio scritto con annessa domanda per la prof. Cartabia relativamente all'incontro che si è svolto il 21 maggio presso l'Istituto Bachelet di Oggiono dal titolo ''La forza del diritto e il bisogno di giustizia''.https://www.casateonline.it/notizie/149363/cara-prof-ssa-cartabia-quale-servizio-alla-legalit-a.

E' un peccato che dai resoconti mediatici emerga che quasi tutte le considerazioni dell'emerita giurista si siano incentrate sulla pur assai importante questione della “Giustizia Riparativa”.
https://www.casateonline.it/notizie/149391/bachelet-marta-cartabia-incontra-gli-studenti-quot-la-giustizia-riparativa-non-e-debolezza-ma-responsabilit-a-quot

Certo questo è un argomento assai significativo attinente anche alla Riforma che ha preso il nome dalla professoressa, nonché ex ministro di Giustizia del governo Draghi, ma forse non del tutto centrale visto il titolo dell'incontro, che ritengo non a caso si riferisse soprattutto al “bisogno di giustizia” effettiva.

Un titolo che non poteva non orientare anche ad analizzare la sostanza dei contenuti della citata Riforma visto che erano e sono proprio i suoi contraddittori effetti sul mondo giudiziario ad essere oggetto di reiterate critiche di molti eminenti esponenti della Magistratura, specialmente quella più direttamente impegnata nel contrasto alle Mafie e ai reati dei cosiddetti “Colletti bianchi”.

A titolo illustrativo, quanto assai significativo, di tali critiche cito per ovvie esigenze di sintesi solo un paio di passaggi del Sostituto procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Nino di Matteo (uno dei tanti che si è espresso più volte criticamente) nel libro del novembre 2021 “I nemici della Giustizia”, scritto in collaborazione con il coraggioso giornalista Saverio Lodato. 

Tali esplicite affermazioni si riferiscono ad uno dei più arrischiati aspetti ( ce ne sono diversi altri) della Riforma e cioè all'introduzione della cosiddetta “improcedibilità” che letteralmente può far evaporare i processi introducendo termini molto ristretti di decadenza:

“Il processo va in fumo. E' questo che vuol dire? Sì, l'imputato, sia quello condannato in primo grado sia quello assolto, non saprà mai se il primo verdetto era giusto e fondato su una corretta valutazione delle prove. Per non parlare delle parti offese, di quanti si sono costituiti parte civile, dei parenti delle vittime di reati gravi come, fra i tanti altri, i disastri colposi, le estorsioni, gli atti violenti diretti contro le persone, i reati contro la pubblica amministrazione. Nessuna vittima, neanche quella che si è esposta al punto tale da denunciare per prima fatti illeciti gravi, potrà avere certezza che un processo si concluda con una decisione di merito...”

“ Credo che ad avvantaggiarsi di più del meccanismo dell'improcedibilità saranno proprio gli imputati più abbienti, i colletti bianchi, le espressioni della criminalità che hanno il potere e i mezzi economici per avvalersi di collegi di avvocati che non mirino all'effettiva difesa tecnica nel processo, ma alla dilatazione dei suoi tempi al fine di poter giungere a una declaratoria di improcedibilità. Ovvero al momento in cui il processo svanirà nel nulla.”

Giudichi il lettore se tutto ciò potesse perlomeno essere uno degli oggetti di una pertinente trattazione nel corso dell'incontro con quell'insigne personaggio pubblico e recante quel titolo. Il tutto peraltro inserito in un percorso di educazione alla legalità finalizzato in primis a giovani studenti e legato anche alla celebrazione che si svolge ogni anno il 23 maggio in memoria della strage di Capaci. 

Quantomeno si sarebbe potuto cogliere l'occasione anche per sentire le sue magari fondate contro argomentazioni contribuendo così ancor più a sviluppare quel senso responsabilmente critico che lodevolmente, mi sembra, costituisca il fine di queste più che significative iniziative.

Tutto ciò non vuol dire alimentare la polemicità ne tanto meno il disfattismo ma semplicemente contribuire ad esercitare il diritto/dovere di una consapevole partecipazione civica. Una partecipazione attiva che alleni a costruttivamente discernere e riconoscere meriti e demeriti anche delle nostre istituzioni, che, sono certo, sia alla base anche delle intenzioni dei proponenti.
Germano Bosisio
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