Lecco: il tumore alla mammella chiude la Cultura della salute. Per individuarlo: screening, radiologia e anatomia patologica

Si è concluso con la serata dedicata al carcinoma della mammella il ciclo di tre incontri proposti dall'Azienda Ospedaliera di Lecco in collaborazione con ASL, il cui scopo primario è stato quello di informare la cittadinanza sull'offerta dell'Ospedale Manzoni e del Mandic di Merate in materia di prevenzione e cura delle neoplasie. I tre incontri, proposti in date differenti sia a Lecco presso il Centro Sociale di Germanedo sia a Merate, sono stati dedicati rispettivamenteal tumore del colon-retto, a quello del polmone e in ultimo a quello della mammella, vale a dire alle tre neoplasie con maggiore incidenza sulla popolazione. Gli specialisti di ognuna delle discipline che collaborano al trattamento della patologia hanno presentato ai cittadini in maniera semplice ed esaustiva quello che è il loro contributo, mostrando come la  multidisciplinarietà sia ormai una caratteristica imprescindibile dell'attività ospedaliera: un'attività che nientemeno offre un presidio di 360° al paziente, sia per quanto riguarda la diagnosi che per il trattamento di cura.Il carcinoma della mammella rappresenta la prima causa di morte per tumore nella popolazione femminile; tuttavia le  numerose ricerche condotte hanno determinato un mutamento radicale dell'approccio sia diagnostico che terapeutico a questa neoplasia.

Le tre relatrici: Ilardo (screening), Pastore (radiologia), Sacco (radioterapia)

Come diagnosticare il tumore alla mammella?

L'attività di screening

In questi ambito risulta fondamentale l'attività di screening mammografico, promossa dall'ASL di Lecco sin dal 1999. Lo screening, come ha detto la responsabile dell'ASL, Dott.essa Ilardo, è un intervento in grado di cambiare la storia naturale della malattia. Il primo dato positivo da rilevare è il sensibile aumento delle adesioni a questo esame negli ultimi anni: nel 2010 s'è calcolato che ben il 72% della popolazione femminile ha risposto all'invito inoltrato da ASL (valido lo ricordiamo per le donne tra i 50 e i 69 anni): unnumero incoraggiante, che ha spinto a creare un progetto di recupero per le donne che non hanno mai risposto all'invito (2600 sono state le cittadine contattate e "convinte" a sottoporsi all'esame). L'importanza dello screening viene anche da un altro dato: la riduzione del 35% della mortalità per causa specifica del tumore alla mammella, dovuta al fatto che la malattia eventualmente individuata dall'esame di prevenzione risulta essere in stadio precoce, sulla quale dunque è possibile un intervento tempestivo. A questo proposito sono stati illustrati i dati di attività di screening nell'anno 2010 per la Provincia di Lecco: su 19.594 donne invitate 11.887 hanno eseguito l'esame. Ad ulteriori analisi 57 si sono rivelati casi di cancro, la maggior parte in stadio precoce. Numeri davvero positivi che testimoniano l'importanza di sottoporsi allo screening.
La radiologia, coadiuvante del medico chirurgo

Nella "ricerca" del tumore un ruolo primario è coperto dalla Radiologia, le cui attività sono state illustrate dalla Dott.ssa Luigina Pastore. Lo strumento più efficace a disposizione è la mammografia, un esame che va eseguito ad intervalli regolari. Nella povincia di Lecco l'esame mammografico è offerto dai tre PresidiOspedalieri di Lecco, Merate e Bellano nonché dalle tre cliniche convenzionate (San Nicolò, Mangioni e Talamoni). Grazie a questo sussidio sono molti i tumori scoperti detti di primo stadio, ovvero quando i linfonodi non sono ancora malati e dunque l'intervento risulta più efficace. Questi tumori tendenzialmente non sono palpabili, risultano "clinicamente occulti": al chirurgo perciò occorre un coadiuvante, offerto degnamente dalla radiologia: in caso di donne giovani e con familiarità al carcinoma si può ricorrere alla risonanza magnetica nucleare, praticata al Manzoni dal dicembre 2009. "Il cancro alla mammella - ha detto la Dott.essa Pastore - è una malattia progressiva. Nostro compito è arrestare il processo patologico: prima lo si arresta, migliori saranno i risultati". Alcunidati: nell'ultimo anno al Manzoni sono state eseguite 7.500 mammografie, 650 sono stati i casi con esito positivo da trattare ulteriormente, 150 le risonanze magnetiche nucleari effettuate. Il tutto con una costante attenzione verso la situazione clinica, familiare e psicologica della paziente.
L'anatomia patologica

L'anatomopatologo è una figura che ha subito un'evoluzione importantissima in ambito oncologico. Per molto tempo visto come il medico che effettua autopsie, oggi è quella figura indispensabile per erogare le cure al paziente affetto da neoplasia, in quanto si occupa di fornire una mappa biologia della patologia, analizzandone i campioni prelevati. Come ha illustrato il Dott. Emanuele Dainese, quattro sono le fasi in cui l'anatomia patologica opera: la fase diScreening, quella intra-operatoria, quella definitiva e quella di diagnostica dei parametri biologici della neoplasia. Per ognuna di queste fasi sono state elaborate metodiche sempre più sofisticate: nella fase di screening ci si avvale dell'agoaspirato e dell'agobiopsia soprattutto; durante la fase operatoria l'anatomopaotologo fornisce al chirurgo le indicazioni sulla dimensione delcarcinoma e valuta i suoi margini; in fase definitiva si "confezionano" i referti coi parametri per fare una prognosi del tumore prelevato; infine si procede a suggerire al medico oncologo la mappatura vera e propria della malattia, in modo tale che egli possa avviare la terapia mirata per quella data paziente. Questa guida si costruisce su una serie di osservazioni, per esempio: la neoplasia risponde o meno agli stimoli ormonali? A che velocità cresce?L'oncologo si orienterà di conseguenza.

Il chirurgo dr. Recalcati e l'oncologa dott.ssa Visini

Una volta individuato il cancro, come trattarlo?

La chirurgia

Tradizionalmente la chirurgia oncologica della mammella prevede l'asportazione del tumore mediante la resezione di parte o di tutta la mammella, associata all'asportazione dei linfonodi dell'ascella (il cosiddetto linfonodo sentinella è il primo del cavo ascellare ad essere sede di cellule tumorali). Ma anche in questo orizzonte sono stati fatti dei passi avanti: infatti grazie al trattamento integrato con la radioterapia (postoperatoria) e la chemioterapia(preoperatoria) gli interventi chirurgici alla mammella sono diventatisempre più conservativi, mantenendo il massimo trattamento terapeutico. Ridotti notevolmente i casi di mastectomia, l'intervento più demolitivo, e anche in questa eventualità è possibile eseguire un'operazione di chirurgia plastica per la ricostruzione della mammella (lipofiling).
La radioterapia

La radioterapia è un trattamento loco regionale con lo scopo di ridurre il rischio di recidiva locale della neoplasia. Non è comunque possibile eseguire questo tipo di trattamento in ogni condizione: gli specialisti rilevano due tipi di controindicazioni: assolute e relative. Tra le controindicazioni assolute ci sono la gravidanza e la presenza di gravi disturbi comportamentali. Tra quelle relative la presenza di mammelle voluminose, altre neoplasie in concomitanza conquella alla mammella, la presenza di pacemaker. La radioterapia va eseguita entro 6 mesi dall'operazione chirurgica ma è sconsigliata in caso di mastectomia. Ovviamente, trattandosi comunque di radiazioni, si possono palesare una tossicità acuta (eritemi, lacerazione della cute, polmonite subacuta) e una tardiva (sclerosi sottocutanea, un secondo tumore indotto). I casi di complicanze post trattamento sono comunque pochi, anche per la pratica, in evoluzione, di irradiare parzialmente la mammella, evitando di coinvolgere una zona troppo estesa nella terapia.
L'oncologia
A presentare le possibilità di questa branca della medicina è stata la Dott.ssa Visini dell'Ospedale Manzoni di Lecco. L'oncologo utilizza dei farmaci per cercare di curare il tumore: chemioterapia, ormoneterapia, i nuovi farmaci intelligenti (biologici) e la sua attività non può prescindere da tutte le pratiche accennate fin'ora. "Grazie alla ricerca, all'evoluzione delle strumentazioni, al personale di qualità e alla scoperta dei trattamenti più adeguati, assistiamo oggi alla diminuzione della mortalità, anche se i casi ditumore sembrano essere aumentati. In ambulatorio ci troviamo di fronte a neoplasie sempre più piccole, precoci." Il programma di screeningmammografico (ma vale anche per il tumore al colon retto) così attento ha sicuramente aiutato a formare tra i cittadini una cultura della prevenzione, grazie alla quale la diagnosi può avvenire più precocemente. Tra le sfide della medicina in ambito oncologico c'è quella del preservare la fertilità in quelle donne affette da tumore prima di avere figli. "Non possiamo più non porci questo problema - ha detto la Visini - tant'è che è stata avviata una collaborazione con l'Ospedale di Monza per prelevare e preservare gli ovociti di questepazienti, anche se le modalità dovranno ancora essere messe a punto." Un ciclo di incontri utile ed educativo, adeguatamente trasmesso ai "non addetti ai lavori" che hanno così avuto modo di effettuare un viaggio all'interno della struttura ospedaliera lecchese, la quale offre davvero tante possibilità, all'avanguardia, che permettono di curare il tumore senza doversi recare in altri e più lontani centri. Da ricordare il fondamentale supporto offerto dalle Associazioni di Volontariato, le cui attività si integrano perfettamente con quella dell'Azienda Ospedaliera, compensando laddove essa ha qualche (naturale) carenza.
Caterina Franci
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