L’intervento di Giliola Sironi pone un tema su cui riflettere: se Meratese e Casatese si dividono sarà il Mandic a pagare il conto

A Giliola Sironi, che grazie a Dio è ancora in ottima forma, consigliamo di aprire una scuola serale di politica. Gratuita si capisce. Gli allievi potenziali sono tantissimi, assai meno coloro che ammettono di avere bisogno di qualche lezione. Eppure dal nostro quarantennale osservatorio ci siamo fatti persuasi che dal sindaco di Merate alla presidente della Provincia passando per numerosi primi cittadini dell'uno e dell'altro schieramento una sessione serale alla settimana per un anno sarebbe quando di più auspicabile per noi che da costoro siamo amministrati.

Chi ha memoria sa che per accedere all'Aula consiliare, un tempo, si doveva prima fare gavetta nelle sezioni, Dc, Psi e Pci autentiche scuole di politica, al di là delle vedute. Le nuove generazioni hanno saltato la gavetta cavalcando più le ambizioni personali e che il desiderio di servire la propria comunità. Così faticano a vedere i problemi per quello che sono limitando lo sguardo miope a guardarli per ciò che possono servire nella lotta politica.

Nel suo intervento Giliola Sironi, utilizzando la vicenda di Retesalute come cartina di tornasole dell'incapacità di questa classe dirigente di affrontare con concretezza i problemi - in altri tempi una vicenda di conti che non tornano e non per arricchimenti personali o appropriazioni indebite sarebbe stata risolta in un paio di assemblee dei soci - pone una questione essenziale per il territorio: la spaccatura della Brianza autentica con il Casatese da una parte e il Meratese dall'altra.

Storicamente, sin dai tempi di Luigi Zappa e Giovanni Maldini, i due circondari hanno marciato uniti, dando risposte a necessità fondamentali come l'acqua con spirito unitario. Insieme Zappa e Cesana per il meratese e Sironi e Molteni per il casatese hanno fatto del presidio ospedaliero di Merate un esempio a livello regionale, elogiato persino da un paio di Ministri della Salute (Sirchia e Bindi).

La questione Retesalute ha spezzato l'asse di ferro che legava Merate e Casatenovo, Filippo Galbiati e Andrea Massironi, e oggi si teme che Galbiati guardi a ovest e Massimo Panzeri a est.

Attenzione perché il tema è centrale, come ben opportunamente ha sottolineato l'ex consigliere regionale e ex assessore provinciale Sironi: se il casatese prende un'altra strada, visto il disinteresse di Merate per il suo ospedale, e imbocca la provinciale che porta a Oreno, all'ospedale a petali, per il San Leopoldo Mandic è davvero la fine. La fine di una storia che ha 162 anni, la fine di un indotto economico che pure ridimensionato ha ancora una sua valenza.

Merate continuando sulla strada del non volersi scontrare con i vertici lecchesi e meno ancora con i sodali in Regione sta decretando forse inconsciamente la conclusione di una tradizione sanitaria che ha avuto e ha ancora punte di assoluta eccellenza.

Di questo passo il presidio finirà per sostituire l'Umberto I° di Bellano nella lungodegenza perdendo via via la caratteristica di ospedale per acuti.

Chi non se ne rende conto commette un gravissimo attentato al proprio territorio.

Il Casatese svolge una funzione insostituibile nella difesa dei servizi territoriali per dimensione di bacino e abitanti equivalenti. Se il suo sindaco di punta, Filippo Galbiati, perde la fiducia nei confronti di Merate e guarda altrove, finirà davvero per ritenersi più vicino al monzese che al lecchese, punterà a sostenere l'ospedale di Vimercate, molto vicino, più che quello di Largo Mandic.

Allora sì che il disastro politico sarà completo. E non basteranno 4,5 milioni per abbellire via Verdi a ridurne la catastrofica portata.

Claudio Brambilla
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