Merate, viale Verdi, ing. Debernardi e arch. Jappelli: una occasione persa sia in termini economici sia sulla qualità offerta ai cittadini. Ma qualche miglioria si può ancora fare

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L'Ing. Andrea Debernardi e l'Arch. Federico Jappelli
Egregio direttore,
                la vicenda della riqualificazione di viale Verdi è recentemente tornata d’attualità, purtroppo anche a causa dell’incidente mortale occorso ad un ciclista, e vorremmo a questo proposito avanzare qualche riflessione dal nostro particolare punto di vista. Entrambi infatti siamo stati coinvolti dalla vicenda, l’uno in quanto redattore del piano del traffico del 2007, rimasto largamente inattuato, e l’altro in quanto vincitore del concorso d’idee del 2016-17, con una soluzione anch’essa piuttosto lontana da quella poi effettivamente realizzata.
                Ci sembra comunque doveroso chiarire che, anche se le nostre vicende professionali ci hanno portato oggi ad essere responsabili di una stessa società d’ingegneria, le vicende relative al viale si sono sviluppate negli anni scorsi attraverso percorsi tecnici paralleli, ma indipendenti fra loro.

                Quel che ci sembra importante rimarcare, leggendo i numerosi commenti pubblicati dal Suo giornale, è un certo senso di “smarrimento” degli obiettivi che molti attribuivano al progetto, almeno inizialmente. Si pensava ad un viale di facile fruibilità per pedoni e ciclisti, utilizzato da flussi di traffico non troppo intensi a velocità moderate, con origine e/o destinazione locale e ridotte componenti di transito; mentre oggi, a quanto pare, ci si trova di fronte alla realtà di un asse di scorrimento caratterizzato da un traffico intenso e veloce, anche con presenza di veicoli pesanti.

                In qualche modo, l’intera vicenda sembra soffrire di un’insufficiente chiarezza degli obiettivi, o quanto meno di un loro progressivo indebolimento a fronte di logiche tecniche di progettazione dell’asse non coerenti con le aspettative iniziali, così come con la gerarchia funzionale delineata dal piano del traffico.

                Diciamo questo perché, nella progettazione degli spazi pubblici, è normale che su uno stesso spazio si sovrappongano aspettative, timori, progettualità differenti, a fronte delle quali il tecnico non può limitarsi a riproporre standard geometrici asettici; al contrario occorre adottare strumenti mirati ed efficaci per garantire, punto per punto, un equilibrio adeguato tra le diverse funzioni di scorrimento veicolare, sosta, protezione di ciclisti e pedoni, salvaguardia del verde urbano, ecc… Non è un compito facile, e per ottenere risultati concreti occorre che la competenza tecnica si affianchi ad una interazione efficace con tutti i soggetti interessati, a partire dai residenti e dagli operatori economici che vivono lungo la strada stessa.

                Non è nostro compito indagare sui motivi per la catena di trasmissione tra gli obiettivi iniziali ed i risultati finali si sia indebolita nel corso delle diverse fasi di ideazione e realizzazione dell’intervento. Ci sentiamo però di affermare che il progressivo smarrimento degli obiettivi iniziali è stato il frutto anche di un mancato approfondimento delle logiche d’uso reali e desiderate per questo spazio

Infatti, per conseguire obiettivi delicati come quelli richiesti da viale Verdi, occorre gestire efficacemente anche il processo di consultazione con i cittadini, i comitati ed i commercianti ovvero non ridurre l’interazione pubblica a semplice accessorio della progettazione. Nel contempo, è anche necessario che i soggetti non tecnici chiamati a partecipare al processo affrontino il compito responsabilmente, evitando di sposare facili slogan e di contrapporsi su obiettivi tanto parziali, quanto alla fine inefficaci. In assenza di questi ingredienti fondamentali, il rischio è di smarrire non soltanto gli obiettivi iniziali dell’intervento, ma anche la stessa natura “pubblica”, e dunque aperta agli usi di molti soggetti diversi, degli spazi urbani.

Di fatto, la situazione che si è venuta a determinare risulta ormai difficilmente recuperabile: si tratta in buona misura dell’ennesima occasione perduta, sia in termini economici (soldi pubblici) sia in termini di qualità di offerta per la cittadinanza. Forse non proprio tutto è sprecato però: alcune soluzioni tecniche innovative caratterizzate da un approccio più flessibile e adattivo al disegno delle strade urbane, sorrette in parte anche dell’attuale normativa del Codice della strada (pure soggetta a continui ripensamenti ministeriali), potrebbe consentire qualche possibile miglioramento per riscattare l’attuale condizione di viale Verdi e restituire ai cittadini uno spazio stradale dotato di più sicurezza e vivibilità. Alla condizione però di riprendere un processo capace di allocare in modo più circostanziato le responsabilità che spettano ai tecnici, agli amministratori ed ai cittadini interessati.
Ing. Andrea Debernardi - Arch. Federico Jappelli
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