S. Maria, maxi evasione: chiesti 4 anni di reclusione e 9 milioni di confisca. Sentenza prevista a giugno
4 anni ciascuno e la confisca di più di 9 milioni di euro: è la richiesta di condanna formulata oggi dalla Procura europea nei confronti dei due amministratori delegati di Giovenzana International BV, la ditta di elettronica con sede a Santa Maria Hoè. Entrambi sono accusati di frode fiscale davanti al Tribunale di Lecco.
L'inchiesta condotta dalla procura europea era scattata nel 2019, a seguito di una verifica fiscale nei confronti dello storico stabilimento brianzolo rappresentante fiscale ai fini IVA di una persona giuridica di diritto olandese, con sede legale ad Amsterdam. Le indagini avevano portato il nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Lecco a dare esecuzione a un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del capoluogo lariano e congelare almeno 10 milioni di beni intestati alla società.
Secondo il quadro accusatorio i due, grazie allo schema denominato “Dutch Sandwich” (una forma di tecnica di evasione fiscale che prevede l'utilizzo di società madri in Paesi diversi per spostare i profitti in paradisi fiscali), tra il 2013 e il 2018 avrebbero raggiunto un fatturato effettivo in Italia di circa 50 milioni di euro tra il 2013 e il 2018 e un'IVA non versata di oltre 10 milioni.
In sostanza pare che l'azienda brianzola commercializzasse i propri prodotti - componenti elettrici per l'automazione - all'interno del territorio italiano, fingendo fraudolentemente che la merce fosse destinata ad altri Stati membri dell'UE e, quindi, esente da IVA, abusando della sede estera fittizia della società. L'indagine ha invece dimostrato che la sede reale della società - cioè la cosiddetta "sede di direzione effettiva" - si trovava in provincia di Lecco e non nei Paesi Bassi e si avvaleva del "tax inversion", meccanismo di evasione fiscale internazionale. Si sarebbe trattato di una sede talmente fittizia secondo il delegato della procura europea che, come emerso da istruttoria dibattimentale, la sede di Amsterdam avrebbe contato un solo dipendente (un “commercial assistant”), mentre nei verbali delle assemblee aziendali sarebbe figurato come unico partecipante uno dei due odierni imputati. Secondo l'impianto accusatorio, che oggi ha portato alla richiesta di condanna per i due manager, la società con sede fittizia nei Paesi bassi aveva creato un sistema societario complesso, in cui era controllata da una holding registrata nelle Antille olandesi (in un regime fiscale preferenziale) e poi da un'altra società anch'essa apparentemente con sede nei Paesi Bassi.
Il procedimento penale incardinato davanti al giudice Angelo Parisi è stato aggiornato al prossimo mese per la sentenza.
L'inchiesta condotta dalla procura europea era scattata nel 2019, a seguito di una verifica fiscale nei confronti dello storico stabilimento brianzolo rappresentante fiscale ai fini IVA di una persona giuridica di diritto olandese, con sede legale ad Amsterdam. Le indagini avevano portato il nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Lecco a dare esecuzione a un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del capoluogo lariano e congelare almeno 10 milioni di beni intestati alla società.
Secondo il quadro accusatorio i due, grazie allo schema denominato “Dutch Sandwich” (una forma di tecnica di evasione fiscale che prevede l'utilizzo di società madri in Paesi diversi per spostare i profitti in paradisi fiscali), tra il 2013 e il 2018 avrebbero raggiunto un fatturato effettivo in Italia di circa 50 milioni di euro tra il 2013 e il 2018 e un'IVA non versata di oltre 10 milioni.
In sostanza pare che l'azienda brianzola commercializzasse i propri prodotti - componenti elettrici per l'automazione - all'interno del territorio italiano, fingendo fraudolentemente che la merce fosse destinata ad altri Stati membri dell'UE e, quindi, esente da IVA, abusando della sede estera fittizia della società. L'indagine ha invece dimostrato che la sede reale della società - cioè la cosiddetta "sede di direzione effettiva" - si trovava in provincia di Lecco e non nei Paesi Bassi e si avvaleva del "tax inversion", meccanismo di evasione fiscale internazionale. Si sarebbe trattato di una sede talmente fittizia secondo il delegato della procura europea che, come emerso da istruttoria dibattimentale, la sede di Amsterdam avrebbe contato un solo dipendente (un “commercial assistant”), mentre nei verbali delle assemblee aziendali sarebbe figurato come unico partecipante uno dei due odierni imputati. Secondo l'impianto accusatorio, che oggi ha portato alla richiesta di condanna per i due manager, la società con sede fittizia nei Paesi bassi aveva creato un sistema societario complesso, in cui era controllata da una holding registrata nelle Antille olandesi (in un regime fiscale preferenziale) e poi da un'altra società anch'essa apparentemente con sede nei Paesi Bassi.
Il procedimento penale incardinato davanti al giudice Angelo Parisi è stato aggiornato al prossimo mese per la sentenza.
F.F.