Olgiate, Golfari: in ritardo sull'età ma non sui tempi rispetto a papà Cesare

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Il 20 luglio 1983 il settimanale cittadino, a firma di chi scrive queste note, pubblicava una lunga intervista a Cesare Golfari, realizzata nel giardino della sua bella villa di Galbiate. Il capo assoluto lecchese della Dc di Base si era "ritirato" a seguito di contrasti con altri big del partito circa le candidature a Camera e Senato. Com'era nel suo stile non alla poltrona ma al significato autentico di un accordo politico con la corrente di minoranza, guidata da Ezio Citterio, al fine di mantenere compatto il partito, mirava l'ex presidente di Regione Lombardia e futuro senatore. L'accordo però non era stato trovato e Golfari alle polemiche sterili aveva preferito il silenzio e il ritiro. Col collega Giancarlo Ferrario pensammo di intervistarlo. E ne uscì un lavoro di assoluto rilievo politico. Una risposta a una domanda insidiosa vale la pena di riportare qui. Allora il settimanale cattolico Il Resegone, diretto da don Luigi Stucchi, nominato poi Vicario Episcopale a Varese, attaccava duramente il leader Dc.

Cesare Golfari


Domanda: Perché Il Resegone sembra avercela con lei?
Risposta: "Bisogna chiederlo a don Stucchi. Glielo chieda lei. Credo comunque non si tratti di una questione personale ma di una reale divergenza di natura culturale. C'è chi vuole una Dc confessionali e chi laica. Chi vuole decidere in via San Nicolò (chiesa ndr) e chi in via Mascari (sezione ndr). Chi propende per la teoria "pochi ma buoni" e chi crede che in pochi non si sceglie; che si lascia ad altri il compito di decidere. Certo ci vuole coraggio per dire queste cose. Io vada a muso duro e le dico. Forse per questo sono nel mirino del direttore del settimanale cattolico".
Domanda: Golfari è un leader?
Risposta: "Golfari è uno che fa politica con l'intelligenza della ragione. E continuerà a farla".
Difatti dopo il mancato accordo del 1983 Cesare Golfari fu eletto senatore nel 1987 e rieletto nel 1992. Morì stroncato da un infarto nel 1994 mentre con la sua auto tornava a casa dopo un vertice di partito.

 

Stefano Golfari


Golfari ci disse che aveva iniziato a fare politica a 18 anni attaccando manifesti e continuava a farla a 50 rubando tempo al lavoro e alla famiglia"...che non è uno scherzo visto che di figli ne ho sei..."
Lei invece come si è ritrovato oltre i 50 a decidere di accettare la candidatura?

Sì, rispetto ai 18 anni di mio padre che poi fu sindaco a 28 e presidente di regione Lombardia a 42... come dire, ci ho messo un tantino di più. Ma nella decisione di accettare la sfida ha contato parecchio il ricordo di quello che lui sempre ci diceva, quando parlavamo della sua storia politica: il ruolo più bello era stato quello di sindaco, di sindaco di Galbiate dal 1960 al 1970. Perché il sindaco lo si fa in mezzo alla gente, e solo se hai passione per ciò che la gente può essere e può fare (un tempo si diceva "il popolo"), solo se senti in te la voglia di lavorare su quello che Kant chiama "il ramo storto dell'umanità", solo allora puoi fare politica. Sto scrivendo un libro sulla vita di mio padre, e quello che più stupisce dei suoi anni giovanili è come abbia saputo conquistare la fiducia della comunità lecchese in tempi brevissimi, da giovane immigrato romagnolo che era. Organizzò la nuova generazione dei democristiani progressisti, quelli che avevano Kennedy e Papa Giovanni come riferimento, e con loro si mise a fare l'opposizione interna. Si trovavano nella soffitta del coadiutore del parroco di Galbiate che aveva trent'anni, don Giovanni, a stampare con il ciclostile una rivista titolata "Centrosinistra" quando ancora parlare di alleanza con i socialisti era argomento da scomunica vera..., erano quattro gatti all'inizio, snobbati dai vertici di partito. Galbiate, poi, aveva già un sindaco predestinato che non si chiamava Cesare Golfari, lui era quello "contro". Però la gente capì che era quello "buono", l'uomo che apriva una fase nuova. E così fu. Tanto che dopo la sua morte il Comune gli ha dedicato una piazza: la memoria di una svolta decisiva è rimasta. Non si era "leader" per caso, o per simpatia o per chiacchiere, a quei tempi. Ecco, nel mio piccolo, anch'io vorrei essere l'uomo della svolta, ad Olgiate. I tempi sono assai cambiati dagli anni '60 del secolo scorso (infatti il libro che sto scrivendo si intitolerà "Altri tempi") ma abbiamo un bisogno vitale di tornare a credere che nei Municipi si lavora al nostro futuro, con concretezza ma anche con visione. E' il ritorno della Politica in questo senso intesa che deve rinascere in mezzo alla gente, proprio dalle elezioni comunali. Ma attenzione a cosa rinasce: perché se rinasce, invece, un'altra lista civica ma così civica che alla fine è solo la lista di chi la fa - e così è stato a Olgiate negli ultimi cinque anni- siamo fritti. Diciamo, insomma, che come candidato sindaco sono in cronico ritardo sull'età, sui miei 57 anni, ma non sui tempi: la bruciante tragedia della pandemia (pensiamo ai morti della nostra Casa di Riposo) ci deve risvegliare adesso: il sindaco deve costruire reti, contatti, valicare i piccoli confini del suo cerchio magico. Perché abbiamo imparato che ci servono decisioni più grandi, e che nessuno si salva da solo. "Olgiate Cambia passo", così ci chiamiamo. Il simbolo è una scarpa da tennis con le ali. Mio padre non ha mai impartito lezioni di politica ai suoi figli, e non ha mai spinto perché entrassimo in politica. Ma sì, a tanti anni di distanza dalla sua scomparsa, l'indicazione che la Politica deve esserci, quando il gioco si fa duro, mi è arrivata chiara come un ordine. E stavolta, nonostante la "mission impossible" contro il sindaco in carica Giovanni Bernocco, anzi a maggior ragione perché si rischia di perdere, be'... ho obbedito.

 

Quanto vede in sé di suo padre?

Vedo il segno zodiacale, lo stesso: il capricorno. Tipi che quando si fissano su una cosa non la mollano più. A volte la fissa diventa eccessiva... ma per fortuna c'è un po' di sangue romagnolo che sdrammatizza, e fa ridere. Anche mio padre era uno che amava scherzare parecchio, al di là delle apparenze: chi trova sense of humor trova un tesoro, andrebbe insegnato a scuola se solo si potesse insegnare. Appunto, possiamo anche fermarci qui: sinceramente nel paragone fra me e mio padre non ho altri punti di contatto da attribuirmi. Leggendo in questi mesi le sue carte, discorsi, memorie, progetti e realizzazioni posso solo dire che è un grande esempio, e che forse lui e insieme a lui tanti politici locali del passato andrebbero davvero riscoperti e ristudiati. Perché hanno molto da insegnare ancora.

C. B.
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