Il vuoto politico e le sezioni chiuse dietro la fulminante carriera di Alessandra Hofmann

La fulminante carriera di Alessandra Hofmann è la plastica rappresentazione del vuoto politico fuori e dentro i superstiti partiti. Candidatasi nel 2014 nella lista con Luca Rigamonti (già sindaco uscente con Rinnoviamo Monticello, rieletto) era rimasta fuori nel conteggio delle preferenze personali 12, penultima della lista. Ma un posto l'aveva rimediato, un primo gradino della scala riadattata di Maslow, un seggio da consigliere nella Casa di Riposo di Monticello. La soddisfazione del bisogno elementare di farsi notare, come condizione essenziale per fare emergere bisogni di ordine superiore. Difatti, nel 2019, il centrodestra, al solito sprovvisto di candidati di primo piano, chiama la Hofmann che, più per demerito delle truppe avversarie guidate dalla veterana Maria Ausilia Fumagalli - una candidatura di bandiera - vince ma non stravince, 55% contro 45%. Un bel salto, non c'è che dire. Decenni fa prima di ambire alla carica di sindaco si doveva sgobbare duro nelle sezioni, fare gavetta, studiare delibere, regolamenti, normative; svolgere almeno un praticantato di cinque anni in Aula e poi, semmai, si poteva ambire alla massima carica. Oggi dalla strada alla poltrona più alta il salto è breve. Potrebbe essere soddisfatta ma la Hofmann - dicono - è molto ambiziosa e appena si libera un posto si candida nel Consiglio di Rappresentanza dell'Agenzia di Tutela della Salute. E se sin qui si poteva dire, fatti suoi, ora non più, perché la sindaca di Monticello, facendo il verso al collega di Merate, in più occasioni ha escluso che il San Leopoldo Mandic sia oggetto di un ridimensionamento sistemico anzi ha pure affermato che sono in corso potenziamenti strutturali. Quali non lo ha specificato, ma ci sono.

A posto? Niente affatto, ormai è scattata una voracità patologica, una bulimia politica da placare soltanto con altre e nuove poltrone. Ed ecco che arriva la terza, importante: niente meno che la presidenza della Conferenza dei sindaci del Casatese. In questa terza veste la Hofmann assume il ruolo di vestale della politica del circondario un tempo amministrato da personaggi come Giovanni Maldini e Domenico Galbiati. Del resto il convento non passa altro e quindi, giù il cappello a chi si sacrifica per la comunità. Bene, ora al lavoro, tra i guai di Retesalute, i trasporti pubblici perennemente in affanno, i centri vaccinali che vanno sorvegliati in nome del popolo brianzolo la signora Hofmann ne ha da occupare i tre quarti della giornata. Evidentemente però non è così.

E infatti - sempre per mancanza di candidati appena spendibili - eccola in corsa anche per la poltrona di presidente della provincia di Lecco. Il colpaccio stavolta può riuscire, sempre grazie - o a causa - delle manovre politiche nel campo avversario. Oltre al centrosinistra è schierata la truppa dei "Civici" che vanta sindaci solitamente disposti su scacchiere opposte, come Stefano Motta di Calco ex PD ora in Italia Viva e Federico Airoldi di area centrodestra. La frattura a sinistra finisce per favorire la fortunatissima Alessandra Hofmann che, anche se per pochi voti, agguanta la poltrona di presidente della provincia, la prima donna nella storia di villa Locatelli iniziata con il voto del 1995 dopo l'istituzione formale del nuovo livello istituzionale del 1992. E siamo a quattro.

Una scalata che sempre per restare col nostro Maslow l'ha portata in cima alla piramide, lassù dove si registra l'autorealizzazione. Complimenti vivissimi, dunque e...alla prossima. Sempreché qualcuno, oggi troppo indaffarato col proprio lavoro, non decida per la pensione e si renda disponibile. Possibilmente con qualche esperienza politica e competenza professionale.

Claudio Brambilla
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