C'è chi il segno del suo passaggio sulla terra lo lascia sulle strade di mezza Europa consumando pneumatici, nel cuore degli amici con cui macinava tutti quei chilometri e in quello delle persone care che non possono far altro che ricordarlo con le parole ''buono'' e ''generoso''. Giuseppe Galbusera era una di queste persone. All'età di 62 anni, si è spento negli scorsi giorni dopo una lunga lotta contro la malattia in cui aveva potuto mostrare a tutti la sua incredibile tenacia. A Paderno, dov'era sempre vissuto, tanti lo conoscevano come il ''figlio dello strascèer'' per via del mestiere del padre Giancarlo, la persona che in paese si occupava di ritirare oggetti di scarto e rifiuti non smaltibili quando ancora non erano nati gli attuali sistemi della raccolta differenziata.
Giuseppe Galbusera in sella alla sua Bmw
''Mio cugino era per me una persona molto importante'' sono state le parole di
Floria Galbusera. ''Era l'unico cugino che avevo dalla parte paterna del resto. Combatteva con la malattia dal 2014. Inizialmente sembrava potesse superarla, ma purtroppo con il tempo si è rivelata peggiore di quanto si pensava. Fino ad un mese fa Giuseppe era l'immagine della salute. Aveva sopportato qualsiasi cura e condotto una vita pressoché normale''. Galbusera, che ha un figlio di nome Adriano, dopo il diploma conseguito dai padri salesiani di Sesto San Giovanni aveva trascorso la sua intera carriera lavorativa presso l'Amsa di Milano partendo dall'impiego più umile (raccogliendo i sacchi di immondizia), diventando con il tempo autista dei mezzi e diventando infine manutentore dei forni. Al suo lavoro principale aveva a lungo affiancato dei servizi come cameriere per diversi ristoranti del territorio, tra cui anche l'Hotel Adda, motivo per cui era parecchi conosciuto in zona. Il traguardo della pensione lo aveva invece raggiunto lo scorso gennaio. ''Aveva un vocione che lo caratterizzava molto. Di lui posso dire che era una persona molto buona e semplice'' ha aggiunto la cugina Floria.
Tra le persone che meglio lo conoscevano ci sono Laura, Lorenzo, Luigi e Betty, i quattro amici con cui aveva condiviso sin da giovane molti viaggi in moto e con i quali negli anni '80 aveva fondato il ''Gruppo Puffo'', una cerchia di motociclisti sempre pronti all'avventura che si distinguevano per le giacche di pelle che indossavano con l'immagine dei noti omini blu dei cartoni animati.
Giuseppe Galbusera, secondo da sinistra, con i compagni del ''Gruppo Puffo''
''Io e mio marito, con gli altri due componenti del gruppo, siamo legati a Giuseppe da un'amicizia durata 40 anni'' ha raccontato la motociclista Laura. ''Lo ricordo come una persona sempre molto attiva ed un gran lavoratore. Lavorava all'Amsa e faceva il cameriere, ma quando poteva dava una mano a chiunque avesse bisogno, sia che si trattasse di tagliare una pianta o fare qualcosa di particolare. Per un periodo aveva anche consegnato i giornali la mattina presto. Il nostro incontro è stato piuttosto casuale. La prima volta ci siamo visti in un bar durante un motoraduno. Abbiamo fatto qualche chiacchiera, poi delle cene insieme e da lì è nata la nostra grande amicizia. Così è nato il nostro gruppo indipendente di appassionati di moto. All'inizio eravamo numerosi, poi pian piano tanti si sono sposati o hanno avuto figli, ma noi cinque siamo sempre rimasti diventando come fossimo dei fratelli. Il viaggio più bello è sicuramente stato quello fino a Capo Nord. Ci arrivammo il 7 luglio del 1987 dopo aver macinato insieme 9mila chilometri e toccando tutte le principali capitali, da Helsinki a Oslo e visitando i bellissimi fiordi''.
Grazie a questo forte legame, Galbusera durante il suo calvario ha sempre potuto contare oltre che sui suoi famigliari anche sui quattro inseparabili amici di viaggio. ''Non posso che ringraziare di cuore per tutto ciò che hanno l'ospedale di Lecco nella persona del dottor Fulvio Tagliabue, il chirurgo che gli ha prestato le prime cure, l'intero reparto di oncologia e la dottoressa Arnoffi che lo ha seguito più di tutti con molta dedizione. Non finirò mai di ringraziare inoltre la dottoressa Stucchi del reparto terapie del dolore di Merate. Tutti i medici che hanno assistito Giuseppe lo hanno sempre fatto con grande impegno e umanità'' ha concluso l'amica Laura.
A.S.