Merate: le penne nere ricordano la Battaglia di Nikolajevka con il pensiero a chi è caduto in guerra e chi nella pandemia

La seconda guerra mondiale ha per anni occupato nell'immaginario collettivo il primo posto tra le più imponenti catastrofi in cui l'umanità si sia mai imbattuta, in proporzione al numero di vite perse sui campi di battaglia. Probabilmente, tra gli innumerevoli stravolgimenti che la pandemia ha comportato c'è anche quello di avere avvicinato la seconda guerra mondiale a questo primato. Di fatto, ci troviamo nel bel mezzo della storia. Pochi giorni fa l'America ha registrato più morti per Covid che nel conflitto che si protrasse tra il '38 e il '45 del secolo scorso.

Don Luigi Peraboni

Ad evidenziare questo tragico dato è stato il parroco di Merate, don Luigi Peraboni, nel corso della messa celebrata venerdì sera, 22 gennaio, in occasione del 78esimo anniversario della Battaglia di Nikolajevka, emblema della crudeltà del secondo conflitto mondiale e del coraggio che porta in dote il corpo degli Alpini, ma anche simile per certi versi a quello vissuto nel corso dell'ultimo anno. Organizzata anche quest'anno dalle penne nere meratesi, la celebrazione non si è potuta svolgere seguendo lo schema tradizionale, cioè con la parata che prendeva il via da piazza degli eroi coinvolgendo tutte le delegazioni dei gruppi alpini e le principali autorità del territorio lecchese.




Ciò che la manifestazione non ha perso però è stato il significato profondo che da sempre porta con sé rispetto al sacrificio affrontato dai militari al fronte, anche quest'anno accompagnato da un particolare ricordo per la figura di don Carlo Gnocchi, cappellano alpino in tempo di guerra, la cui reliquia presente nella chiesa di Sant'Ambrogio è rimasta esposta durante l'intera celebrazione. '

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'Mi ha particolarmente colpito la notizia che il numero morti per Covid ha superato quelli della seconda guerra mondiale, in America'' ha osservato don Luigi. ''Questa sera stiamo ricordando tutte le persone cadute nella Battaglia di Nikolajevka, in quella lontana guerra, e viene spontaneo fare un po' il paragone di queste due esperienze che hanno portato morte nell'umanità. Ma noi siamo qui proprio per fare memoria e al tempo stesso sappiamo che spiritualmente ogni memoria non è una semplice commemorazione di un avvenimento accaduto nel passato, ma ogni memoria è anche occasione per guardare al futuro e un motivo di speranza. In questa nostra realtà, in questa nostra situazione di pandemia, vogliamo seminare speranza, e come può una comunità cristiana seminare speranza? La nostra fede non va nascosta, va testimoniata nel mondo. Ma qual è il modo giusto per farlo? È il modo di Gesù che non è il modo dell'apparenza o della prepotenza, ma quello del servizio, dell'essere disponibile, dell'essere utili per il bene di tutti del quale spesso e volentieri proprio voi, alpini, ci date questa testimonianza con l'essere al servizio. Anche questa forma è il modo giusto per mettere la luce della fede non in cantina ma sul candelabro, perché possa fare illuminare tutti''.

 

Il capogruppo degli Alpini di Merate Claudio Ripamonti

La reliquia di don Carlo Gnocchi

Al termine della celebrazione è stato recitato un "l'eterno riposo" per tutti gli alpini caduti in battaglia, per quelli venuti a mancare nell'ultimo anno e per tutte le vittime del Covid. Diversamente dalla tradizione, la preghiera dell'alpino è stata recitata senza il sottofondo del coro Stellutis di Brivio, sempre presente al ricordo della Battaglia di Nikolajewka.
A.S.

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