Robbiate: timo umano ricostruito in provetta nel laboratorio diretto da Paola Bonfanti al Francis Crick Institute di Londra

Chi si è ritrovato a dover affrontare un trapianto di organo sa bene che quel dono è stato tanto la sua salvezza quanto la sua condanna: dovrà trascorrere il resto della vita seguendo in modo puntiglioso una terapia immunosoppressiva per evitare che il proprio corpo rigetti il nuovo ospite.

C'è però una ricerca che ''promette'' di risolvere - tra gli altri - anche questo problema, e porta la firma della dottoressa Paola Bonfanti, originaria di Robbiate e direttrice del laboratorio di ricerca al Francis Crick Institute di Londra che di recente ha scoperto come ricostruire un timo umano in provetta con l'aiuto di cellule staminali. La rilevanza di questo lavoro è stato riconosciuto anche da una tra le più importanti riviste scientifiche mondiali, Nature Communications, sulle cui colonne è apparsa lo scorso 11 dicembre la pubblicazione ''Ricostituzione di un timo umano funzionale da cellule progenitrici stromali postnatali e scaffold naturali di organi interi''.
La dottoressa Paola Bonfanti iniziò a stendere il suo progetto di ricerca sul timo nel 2015, riuscendo ad ottenere un consistente finanziamento da parte dell'European Research Council per metterlo in pratica. Due anni più tardi entrò a far parte del F. Crick Institute, mentre già dal 2013 si era stabilita a Londra per lavorare alla prestigiosa University College London. ''E' stato allora, quando mi sono trasferita in Inghilterra, che ho iniziato a ragionare su quale sarebbe stato il campo che avrei voluto sviluppare in un mio laboratorio di ricerca'' ha raccontato. Ad offrirle ''un assist'' furono le esperienze precedenti durante il dottorato tra America, Svizzera e Bruxelles, dove lavorò sulle cellule staminali, concentrandosi anche sul timo, e sulla rigenerazione del pancreas. In quegli anni trascorsi all'estero, dopo il diploma al Liceo Agnesi di Merate e la laurea di medicina conseguita all'Università Statale di Milano, maturò quindi l'interesse nei confronti della medicina rigenerativa.


''Lavoro in modo particolare con le cellule staminali dell'adulto, presenti nei tessuti di natura epiteliale degli organi che si rinnovano costantemente nella nostra vita come la pelle, l'esofago e il timo'' ha spiegato la dottoressa. ''Quest'ultimo è un organo linfoepiteliale ed è l'unico del nostro organismo ad essere sia immunitario che epiteliale. Il mio interesse nei confronti nel timo è nato nel corso del mio dottorato, in America, quando ho studiato come ricostruire quello di un roditore attraverso l'uso di cellule staminali. Capire come si rigenera è importante a partire dal fatto che si tratta di un organo funzionale al nostro sistema immunitario, ma per assurdo abbiamo scoperto solo negli anni '60 la sua funzione.Il problema è che senza timo non abbiamo i linfociti T, le cellule del sangue che combattono virus e tumori e ci proteggono da funghi e agenti patogeni. I bambini che nascono senza timo non sopravvivono oltre l'anno e mezzo di vita ma soccombono per via di infezioni che per le altre persone sarebbero banali. Al mondo ci sono solo due centri di trapianto di timo, uno è negli Usa e l'altro è il Great Ormond Street Hospital di Londra. Questo mi ha spinto a trasferirmi in Inghilterra, dove ho avuto la possibilità di lavorare a ciò che mi ha sempre interessata''. La premessa iniziale relativa ai trapianti di organo è relativa alla funzione che il timo esercita sul riconoscimento delle cellule proprie del corpo umano. ''Non solo istruisce i linfociti a combattere virus e batteri, ma insegna all'organismo a riconoscere le nostre cellule come nostre e differenziarle da qualsiasi altra cellula che vi entra, attaccandola. Ciò è alla base del rigetto nel caso in cui un organo venga trapiantato. Chiunque per ottenere un rene, ad esempio, viene sottoposto ad una terapia immunosoppressiva che abbassa al minimo il sistema immunitario. L'idea alla base della ricerca è quindi quella di trovare le cellule che possano ricostruire un timo umano in laboratorio per trapiantarlo nei bambini che non lo hanno oppure per ottenere un timo che viene da un donatore d'organo, così che non avvenga più il rigetto. Supponendo di trapiantare un cuore, quindi, ricostruire il timo del donatore in laboratorio e darlo al ricevente insegnerebbe al suo sistema immunitario di tollerare quel nuovo organo''.
Questo lavoro, come anticipato, è reso possibile dal fatto che il timo è un organo sì immunitario ma anche epiteliale, e quindi in grado di rigenerarsi anche da una sola porzione di sé.
''Abbiamo sviluppato la ricerca partendo da timi di bambini operati al cuore'' ha proseguito la dottoressa Bonfanti. ''Rimuovendoli e scomponendoli abbiamo coltivato le loro cellule staminali, cresciute e moltiplicatesi. Per dimostrare che queste danno la possibilità di ricostruire un organo vero e proprio le abbiamo messe in un ambiente tridimensionale ottenuto da timi di ratto. Trattandosi di un componente del nostro organismo complesso e del quale conosciamo ancora poco, dovevamo trovarne uno il più simile all'organo originale. Abbiamo letteralmente lavato il timo di ratto con un detergente per togliere tutte le cellule in modo tale che rimanesse soltanto la sua struttura iniziale, la sua impalcatura. Questa nel giro di cinque giorni si è riorganizzata formando il tessuto e arrivando ad assomigliare ad un timo fetale umano di circa nove settimane. A questo punto abbiamo dovuto dimostrare che fosse capace di istruire i linfociti T umani. Utilizzando dei precursori di questi ultimi siamo riusciti a farlo sia in vitro che trapiantando il timo ricreato in un topo. La struttura ricostruita è stata in grado di far maturare e istruire cellule T umane''.
Prima di questo studio nessuno era riuscito a ricreare in laboratorio un organo umano completamente funzionante. In alcuni e rari casi dei ricercatori erano riusciti a ricostruire solo segmenti di organi come l'esofago o la trachea.

Anche per questo l'esperimento diretto dalla ricercatrice di origini robbiatesi è così importante. ''Nell'ultimo periodo ho ricevuto diverse richieste da parte di colleghi, tra cui anche quella dell'Istituto di Oncologia Europeo, che vorrebbero utilizzare lo stesso metodo per i loro studi e per i tumori'' ha spiegato la dottoressa. ''Questo studio terrà occupato il mio laboratorio ancora qualche anno perchè dovremo dimostrare che il metodo è del tutto applicabile. Ci vorrà un po' di tempo ma potremmo non essere così lontani dall'obiettivo e in ogni caso ora la ricerca è a disposizione di tutti''.
In piccola parte, questo enorme risultato è anche merito di due medici australiani, Barry Marshall e Robin Warren, i quali nel 1982 scoprirono che ulcera e gastrite sono provocati nella maggior parte dei casi dall'infezione del batterio Helicobacter pylori. ''Ho trascorso il mio periodo di studi al Liceo Agnesi convinta che avrei fatto ingegneria'' ha spiegato la dottoressa Bonfanti. ''Mi sono però decisa ad iscrivermi a medicina perchè nell'estate della maturità mi ero appassionata alle letture di divulgazione scientifica. Ricordo in particolare la scoperta di Marshall e Warren. Per far valere la loro idea, poi confermata e che valse loro nel 2005 il Premio Nobel, dovettero combattere contro pregiudizi e interessi commerciali. Furono loro ad ispirarmi''.

Insomma uno studio dai risvolti importantissimi che porta una firma tutta nostra e rappresenta un orgoglio locale di cui andare fieri.

A.S.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.