Merate: il ricordo dei caduti di Nikolajewka attraverso la resistenza e la resa nelle mani di Dio


"26 gennaio 1943, fronte russo. Dopo una marcia di duecento chilometri con un temperatura di quarantacinque gradi sotto zero, raccogliendo anche soldati di altri reparti ed eserciti, gli Alpini della tridentina giungono davanti a Nikolajewka, completamente circondati. Malgrado la situazione dei reparti fosse al limite della capacità operativa, agli ordini del loro comandante, il generale Reverberi, dopo una giornata di lotta riescono a rompere l'accerchiamento. Una vittoria, si disse, ma con un grande tributo in termini di vite umane. Dei 61.000 combattenti all'inizio della battaglia, solo poco più di 13.000 si ritrovarono fuori dalla sacca. Più di 10.000 sono sepolti nel terrapieno della ferrovia. Tra i sopravvissuto c'era un esile prete, ora beato: don Carlo Gnocchi."


È con queste parole che il presidente del gruppo Alpini di Merate Claudio Ripamonti ha accolto le penne nere della sezione di Lecco e Monza, del gruppo di Merate e di molti gruppi della provincia nella chiesa parrocchiale di Merate nella serata di venerdì 21 gennaio, il 79° anniversario della battaglia Nikolajewka.



"Mentre preparavo queste due righe mi sono chiesto: che cos'è oggi la nostra Nikolajewka? In momenti di pandemia come questi ho pensato a raffrontare quei momenti a questi che stiamo vivendo. I ragazzi di Nikolajewka hanno cercato in tutti i modi di uscire dalla sacca, così anche noi unendo le forze dobbiamo cercare di fare altrettanto".

Ad anticipare la Santa Messa celebrata da don Luigi Peraboni è stato il ritrovo degli Alpini con i rappresentati delle forze dell'ordine e del sindaco Massimo Panzeri al monumento dei caduti davanti al municipio di Merate. Come da tradizione, sotto le note dell'inno d'Italia è stato eseguito l'alzabandiera. A seguire sono stati onorati i caduti con la posa della corona. Quindi il gruppo si è incamminato verso piazza Prinetti, proseguendo per piazza Vittoria, fino a raggiungere la chiesa di Sant' Ambrogio.

Don Luigi Peraboni

Nel corso della sua omelia don Luigi, traendo spunto dalla lettura del vangelo, ha voluto rivolgere l'attenzione dei presenti su un quesito: come faccia la parola di Dio ad aiutarci a illuminare questi tempi. "Per rispondere a questa domanda mi sembra importante riscoprire due parole - ha continuato il sacerdote - Resistenza e resa. La resistenza ci fa intuire come nelle situazioni della vita le cose non sempre vadano via lisce come l'olio. Le problematiche sono sempre dietro l'angolo, ma la parola di Dio, la lampada accesa, ci mostra l'importanza di saper resistere alle fatiche della vita. Resistere significa non rassegnarsi. Resisto perchè magari non sono riuscito a realizzare alcune cose, ma con l'aiuto di qualcun altro magari riuscirò".
"La resa invece è importante impararla nella vita perchè ci fa intuire che tante volte la nostra volontà non basta, perchè la vita ci ha insegnato che c'è un limite, c'è un termine, c'è una fine. La resa vissuta in una prospettiva di fede significa un abbandono fiducioso nelle mani di Dio".

Il capogruppo Claudio Ripamonti

Al termine della cerimonia anche il sindaco Panzeri ha voluto porgere un saluto, ricordando che questo è il secondo anno che la ricorrenza viene celebrata in forma ridotta a causa del Covid, ma che nonostante tutto resta un appuntamento importante per il gruppo Alpini di Merate e quelli vicini. Infine la parola è passata anche al presidente della sezione di Lecco Marco Magni, il quale riprendendo il discorso della luce di Dio citata da don Luigi, ha ricordato ai presenti che è proprio con quella luce che gli Alpini stanno andato avanti ormai da due anni. "Per cercare le risposte dovete guardare il nostro cappello, perchè non è un indumento, è un simbolo. Non dobbiamo solo indossarlo, a volte è bene anche guardarlo. Vedrete che il nostro cappello ha sofferto e sta ancora soffrendo, ma bisogna andare avanti".
E.Ma.

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