Cernusco: archiviata la vicenda penale Manfreda-Cavalli per ''tenuità del fatto''

L'epilogo giudiziario sul caso Manfreda-Cavalli - perlomeno quello in sede penale - si è chiuso con un'archiviazione per particolare tenuità del fatto. Il Giudice per le Indagini preliminari Salvatore Catalano ha confermato la richiesta formulata dal sostituto procuratore Paolo Del Grosso, dopo che il tentativo di conciliazione tra le parti non ha avuto esito positivo. A meno di un anno dall'episodio contestato - salvo sorpresa da parte di Manfreda, assistita dall'avvocato Marinella Gavazzi - si può dunque dire concluso il procedimento penale a carico dell'ex segretaria comunale di Cernusco Lombardone.


La dottoressa Maria Antonietta Manfreda
Era passato da pochi giorni l'8 marzo, quando in Consiglio comunale la dott.ssa Manfreda - che ha raggiunto a fine agosto la pensione e che a titolo gratuito sta attualmente svolgendo la funzione di vice segretario a Cassago Brianza - si lasciava a considerazioni sulle donne ritenute successivamente da più parti poco opportune. Parole che lasciavano intendere un certo rammarico per il fatto che i concorsi pubblici siano quasi esclusivamente partecipati da donne, le quali possono chiedere il congedo di maternità una volta in gravidanza. E per le laureate in Giurisprudenza il pubblico impiego sarebbe il Piano B in quanto l'attività forense è molto difficile [clicca QUI].

In cinque minuti da dimenticare Manfreda si scagliava contro il personale di Cernusco, per la bassa scolarizzazione di diverse figure in forza al Comune, che avrebbero avuto bisogno di "spunti culturali" ed incentivi economici. Da tenere a debita distanza, secondo le esternazioni dell'allora segretaria, coloro che vengono inseriti in mobilità.

In questo contesto poco edificante una menzione - per così dire - speciale era stata riservata a una ex dipendente (a Cernusco fino al febbraio 2019), la dott.ssa Michela Cavalli, la quale nel frattempo era avanzata in carriera nel Comune limitrofo di Lomagna, i cui servizi sono associati con Osnago. In seduta pubblica, per altro diffusa online sul canale social del Comune, in quel 16 marzo, era stata accusata di aver "creato problemi seri all'Ufficio di Stato civile". Era stato aggiunto che "abbiamo dovuto fare un viaggio a Lecco per spiegare al vice Prefetto che non eravamo noi che sbagliavamo le cose ma era la signora Cavalli che continuava a tormentare, a denunciare maltrattamenti e non si sa che cosa".

Affermazioni ritenute dalla dott.ssa Michela Cavalli di natura diffamatoria, con l'aggravante del mezzo utilizzato per la pubblicità del Consiglio comunale. Il Giudice ha respinto le opposizioni sulla richiesta di archiviazione del PM presentate da ambo le parti, sia dalla persona offesa sia dall'indagata. Il dott. Catalano ha ricordato che Cavalli aveva lamentato la valutazione in sede di indagini preliminari la "non particolare tenuità del fatto" e che per l'indagata Manfreda la notizia di reato fosse infondata in quanto l'evento dannoso non sarebbe stato preveduto o voluto come conseguenza della propria azione. In altri termini l'ex segretaria allontanava l'ipotesi dolosa del fatto.

Il Giudice si è apprestato a commentare in prima istanza il rigetto dell'opposizione della querelata. E lo ha fatto citando Orazio: "Nescit vox missa reverti" (la parola detta non sa tornare indietro). Ha spiegato con chiarezza il dott. Catalano: "Il diffamare la querelante [...] non può ritenersi avvenuto involontariamente e incolpevolmente, solo perché subito dopo la Manfreda si è pentita di averne pronunciato il nominativo". Il reato è stato commesso, precisa il Giudice, e il pentimento è un mero "post factum", così come la non responsabilità in capo all'ex segretaria della capillare diffusione della notizia. Manfreda durante quei cinque minuti di intervento in Consiglio comunale si era detta dispiaciuta per aver pronunciato il nominativo di Cavalli. Aveva poi chiesto se non lo si potesse censurare, concludendo con: "Va beh, comunque è di dominio pubblico". Il GIP nel motivare il dispositivo ha aggiunto: "È evidente che la segretaria comunale che tardi e invano si pente di parole sfuggitele nel corso di un consiglio comunale, non può invocare l'involontarietà e l'inconsapevolezza del pronunciamento. Occorre a tal fine sottolineare la professione svolta dall'indagata al momento del fatto ed il contesto ufficiale (un consiglio comunale) in cui le affermazioni diffamatorie sono state pronunciate". Non sussistevano così le condizioni per una assoluzione con formula piena.
 
Il Giudice ha comunque ravvisato la tenue intensità del dolo della diffamazione per quella immediata forma di pentimento manifestata da Manfreda. Che non è punibile anche perché, è stato riconosciuto dall'organo giudicante, in favore della dipendente Cavalli si era verificata una "levata di scudi". Dopo che la cronaca del Consiglio comunale era apparsa sui giornali, gruppi consiliari, sindaci dei Comuni limitrofi, assessore provinciale, sindacati con i loro interventi avevano costituito un cordone di sicurezza intorno all'onorabilità della dott.ssa Cavalli e dei suoi ex colleghi di Cernusco Lombardone.

La Responsabile di Servizio a Lomagna, insieme al suo avvocato Massimo Tebaldi dello Studio legale Notaro e Associati di Merate, sta valutando in questi giorni, anche in seguito al pronunciamento del Giudice, se aprire una causa in sede civile per ottenere un risarcimento.
M.P.
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