Robbiate: Serafino Ripamonti racconta i 'Ragni', una storia di uomini e montagne
"La montagna è fatica, passione, abnegazione, è sapersi leggere dentro, è limite e cammino”. Sono queste le parole con cui il vicesindaco di Robbiate Antonella Cagliani ha introdotto, nel primo pomeriggio di oggi, il giornalista ed alpinista Serafino Ripamonti, autore del libro “I Ragni di Lecco”, uscito qualche settimana fa. Nel verde di Villa Concordia, con l’augurio di un futuro fatto di viaggi leggeri portando con sè lo stretto indispensabile, il vicesindaco ha ritagliato un minuto per ricordare tutti coloro che se ne sono andati durante la pandemia. “Un pensiero particolare lo voglio dedicare al nostro amico Sergio Perego: non mi sembra vero non vederlo spuntare dagli alberi con la sua macchina fotografica e il suo taccuino” ha detto con commozione, ricordando il suo sorriso e la sua passione per le parole.
“Non c’erano le guide alpine o gli scritti” ha detto con un sorriso Albani “ma c’era il passaparola”.
Un pensiero, immancabilmente, è andato ai personaggi storici: Carlo Mauri, “un grande alpinista ed un grande viaggiatore”, ma non solo. Mauri, infatti, è stato colui che ha aperto ai Ragni un orizzonte al di fuori dalle Alpi; nel 1956 è stato il primo alpinista lecchese a fare una spedizione in Sud America, sul Monte Sarmiento, un gigantesco iceberg che si innalza dal mare, che è stato per gli alpinisti della zona la scoperta di un mondo immenso ancora da esplorare. E ancora, Giovanni Ratti, il più vecchio tra i Ragni, che arrampicava a piedi nudi perché di comprare le scarpe tecniche non se ne parlava. “I primi Ragni sono uomini caratterizzati da una forza fisica notevole” ha proseguito Ripamonti “con una tenacia da operai, abituati a far fatica”.
Serafino Ripamonti e Tino Albani
Sul palco, accanto a Serafino Ripamonti si è seduto anche Tino Albani, accademico del Club Alpino Italiano di Lecco, testimone e protagonista di tante delle storie contenute nel libro, che ripercorre la storia del gruppo dei Ragni di Lecco dal 1946 ad oggi. “La storia che racconto non è lontana da noi” ha esordito Ripamonti “perché in quel 1946 non c’erano solo i lecchesi, ma anche meratesi, brianzoli e milanesi, uniti dalla necessità comune di riprendersi la libertà alla fine della guerra”. Con un sorriso, il giornalista ha spiegato che, alla fondazione, i Ragni non si chiamavano ancora così, con quel nome che li avrebbe portati anni dopo alla fama mondiale, ma avevano deciso di denominarsi i “Sempre al Verde”.Serafino Ripamonti, Tino Albani e il vicesindaco Antonella Cagliani
Serafini Ripamonti e Tino Albani hanno raccontato ai presenti di un alpinismo “di tutti, di matrice operaia”, un modo di andare in montagna, quello dei Ragni, che affondava le sue radici già nella fine dell’Ottocento, quando anche le classi meno abbienti iniziavano ad avere del tempo libero.“Non c’erano le guide alpine o gli scritti” ha detto con un sorriso Albani “ma c’era il passaparola”.
Serafino Ripamonti
Quella dei Ragni è dunque una storia di solidarietà e condivisione, dove la voglia di stare assieme è più forte di ogni conflitto e litigio.Un pensiero, immancabilmente, è andato ai personaggi storici: Carlo Mauri, “un grande alpinista ed un grande viaggiatore”, ma non solo. Mauri, infatti, è stato colui che ha aperto ai Ragni un orizzonte al di fuori dalle Alpi; nel 1956 è stato il primo alpinista lecchese a fare una spedizione in Sud America, sul Monte Sarmiento, un gigantesco iceberg che si innalza dal mare, che è stato per gli alpinisti della zona la scoperta di un mondo immenso ancora da esplorare. E ancora, Giovanni Ratti, il più vecchio tra i Ragni, che arrampicava a piedi nudi perché di comprare le scarpe tecniche non se ne parlava. “I primi Ragni sono uomini caratterizzati da una forza fisica notevole” ha proseguito Ripamonti “con una tenacia da operai, abituati a far fatica”.
G.Co.