La Semina: ''Gli anni del nostro incanto'' di Giuseppe Lupo con un'Italia che rinasce ... da una foto


Come nasce un romanzo? Si può partire da un'intuizione, da un'idea o - come in questo caso - da una fotografia.  L'associazione La Semina nata a Merate e ora con sede ad Arlate ha ospitato online Giuseppe Lupo, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l'Università Cattolica, che ha raccontato la genesi del suo nuovo romanzo "Gli anni del nostro incanto", edito da Feltrinelli. In realtà l'autore non ha presentato solo il suo romanzo, ma ha regalato uno spaccato del lavoro dello scrittore e di come riesca ad immedesimarsi nei suoi personaggi anche a partire da particolari apparentemente insignificanti.


Lupo ha spiegato di aver trovato la foto - che è poi diventata la copertina del suo libro - sul Corriere della Sera circa quindici anni prima: in una domenica di aprile degli anni Sessanta è racchiusa già la storia di una famiglia in Vespa. Ma come conoscere qualcosa in più di questi personaggi di cui l'autore non sa nulla? Lupo immagina la storia dai piccoli dettagli, come un cellophane sul sellino della Vespa o  la lunghezza delle gambe della donna. Lui è un emigrato meridionale, lei una donna veneta. Una coppia come tante nella Milano degli anni del boom economico. Non si tratta di una famiglia ricca, altrimenti avrebbero comprato una 500 o una 600.  Forse lui è un operaio e lei una parrucchiera; il primogenito è seduto sulla punta del sellino in un equilibrio precario, mentre la bimba, che non ha ancora compiuto un anno, è protetta tra il seno della madre e una borsetta. Tutti guardano avanti, verso il futuro che accomuna l'Italia che vive nella speranza di un domani migliore. Se si osserva più attentamente, si vede piazza Fontana, un'ombra che si allunga silenziosa, l'inizio della stagione delle stragi che interrompe bruscamente i sogni "dell'umile Italia". 

Vent'anni dopo, nei giorni in cui la Nazionale di calcio italiana vince i Mondiali di Spagna, una ragazza si trova al capezzale della madre che improvvisamente ha perso la memoria. Il suo compito è di ricordare e narrare il passato, facendosi aiutare da quella foto. Prende così avvio il racconto di una famiglia nell'Italia spensierata del miracolo economico, una nazione che si lascia cullare dalle canzoni di Sanremo, sogna viaggi in autostrada, si entusiasma con i lanci nello spazio dei satelliti americani e sovietici, e crede nel futuro. Almeno fino a quando non soffia il vento della contestazione giovanile e all'orizzonte si addensano le prime ombre del terrorismo: dopo la strage di piazza Fontana finisce un'epoca favolosa e ne comincia un'altra. La città simbolo dello sviluppo industriale si sporca di sangue e di violenza, mostra il male che si annida e lascia un segno sul destino di tutti. 
"Sono i personaggi che ti portano dentro una storia" - ha spiegato Lupo.  - "Come scrittore scelgo un'ambientazione e un tempo. In questo caso, ho deciso di utilizzare i personaggi di una foto. Come l'attentato di piazza Fontana chiude l'epoca degli anni '60, la vittoria dei Mondiali di Spagna del 1982 ne apre una nuova, quella della Milano da bere". La storia che Lupo ha portato alla luce è un racconto di immigrazione in una Milano che è per tradizione "una città inclusiva". Anche oggi Milano sta affrontando il fenomeno simile, qualcosa di uguale e diverso da quello degli anni '60. "Non bisogna avere paura dell'altro. Se mi confronto con gli altri, capisco chi sono" - ha detto Lupo.
In chiusura lo scrittore ha analizzato "l'illusione del benessere degli anni '80", un'epoca fragile che vuole lasciare alle spalle il "plumbeo degli anni di piombo". L'autore ha anticipato la prossima pubblicazione di un nuovo libro che riparte proprio da questo periodo e che riprende i fili della storia d'Italia lasciati in sospeso dal goal di Tardelli.
B.V.

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